giovedì, 28 Marzo 2024

BICICLETTE, UN GIRO D’AFFARI DA 1,2 MILIARDI DI EURO

L’Italia investe fondi del PNRR nella mobilità ciclabile. Più dei due terzi degli spostamenti effettuati in auto sono su tragitti totali inferiori ai 3 chilometri e, dunque, sicuramente più agevoli se percorsi in bicicletta.  «La vera mobilità elettrica del futuro si basa su bici muscolare o a pedalata assistita per gli spostamenti brevi, sul treno per il medio e lungo raggio e sull’accoppiata bici + treno per il pendolarismo», dice Alessandro Tursi, Presidente di FIAB – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta. «I dati 2020 dicono che le vendite di biciclette hanno superato i 2 milioni di pezzi e non solo per effetto del bonus. Infatti le file fuori dai negozi si sono viste anche nei Comuni non interessati dall’incentivo».

A causa della pandemia  ci sono stati mesi in cui era impossibile trovare una bici anche nelle grandi catene di rivenditori: moda passeggera oppure realmente gli italiani hanno rivisto il modo di spostarsi?

«Riteniamo che questo sia un cambiamento strutturale e permanente. La scarsità di bici è stata generata sia da una maggiore richiesta, sia dai colli di bottiglia nella catena produttiva che, a causa della pandemia, si sono creati in diversi settori manifatturieri. In questo senso l’Unione Europea sta valutando la possibilità di incentivare la ricostituzione di una propria filiera della bicicletta comprensiva di tutta la componentistica, per ridurre la dipendenza e la vulnerabilità della dispersione produttiva di cui stiamo ora a pagando le conseguenze».

L’Italia è il primo Paese europeo nella produzione di biciclette con un giro d’affari di oltre 1,2 miliardi di euro, prima di Germania (1.150 milioni di euro) e Francia (450 milioni di euro)

«L’Italia è prima come valore della produzione di biciclette ma non per numero di pezzi, perché la produzione italiana è orientata a bici di alta gamma, in particolare da corsa, dal costo medio abbastanza alto. Un prodotto ambìto in tutto il mondo e che può essere definito l’equivalente ciclistico delle  auto super sportive».

Che differenze ci sono tra il mercato interno e l’export?

«Il nostro Paese è caratterizzato dall’export di bici d’alta gamma con un costo alto, mentre la domanda interna è storicamente orientata verso biciclette dal prezzo contenuto e di bassa qualità, spesso di produzione asiatica. Grazie al consistente bonus bici dello scorso anno abbiamo assistito a un’inversione di tendenza verso bici (non sportive) di buona qualità pensate per un uso quotidiano, anche pieghevoli e a pedalata assistita, scelte principalmente per gli spostamenti casa-lavoro».

Quali sono i Paesi dove viene più apprezzato il marchio di bici Made in Italy?

«Sicuramente in Europa e in Giappone, dove la bici made in Italy è ormai un oggetto dei desideri per i cicloamatori nipponici che possono permetterselo».

Green Deal, Recovery Fund e bici: quale attenzione deve porre l’Italia alla mobilità ciclabile, sfruttando anche il sostegno economico offerto dall’UE?

«L’Italia è il Paese che, in termini assoluti, ha dedicato più soldi del PNRR alla mobilità ciclabile rispetto a qualsiasi altro in Europa, anche se sono pochi in termini percentuali (2%). Stiamo parlando di 600 milioni di euro, di cui 400 dedicati a proseguire la realizzazione delle ciclovie turistiche e 200 per interventi in ambito urbano. Va ribadito che ogni anno di ritardo accumulato in questo percorso di transizione verso una mobilità intelligente rappresenta costi sociali ed economici per cittadini e casse pubbliche legati ad esempio alla salute – problema della sedentarietà – alla dipendenza energetica, alla diseconomia per la congestione del traffico urbano e alla incidentalità. L’impatto della sola incidentalità è enorme e inacettabile: costa 3 punti del PIL (oltre alle vittime) a fronte di 1 punto messo a disposizione per la ricerca».

Che previsioni si sente di fare per il futuro della mobilità ciclistica?

«Uso le parole dell’ex vicesindaco di Parigi Christophe Najdovski che afferma “La bicicletta è l’unica soluzione per le città. Se il XIX secolo è stato quello degli “imperi” e il XX quello degli “Stati”, il XXI secolo è già stato identificato come il secolo delle “città”: sono più le persone che vivono in centri urbani rispetto a quelle che vivono in ambito rurale”. In questo scenario la bicicletta diventa strumento risolutivo sia per l’ottimizzazione dello spazio a disposizione, sia per garantire a tutti pari opportunità di inclusione».

Che progetti ha FIAB per incentivarla?

«La promozione dell’uso della bicicletta a tutto campo è da sempre la mission di FIAB. Oltre alle numerose campagne sulle varie tematiche, cito due progetti tra i tanti sviluppati negli ultimi anni. Rivolto alle amministrazioni locali il riconoscimento FIAB-ComuniCiclabili valuta e attesta il grado di ciclabilità dei territori, attribuendo un punteggio da 1 a 5 bike smile posti sulla bandiera gialla che oggi sventola su oltre 150 Comuni italiani: un’iniziativa che si prefigge di accompagnare i centri in virtuosi percorsi verso politiche bike-friendly. Dedicato invece alle aziende è la nuova certificazione FIAB Azienda Bike Friendly per le realtà che promuovono il bike-to-work e che viene rilasciata secondo lo standard volontario europeo CFE-Cycle Friendly Employer».

C’è un identikit delle persone che scelgono la bici per spostarsi?

«La bicicletta è un mezzo di trasporto trasversale ma le fasce di età più propense a cambiare le abitudini e a scegliere di muoversi sulle due ruote sono i più giovani e gli over 50. Per la fascia 30/49 anni le difficoltà a muoversi quotidianamente in bicicletta è spesso legata anche all’esigenza di gestire gli spostamenti dell’intera famiglia, con due o più figli da accompagnare di qua e di là. Dalle informazioni in nostro possesso è inoltre interessante osservare come l’uso della bicicletta per gli spostamenti casa-lavoro sia finalmente in un trend di costante crescita».

Che ruolo ha giocato il bonus di 500 euro previsto dal Governo?

«Il bonus ha sicuramente favorito l’acquisto delle biciclette ma ha inciso soprattutto sulla qualità dei mezzi scelti. Le persone sono state infatti incoraggiate all’acquisto bici di qualità per un utilizzo costante, modelli anche pieghevoli (ideali per l’intermodalità con i mezzi di trasporti pubblici locali) o a pedalata assistita. Una tendenza che ci avvicina alla realtà del Nord Europa dove si è sempre investito di più sulla qualità del mezzo. Secondo un’indagine, il valore medio di una bici acquistata da un italiano era di 200 euro, mentre quella acquistata da uno scandinavo di 500 euro. Un dato che rivela la diversa concezione della bicicletta, considerata da noi un attrezzo principalmente ludico, mentre nel Nord Europa, un mezzo di trasporto utile per percorrere diversi chilometri ogni giorno» .

Le cargo-bike sono state contemplate nella legge Bilancio per un incentivo. Potrebbe essere un ulteriore stimolo per lo sviluppo di questo mezzo per il traffico merci?

«Con il boom inarrestabile dell’e-commerce e delle consegne a domicilio la cargo-bike rappresenta un mezzo indispensabile per evitare la congestione del traffico nei centri urbani causata da furgoni che, di fatto, devono effettuare tante consegne di piccoli pacchi. Il nuovo incentivo per le cargo-bike (che a causa della mancanza del decreto attuativo al momento non trova un’applicazione concreta) è sicuramente un primo significativo passo a sostegno di una nuova realtà che, come accaduto per le e-bike, diventerà presto un boom. E FIAB è soggetto attivo nel promuovere e sostenere l’uso delle cargo-bike per il trasporto e la distribuzione delle merci in città. A Bologna, ad esempio, la nostra associazione è partner del progetto europeo SCAP – Safer Cycling Advocate Program – che prevede la sperimentazione dell’uso condiviso di cargo-bike messe a disposizione dei cittadini».

Si prediligono di più le bici tradizionali, elettriche o a pedalata assistita?

«La quota di mercato delle bici a pedalata assistita è in costante crescita e si tratta, a nostro avviso, di una tendenza strutturale. Stiamo infatti seguendo la curva di crescita già vista in passato in altri Paesi europei, a partire dalla Germania. La bicicletta a pedalata assistita si rivela infatti competitiva rispetto all’auto in termini di tempi di spostamento sui brevi tragitti cittadini e, inoltre, è utile in tantissimi centri urbani dove si incontrano dislivelli. Il bonus bici ha certamente contribuito ad accelerare una tendenza già in atto da oltre un lustro. Secondo gli ultimi dati di ANCMA su 2 milioni di biciclette vendute, 280.000 sono a pedalata assistita».

Molte persone che vorrebbero spostarsi in bici pare che alla fine non lo facciano per timore

«Ci sono tante paure, alcune fondate altre meno, legate alla percezione della sicurezza. Nella realtà la sicurezza si conquista proprio andando in bici. È dimostrato, infatti, che laddove ci sono più persone che la usano si registra una diminuzione dell’incidentalità e dei morti: si tratta del cosiddetto concetto del Safety in numbers, ovvero dove ci sono più ciclisti c’è più sicurezza per tutti gli utenti della strada. Per aumentare la sicurezza, oltre ad avere più infrastrutture dedicate, serve anche una attenta pianificazione la mobilità ciclistica, che va poi attuata con precisi interventi: separazione nelle arterie principali dove la velocità è più alta, spazi riservati (corsie ciclabili) in ambito urbano dove c’è commistione di mezzi di trasporto, aumento delle zone 30 km/h nelle aree residenziali delle città. Attraverso la campagna 30elode, FIAB aveva già chiesto al Governo qualche anno fa che fosse introdotto il limite di velocità dei 30 km/h in ambito urbano come accade in moltissime città europee. Allora la proposta non passò ma oggi il Parlamento Europeo sta valutando l’introduzione di una regola che chiede in tutta Europa di abbassare il limite di velocità nei centri urbani. Un’altra paura che frena le persone nell’uso della bicicletta è quella del furto, situazione però che quasi sempre può essere risolta investendo qualche euro in più in un buon sistema antifurto, come le catene di qualità».                 ©