giovedì, 25 Aprile 2024

CINA: ADDIO AL CLIENTELISMO BANCARIO

La Cina se la prende con le relazioni tossiche e corrotte tra potenti società private e banche. Secondo Pechino, il rischio è che si possano creare situazioni di inside dealing, prestiti privilegiati e deterioramento della corporate governance. E tutto questo a sua volta danneggia, soprattutto a livello locale e regionale, il sistema finanziario e la crescita economica cinese.

BAILOUT FORZATO – Osservata speciale è la banca locale Shengjing Bank, fino a poco tempo fa partecipata per il 36% dall’Evergrande. Proprio quest’ultima è sotto la lente di ingrandimento dell’autorità bancaria cinese per aver potenzialmente preso il controllo dell’istituto di credito con mezzi illeciti così come per aver condotto un miliardo di yuan (140 milioni di euro) in transazioni tra parti correlate. Un altro caso simile è quello della HNA Group, investitore di maggioranza della Yingkou Coastal Bank nel 2014. Nello specifico, la HNA è riuscita a imporre nuovi leader nel gruppo bancario e a trasformarlo in una fonte di credito personale. La banca ha registrato una crescita incredibile nel 2016 e si è mantenuta a galla fino alle recenti situazioni che l’hanno spinta verso la bancarotta. Da febbraio di quest’anno infatti, è sotto amministrazione straordinaria mentre il CEO, Chen Feng è agli arresti da settembre. Bank of Gan­su è stata costretta al bailout dopo che le autorità hanno scoperto che ha comprato molti strumenti di debito di uno dei suoi shareholders, in seguito fallito. Stessa sorte per Bank of Jinzhou, Baoshang Bank e Bank of Harbin, tutte obbligate a costosi bail­outs pubblici.

PICCOLE BANCHE, GRANDI PROPRIETARI – Parliamo di 134 banche metropolitane e 1400 istituti commerciali rurali di relativamente “piccole” dimensioni, che tutto sommato pesano circa il 32% dell’intero settore bancario cinese: l’equivalente di 13 trilioni di euro, all’incirca il valore del settore bancario di uno stato europeo avanzato. Gli istituti di credito coesistono con le sei grandi banche nazionali e le dodici joint ventures finanziarie partecipate pubblicamente. A differenza di quest’ultime, le “piccole” hanno ceduto quote di proprietà a investitori privati fino al punto di essere direttamente influenzati da loro. Un recente studio condotto da Wang Chunyang dell’Università di Pechino ha ribadito che delle 1295 banche rurali 1122, ovvero quasi il 90%, hanno un investitore privato come shareholder di maggioranza. Negli anni queste realtà sono diventate sinonimo di cattivi debiti, insider dealing, fallimenti di risk management e nella quasi totalità dei casi la colpa è attribuibile al disallineamento tra obiettivi bancari e proprietari. Tutto ciò crea non poche preoccupazioni alle autorità di vigilanza cinese tanto che il 15 ottobre scorso ha emesso una serie di regole volte a supervisionare gli shareholders di maggioranza o comunque con quote non trascurabili superiori almeno al 5%. 

PROSPERITÀ BANCARIA – Il problema non è la partecipazione privata in sé ma più la mancanza di corporate governance e quindi il conseguente rischio che la banca diventi una miniera da cui estrarre prestiti a tasso agevolato, compromettendo le pratiche di risk management e aumentando i livelli di crediti deteriorati. Le autorità cinesi hanno mostrato diversi approcci per fronteggiare il problema. Un primo metodo consiste nel forzare investitori ad uscire, dichiarandoli “illegali”, come avvenuto nel corso del 2020 quando Pechino ha pubblicato una lista di 38 “shareholders illegali”. Un’altra strategia può essere la detenzione. Una terza addirittura la pena di morte. Questa forte revisione del settore bancario fa parte della politica di “prosperità comune” fortemente voluta dal presidente Xi. Anche le banche devono fare la loro parte e la partecipazione pubblica è vista dagli esperti come una probabile soluzione al problema. Ovviamente è un processo lungo e tortuoso che se compiuto in maniera incauta potrebbe minare la fiducia di risparmiatori e correntisti. ©

Andong Zhou

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Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “l’esperto risponde”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]