giovedì, 25 Aprile 2024

CRYPTO REGULATION: DAGLI USA ALL’INDIA, ECCO LE NORME PER I DIGITAL ASSET

L’applicazione di nuove restrizioni per le criptovalute minaccia di raffreddare l’innovazione. È questo il timore che viaggia senza confini da un continente all’altro, in un momento caldo per le monete digitali. Nel mirino finiscono i Bitcoin a causa del costo, anche a livello energetico, per il mining e le crypto del mondo DeFi, quali ad esempio Ether o Solana. 

NEGLI STATI UNITI – Una serie di regolatori statali e federali stanno causando milioni di dollari di multe, minacce di azioni legali e vanno verso ulteriori regolamentazioni. Molto importante l’effetto avuto dall’Infrastructure Investment and Jobs Act firmata dal presidente Joe Biden lo scorso 15 novembre, che ha gettato nel panico l’intero settore. L’Atto di 1039 pagine aggiunge nuovi requisiti di segnalazione per alcune transazioni digitali. Ciò potrebbe avere implicazioni potenzialmente drammatiche per milioni di aziende e consumatori statunitensi che hanno abbracciato l’utilizzo dell’asset per la sua efficienza, trasparenza e accessibilità. Secondo l’indice elaborato dalla società ChainAnalysis tra la fine del 2019 e la metà del 2021 l’utilizzo di valute digitali è aumentato del 2.500% con una decisa diffusione a partire da gennaio 2021. La crescita registrata nei primi 6 mesi di quest’anno infatti già supera di 1,5 volte il sorprendente livello registrato nel 2020. I principali exchange tra cui Coinbase e Gemini ed investitori di spicco come Andreessen Horowitz hanno lanciato l’idea di un’organizzazione di autoregolamentazione delle criptovalute (SRO), sostenendo che potrebbe essere più adatta a supervisionare il nuovo e complesso settore su alcune questioni rispetto alle agenzie tradizionali. «Se riuscissimo a dimostrare che gli SRO aumenterebbero effettivamente la regolamentazione e la registrazione sotto la supervisione della SEC e della CFTC, otterrebbero il consenso delle agenzie e darebbero anche all’industria l’opportunità di avere voce in capitolo», ha affermato Michelle Bond, amministratore delegato ufficiale dell’ADAM (Association for Digital Asset Markets). 

INVECE, IN EUROPA – Nel vecchio continente, che rappresenta il 25% dell’attività crypto globale tra il 2020 e il 2021, la situazione è ancora grigia. Il comparto dei digital asset ha iniziato a correre da luglio 2020, a causa dell’ingresso di istituzionali che hanno effettuato investimenti attraverso transazioni di taglio superiore ai 10 milioni di dollari. Di conseguenza, se nel luglio 2020 il valore complessivo di queste transazioni era pari a 1,4 miliardi di dollari, l’anno dopo si è arrivati a 46,3 miliardi. L’Unione vuole regolamentare il settore degli asset digitali e ci sono già una serie di iniziative a livello di bozza. Il più completo è il “Markets in Crypto-Assets” (MiCA), che creerebbe un quadro di licenze a livello dell’UE per emittenti di criptovalute e fornitori di servizi. Il MiCA fa parte della strategia di finanza digitale che cerca di affrontare in modo olistico l’ecosistema crypto per stabilire requisiti di licenza chiari e robusti. Consentirà alle aziende di operare in tutta l’UE e stabilirà anche rigorosi standard di protezione dei consumatori. Stabilisce regole per l’emissione di asset digitali, le offerte pubbliche e alcuni requisiti specifici relativi alle stablecoin. Sta attraversando le sue prime letture in parlamento; quindi, c’è ancora molta strada da fare. Ma ci sono preoccupazioni per quanto riguarda la politica monetaria, la stabilità e la sovranità dell’UE. Secondo Eva Kaili, membro del Parlamento europeo, è vitale avere valute digitali emesse della banca centrale perché è una questione di dominio geopolitico; può anche diventare una questione di sovranità monetaria, soprattutto quando non ci sono Paesi che la vedono allo stesso modo. «Diversi Stati stanno esplorando la possibilità di valute digitali nazionali, tra cui Cina e Russia. Le stablecoin globali possono avere effetti senza precedenti su tutte le economie a causa della connessione del sistema finanziario. È la prima volta, in più di un secolo, che la supremazia del dollaro USA viene messa in discussione» dice. «L’aumento delle criptovalute e delle stablecoin potrebbe costringerci a ripensare a che cosa sia una valuta, chi la regola e cosa significhi se non è controllata dal governo nazionale», ha aggiunto. Altro problema è quello della DeFi, poiché non si adatta al framework MiCA. Se i sistemi decentralizzati non hanno una definizione chiara, si rende necessario affrontarla per dare al settore una maggiore certezza giuridica. In modo tale da poter fornire protezione ai consumatori, tutelando i loro fondi da potenziali attacchi hacker e malfunzionamenti. A complicare ulteriormente le cose, all’interno dell’unione ci sono 27 Stati membri con diversi sistemi legali e fiscali che non sono armonizzati. 

E IN ITALIA? – Per quanto riguarda la crypto regulation nel nostro Paese la normativa è piuttosto scarna, e prende in considerazione solo gli aspetti fiscali. Non si basa su una fonte univoca, ma su vari chiarimenti di prassi dell’Agenzia delle entrate, i quali lasciano intendere che le monete digitali devono essere considerate come investimenti in valuta estera. A livello di adozione delle valute digitali, nonostante svettino numerosi Paesi in via di sviluppo, l’Italia è settantanovesima su 154 Nazioni analizzate. Tuttavia, a livello mondiale, la tendenza è quella di regolamentare questo campo, ciò potrebbe spingere il legislatore ad intervenire. Inoltre, la volontà dell’Unione Europea di disciplinare il settore porterà inesorabilmente il regulator italiano a legiferare, anche per recepire eventuali direttive. Immettere cioè delle regole a livello nazionale che facciano chiarezza sul mercato crypto e che tutelino coloro che decidono di detenere tale asset. Complice della scarsa attenzione del regualtor è data dal fatto che in rapporto agli Stati Uniti, in Italia le crypto non sono poi così diffuse.

IN INDIA – Situazione diversa in India: il gigante asiatico sta preparando un disegno di legge per regolamentare le criptovalute, che sarà presentato al parlamento nella sessione che inizierà il 29 novembre. Il governo del primo ministro Narendra Modi propone di aiutare la banca centrale a creare una valuta digitale ufficiale. Il disegno di legge mira anche a vietare tutte le valute digitali private in India, tuttavia, consente alcune eccezioni per promuovere la tecnologia alla base e dei suoi usi. L’India ha avuto una relazione di amore e odio con le valute digitali negli ultimi anni. Nel 2018 ha vietato le transazioni, ma la Corte Suprema ha poi annullato la restrizione nel marzo 2020. Negli ultimi mesi, ci sono state richieste di imporre regole più severe per le transazioni in monete virtuali poiché un ambiente non regolamentato potrebbe spingere più risparmi delle famiglie nazionali verso la classe di attività. La banca centrale indiana si oppone alle valute virtuali private e il governatore Shaktikanta Das ha affermato che il paese ha bisogno di discussioni molto più approfondite sulla questione. ©

Marco Castrataro

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Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “l’esperto risponde”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]