Il 2022 in Cina comincia già con il piede sbagliato. E in attesa di festeggiare a febbraio l’anno della tigre – segno di personalità coraggiosa, competitiva e sicura di sé secondo la tradizione del Paese del Dragone – l’economia guidata dai diktat del Presidente Xi Jinping prende una piega controcorrente. Mentre il mondo post pandemico punta a valorizzare investimenti e talenti molto più di prima, nella terra asiatica le Big Tech dovranno rimanere sull’attenti. Il leader cinese vuole riaffermare il volto socialista della Repubblica Popolare e, per farlo, le sue parole d’ordine sono regolamentazione e redistribuzione.
Il primo obiettivo riguarda i miliardari che stanno acquisendo troppo potere e influenza in Cina e che si lasciano andare ad aperte critiche nei confronti della gestione del partito. Condotta in opposizione al sistema socialista”, l’accusa che viene loro rivolta. La volontà verso di loro è quella di attuare una maggiore tassazione, che sfocerebbe anche in una sorta di patrimoniale. Nulla di illegittimo sulla carta, se non fosse per il “trattamento speciale” riservato a chi contesta pubblicamente il sistema finanziario in vigore.
IL CASO JACK MA
Jack Ma, il fondatore di Alibaba, è stato il volto di questa campagna repressiva. Verso fine 2020 ha osteggiato pubblicamente la gestione del sistema finanziario da parte di Pechino e Xi Jinping, a quanto pare, ha reagito. Inizialmente ha annullato le quotazioni in borsa di Ant Group, il braccio finanziario di Alibaba, cancellando una IPO da quasi 30 miliardi di dollari, la più cospicua mai registrata. Successivamente, l’imprenditore è misteriosamente scomparso dalla vita pubblica per cinque mesi e nessun media ne ha riportato notizie. In quel lasso di tempo le azioni di Alibaba sono scese del 10%. Per questo, c’è più di qualche perplessità riguardo la volontarietà della devoluzione di 1/3 del patrimonio di Alibaba, pari a 15,5 miliardi, ad associazione benefiche cinesi.
ALTRE AZIENDE NEL MIRINO
Lo stesso controllo ferreo viene imposto anche alle grandi aziende dell’alta tecnologia. Didi Chuxing, Kanzhun e la società di autotrasporti Full Track Alliance sono state coinvolte nel giro di vite. Queste imprese detengono moltissimi dati personali dei propri consumatori e il messaggio del governo è che prima di raccogliere fondi o trovare investitori stranieri, i dati devono essere protetti adeguatamente. Pechino ha poi iniziato una serie di misure restrittive, che hanno fatto calare a picco le azioni delle malcapitate, soprattutto quelle quotate nelle borse straniere, come Baidu. Una delle norme più impattanti sul settore potrebbe sicuramente essere il divieto imposto ai minorenni di giocare per più di tre ore alla settimana ai videogame. Il mondo dei videogiochi online è da anni uno dei settori più remunerativi per le Big Tech, che hanno già cominciato a sperimentare gli effetti delle nuove politiche di Pechino.
ANCHE INTERNET DEVE ESSERE REGOLAMENTATO
A marzo 2021 Xi Jinping ha convocato un tavolo con le 11 società del web più influenti in Cina, tra cui Tencent e ByteDance (TikTok). Il leader cinese intendeva parlare della sicurezza online e del proliferare delle deepfake, video montati in maniera iperrealistica, che mettono in scena discorsi ed eventi mai capitati. Il rischio di mettere in cattiva luce il PCC, su internet, è dietro l’angolo. Ormai è chiaro che il Web non può essere un colosso che cresce indipendente, slegato dalle regolamentazioni, quanto più in Cina. L’unica risposta possibile sembra essere l’adattamento, se non si vuole fare la fine di Jack Ma.
Manuel Michelacci
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Credits: David Veksler per Unsplash