sabato, 5 Ottobre 2024

Dal blue al green: con l’idrogeno lo shipping è sostenibile

idrogeno

Il tema della energy transition sarà uno dei pilastri del futuro e, in questo scenario, l’idrogeno giocherà un ruolo da protagonista. «Sarà la terza rivoluzione energetica», dice Chloé Zaied, Ceo e fondatrice di Hynova Yachts, imprenditrice marsigliese che ha lanciato la prima barca a motore da diporto, equipaggiata con una tecnologia idrogeno-elettrica a emissioni zero. «La scorsa estate abbiamo creato in nove porti delle stazioni mobili di camion a idrogeno, è stata una delle lotte più dure che ho dovuto gestire con la mia squadra. Non c’è un regolamento, contribuiamo oggi a scriverlo. Su questo tema siamo pionieri. Adesso non c’è una stazione fissa di rifornimento, l’avremo tra qualche anno. È la storia dell’uovo e della gallina: nessun utente, nessuna stazione, nessun utente».

La Francia e l’Europa come stanno agendo sul tema della regolamentazione?

«Stiamo organizzando diversi workshop, ma credo che tutto ciò non basti. Quello che chiedo è: un regolamento unico in tutti i porti europei».

Nei prossimi anni si può immaginare il mondo dello shipping completamente alimentato a idrogeno?

«In questo momento è impossibile, la tecnologia non è abbastanza potente. Uno dei nodi importanti da affrontare e risolvere è la questione della produzione di idrogeno. Quindi, pensare lo shipping a zero emissioni è possibile, ma la realtà oggi è difficile».

Come si sta muovendo l’Unione europea?

«I soldi stanziati dall’Europa nel Fondo per la ripresa sulla transizione ecologica sono una nota positiva, ma bisogna fare ancora molto di più».

Da dove è nata l’idea di lanciare la prima barca da diporto al mondo che utilizza l’idrogeno per navigare senza inquinare?

«Come capitano di una barca in un parco nazionale, a un certo punto è stato davvero importante per me andare avanti rispettando sempre l’ecosistema. Volevo essere profondamente in linea con i miei valori. Ho deciso di cercare sul mercato la soluzione, ma non l’ho trovata, non era abbastanza “verde” o non abbastanza performante. Poi ho incontrato il team di Energy Observer e sono rimasta colpita dalla barca e dalla possibilità di sfruttare l’energia rinnovabile. Il mio obiettivo era quello di produrre un modello “commerciale” per cambiare le mentalità. Così ho lanciato una barca di nuova generazione, costruendo la prima a idrogeno per mostrare che è possibile farlo. E l’ho lanciata nel mercato. Lo scopo era quello di conciliare performance, ecologia e carattere».

Un progetto a zero emissioni…

«Quando si usa la barca in modo efficace è a zero emissioni: lo stoccaggio di idrogeno a bordo rifiuta solo l’acqua pulita, nessun rumore, nessun fumo, nessuna CO2, nessuna vibrazione. Ma la produzione non è ancora a zero emissioni e anche le batterie… Bisogna migliorare tutto il processo per ridurre al massimo lo sprint di carbonio».

A quanto ammontano i costi per acquistare e mantenere la barca?

«Dipende dal modello e dalle caratteristiche. Si può anche arrivare a un milione di euro per acquistarla. Mentre il costo di manutenzione è vicino allo zero. È necessario cambiare un filtro dell’aria una volta all’anno. Possiamo quasi dire che l’overcost iniziale viene assorbito pochi anni dopo».

Quanta autonomia ha?

«Anche qui, dipende dalla velocità che si tiene, come per tutti i veicoli, stiamo lavorando ora alla versione di serie. L’obiettivo è raggiungere 6 ore a 20 nodi per un dayboat di 42 piedi. Ciò significa che a bassa velocità (10 nodi) sono circa 20 ore».

Avete altri progetti per il futuro legati all’idrogeno?

«La prossima è l’industrializzazione. In questi mesi stiamo lavorando nel cantiere navale più famoso del Mediterraneo: la Ciotat. Obiettivo: la produzione in serie – come dicevo – a partire da quest’anno».

Quanta sinergia si può creare tra la Francia e l’Italia sulla transizione energetica e sull’idrogeno?

«Molta, ne sono sicura. Siamo geograficamente vicini. Se un’azienda italiana vuole collaborare con Hynova, può contattarmi». ©

Mario Catalano

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