Per consumatori e brand quotati (e non) il fattore sostenibilità oggi diventa sempre più centrale. In termini economici, l’industria del fast fashion, che propone abiti alla moda, a poco prezzo e spesso di scarsa qualità, lascia nei propri magazzini il 25% di invenduto, con una perdita di circa 500 miliardi di dollari l’anno. Numeri che pesano, tanto quanto la voglia di sostenibilità che guida sempre di più le scelte di acquisto dei consumatori del fashion e dei brand. I dati di McKinsey&Company raccontano che il 67% degli acquirenti considera importante l’uso di materiali sostenibili e per il 63% è essenziale che un marchio promuova il suo impegno in fatto di responsabilità sociale e ambientale. Questi parametri potrebbero quindi diventare un driver primario per i consumatori, influendo sulle vendite in maniera improvvisa e sostanziale. Ecco perché il fattore sostenibilità diventa centrale anche per gli investitori dei titoli di moda.
Lo sanno bene i grandi colossi del fast fashion, che stanno integrando dinamiche Green nella produzione, nelle modalità di vendita e nella governance aziendale, per allinearsi a questa direzione del mercato. Inoltre, con la ripresa delle vendite che tutte le big registrano a fine 2021, la sostenibilità di un marchio, effettiva e dichiarata, potrebbe diventare un fattore concorrenziale molto importante.
INDITEX, CON ZARA UNO DEI PIONIERI DELLA “MODA VELOCE”
Inditex, multinazionale quotata a Madrid che possiede, tra gli altri, il marchio Zara, in termini di bilancio torna quasi ai livelli pre-Covid. Il gigante spagnolo ha chiuso il 2021 con un utile netto di 2,5 miliardi di euro, con un incremento del 273% rispetto al 2020, ma i ricavi restano ancora di poco sotto i livelli pre pandemia. I dati positivi di chiusura dell’esercizio 2021 non sembrano però convincere i mercati: a fine 2019 il titolo si scambiava a 32 euro contro gli odierni 25. In termini di sostenibilità, il numero uno mondiale della “moda veloce” ha dichiarato il suo impegno, annunciando che, entro il 2025, il 100% del cotone, del lino e del poliestere usato dagli otto marchi del gruppo sarà biologico, sostenibile o riciclato.
PRIMARK, PRONTA AD APRIRE UN MEGA STORE IN CENTRO A MILANO
Svolta Green anche per Primark. Di proprietà di Associated British Foods, quotata a Londra, il brand irlandese si è impegnato a realizzare tutti i suoi capi con materiali riciclati o sostenibili entro un decennio, assicurando che questo non comporterà un aumento dei prezzi. Sul fronte dei dati di bilancio, il retailer ha visto scendere del 5% i ricavi nel 2021, fissando il fatturato a 6,5 miliardi di euro. Nonostante i segnali di ripresa, i livelli pre-Covid sono ancora lontani: il titolo di Associated British Foods ha un andamento altalenante che però finora non ha mai raggiunto la quotazione di fine 2019.
H&M, IL PRIMO AD APRIRE NEL 1947 IN SVEZIA
H&M, quotata alla Borsa di Stoccolma, è stata duramente colpita dalle conseguenze della pandemia. L’azienda svedese ha chiuso il 2021 con un utile netto di 11,01 miliardi di corone svedesi (circa 1,03 miliardi di euro), in netta ripresa rispetto all’anno precedente (1,2 miliardi di corone) ma con il fatturato che resta ancora ben sotto ai livelli pre pandemia, -14% rispetto al 2019. La pubblicazione del bilancio ha dato una spinta notevole al titolo in Borsa che, dopo la caduta durante il periodo più critico dell’emergenza sanitaria (a marzo 2020 si scambiava a 113 corone per azione), sta risalendo, tanto che gli analisti di JP Morgan confermano l’obiettivo di prezzo a 222 corone.
Da diversi anni Hennes & Mauritz AB ha attivato sistemi di raccolta e riciclo di abiti dismessi, anche se la sua sostenibilità è ancora poco trasparente per esempio riguardo le origini delle materie prime utilizzate. L’azienda svedese ha recentemente annunciato l’integrazione della vendita di abiti second hand sul proprio e-commerce, tramite la piattaforma di reselling Sellpy.
ASOS, CHE DEBUTTA AL MAIN MARKET DI LONDRA
Asos, sito britannico di abbigliamento e cosmesi, è impegnato da alcuni anni sul fronte della sostenibilità. Nel 2019 ha creato la collezione Asos Design Circular, improntata sul concetto di moda circolare, in cui ogni capo ha un proprio QR code che racconta come il prodotto è stato realizzato. Inoltre, l’azienda ha dichiarato di voler azzerare la sua impronta ambientale entro il 2030. Il colosso delle vendite online ha chiuso il 2021 con un aumento delle vendite del 22% e il titolo, passato a fine febbraio 2022 dall’AIM al Premium Listing Segment del Main Market della Borsa di Londra, scambiato ai livelli pre-pandemia. ©
Sara Zolanetta
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