mercoledì, 24 Aprile 2024

La parabola di Roman Abramovič, dal tetto del calcio ai negoziati tra Russia e Ucraina

Sommario

Roman Abramovič vende il Chelsea, squadra di Premier League che aveva acquistato nel 2003 per 60 milioni di sterline, per una cifra che, secondo le prime indiscrezioni, si aggirerebbe intorno ai tre miliardi di dollari. Una mossa quasi immediatamente successiva alla sua partecipazione al primo tavolo dei negoziati tra le delegazioni di Russia e Ucraina, che si è tenuto lunedì scorso a Gomel, in Bielorussia.

 I TRIONFI DEL SUO CHELSEA

La squadra londinese, prima dell’arrivo del patron russo, aveva vinto un solo campionato, ma sotto la sua guida diventa uno dei club più vincenti d’Inghilterra e d’Europa conquistando ventuno trofei. Cinque Premier League, cinque FA Cup, tre Coppe di Lega, due Champions League, due Europa League, due Community Shield, una Supercoppa Europea e un Mondiale per Club. Il Chelsea è peraltro la squadra campione d’Europa e del mondo in carica. Questo il palmares a seguito di una spesa di 2 miliardi e 300 milioni di euro in 18 anni.

GLI OLIGARCHI CONTRO PUTIN

Abramovič per ora non è ancora stato colpito dalle pesanti sanzioni economiche occidentali, in seguito all’invasione russa in Ucraina, che hanno indebolito il potere economico degli oligarchi russi. Ma chi sono questi ultimi? Sono cittadini privati, che dopo il crollo dell’Unione Sovietica hanno accumulato ricchezze gigantesche e che intrattengono rapporti strettissimi con la presidenza russa – e quindi con Vladimir Putin – e ne influenzano le scelte economiche e politiche. Ora, a causa delle già citate sanzioni intraprese dal mondo occidentale, si stanno allontanando dalla figura di Putin, covando verso di lui e soprattutto verso la guerra che ha iniziato un crescente senso di risentimento.

LA VENDITA E I PROVENTI ALLE VITTIME DELLA GUERRA

L’ormai ex patron del Chelsea prende la decisione di lasciare il club già nei giorni scorsi, ma il comunicato ufficiale arriva solo mercoledì 2 marzo, pubblicato sul sito dei blues: «Vorrei parlare delle speculazioni sui media negli ultimi giorni in relazione alla mia proprietà del Chelsea FC. Come ho affermato in precedenza, ho sempre preso le decisioni tenendo a cuore l’interesse del Club. Nella situazione attuale, quindi, ho preso la decisione di vendere il Club, poiché ritengo che ciò sia nel migliore interesse del Club, dei tifosi, dei dipendenti, nonché degli sponsor e dei partner del Club».

Nella seconda parte dello stesso comunicato il magnate russo annuncia di «aver incaricato il mio team di creare una fondazione di beneficenza in cui verranno donati tutti i proventi netti della vendita. La fondazione sarà a beneficio di tutte le vittime della guerra in Ucraina».

LA CARRIERA DI ROMAN

Abramovič inizia la sua carriera imprenditoriale negli anni Ottanta, quando l’allora presidente russo Mikhail Gorbaciov permette di creare imprese medio piccole a costi estremamente ridotti. Roman fonda così cinque società di import/export ma la svolta arriva nel 1995 quando acquisisce Sibneft, società petrolifera, per decine di milioni di dollari. Un’operazione che finirà nel mirino anche del KGB che chiederà a Londra di indagare su questa acquisizione. Secondo Alexander Korkhazov, ex generale dei servizi segreti russi, è avvenuta con metodi criminali e con la corruzione. L’anno dopo acquista quote importanti di Aeroflot e nel 2002 vende le sue partecipazioni in Sibneft a Gazprom, la principale compagnia energetica russa, per 12 miliardi di dollari.

IL CROLLO DI EVRAZ: IL COLOSSO DELL’ACCIAIO RUSSO IN GINOCCHIO IN BORSA

Tutto viene reinvestito in Evraz, di cui oggi Abramovič è il primo azionista detenendone il 28,6%. Evraz è il primo produttore d’acciaio russo ed è anche il fornitore della materia prima per l’esercito. Una società che conta 70mila dipendenti, 12 miliardi di ricavi e il 38% di vendite in Russia. Il gigante dell’acciaio, quotato alla borsa di Londra, sta crollando, e nelle ultime settimane è passato da 600 a 60 sterline, con il pacchetto in mano a Roman in caduta di tre miliardi. Negli ultimi giorni tenta il rimbalzo, ma il recupero parziale – mentre scriviamo il titolo è a 67,22 sterline – potrebbe non evitare al colosso siderurgico l’esclusione dall’indice Ftse 100. Anche perché nella giornata del 1° marzo il titolo crolla del 28% in seguito al protrarsi della guerra in Ucraina e alle sanzioni di Stati Uniti, Regno Unito ed Unione Europea imposte a Mosca.

Solo nella giornata del 25 febbraio, all’annuncio del pagamento di un dividendo complessivo di 545, Abramovič ha comunque intascato 156 milioni di euro. Un importo che però non compensa la caduta verticale del valore di Borsa della società degli ultimi giorni.

Alessio Incerti

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Foto: Simon Reza da Unsplash.com e Ahundt da Pixabay.com