sabato, 7 Dicembre 2024

Health tech: quali sono i big che investono nell’intelligenza artificiale?

Health

La speranza per l’health tech parte dall’Intelligenza Artificiale. Grazie alla tecnologia più avanzata è stato sviluppato un test in grado di distinguere cisti benigne e maligne al pancreas, senza dover ricorrere a interventi per la loro rimozione. Una notizia positiva che arriva da uno studio internazionale con un ampio contributo italiano (Centro di Ricerca ARC-Net dell’Università di Verona, IRCCS San Raffaele di Milano, Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria, Negrar), coordinato da alcuni ricercatori del Johns Hopkins Kimmel Cancer Center. Solo in Europa nel 2021 si sono contati oltre 84mila vittime di tumore a quest’organo prezioso, che produce diversi ormoni, tra i quali l’insulina e il glucagone (che regolano il livello degli zuccheri nel sangue) e vari enzimi (come la tripsina) che, trasportati dai dotti pancreatici nell’intestino, contribuiscono alla digestione e all’assorbimento dei nutrienti.
Ormai quindi la strada è aperta: e l’A.I. sarà al centro del grande “contenitore” della salute digitale. Contenitore in cui si trovano i sistemi informativi sanitari, la telemedicina e i dispositivi mobili (mHealth). Un mondo che coinvolge pazienti, operatori sanitari, ricercatori, autorità di regolamentazione e sviluppatori di applicazioni. Ma quanto vale l’Healthcare? Il settore macina miliardi su miliardi e ogni anno raddoppia i fatturati. Il Vecchio Continente rappresenta il secondo mercato mondiale dopo gli Stati Uniti, con un giro d’affari da 41 miliardi (+412% in 5 anni).
L’Italia si gioca la carta PNRR ma resta il problema della carenza di personale sanitario. Nel 2021 secondo il Grand View Research il comparto valeva 175,6 miliardi di dollari. Si stima che nel 2022 ne varrà circa 216,7 (con un +23% rispetto allo scorso anno). E toccherà quota 1,5 trilioni di dollari nel 2030, con un CAGR del 27,7% durante il periodo di previsione.

Il fiume di denaro fa gola a molti investitori. Anche i colossi Big Tech vogliono mettere le mani sull’e-Health.

Jeff Bezos sogna in grande e ha già acquistato per 3,9 miliardi di dollari 1Life Healthcare, società di San Francisco che gestisce le cliniche One Medical. Apple negli anni ha implementato sempre più APP per il monitoraggio della salute sui suoi device. Microsoft ha lanciato l’iniziativa Healthcare NExT, che si basa sull’Intelligenza Artificiale e il cloud computing, e Microsoft Genomics, il cloud di Microsoft Azure declinato per gli studi sulla genomica di ricercatori e medici. Il 2022 è stato un anno record per gli Unicorni che, a livello mondiale, hanno sfondato quota 100. I finanziamenti globali nell’eHealth hanno raggiunto nel secondo trimestre di quest’anno 7,1 miliardi di dollari, in calo del 32% rispetto ai tre mesi precedenti. Tutto il comparto è stato colpito a eccezione dell’IT sanitario.
Otto i nuovi unicorni (per un valore totale di 10,6 miliardi di dollari). Tra le new entry: la finlandese Oura, la statunitense Clarify Health e la singaporiana Biofourmis. La prima società vale 2,6 miliardi di dollari, la seconda 1,4 miliardi e la terza 1,3 miliardi. Sorridono gli Stati Uniti. Nel Paese è stato raccolto il maggior numero di finanziamenti totali nel secondo trimestre del 2022 (4,8 miliardi di dollari), nonostante un calo del 53% su base annua.
Sul fronte finanziamenti, male la Silicon Valley. Le startup sono scese del 60% su base trimestrale, raggiungendo 1,2 miliardi di dollari su 59 offerte. Non si registrava un dato così basso dal pre pandemia (2019). Nella “Valle del silicio”, però, è stato raggiunto uno dei primi accordi azionari globali del trimestre in questione: Clarify Health ha chiuso un finanziamento di serie D da 150 milioni di dollari per sbloccare la promessa di un’assistenza basata sul valore con intelligenza end-to-end su ogni percorso del paziente.
A livello mondiale, dopo una leggera ripresa nei primi tre mesi del 2022, le uscite di fusioni e acquisizioni hanno visto il calo più drammatico dell’ultimo anno, scendendo a 83 operazioni, alla pari con i livelli di fusioni e acquisizioni dell’anno pandemico. Anche lo spazio della salute digitale ha visto solo 1 IPO nel secondo trimestre 2022: Heart Test Laboratories. Tra le società più attive sul fronte investimenti: Gaingels e Insight Partners, con nove società ciascuna, seguiti da General Catalyst con sette.

Qual è la situazione negli altri continenti?

In Europa i finanziamenti sono cresciuti del 6% ed è stato raggiunto il miliardo di dollari. Male l’Asia, con 1,1 miliardi di dollari, in calo del 21% rispetto al primo trimestre di quest’anno. E in Italia, in che stato di salute si trova l’eHealth? Nel Recovery Plan sono stati previsti nove miliardi di euro per reti di prossimità, strutture e Telemedicina e di questi, un miliardo è dedicato specificatamente alla Telemedicina. A dicembre 2020 sono state approvate dalla Conferenza Stato-Regioni le indicazioni nazionali sulla Telemedicina, che definiscono le regole per l’erogazione da remoto di alcune prestazioni sanitarie e le relative logiche di tariffazione. E ad aprile di quest’anno il ministero della Salute ha pubblicato le linee guida organizzative per il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”, che sarà erogata anche attraverso gli strumenti della telemedicina.
Nel pre pandemia il livello di utilizzo della telemedicina in Italia superava di poco il 10%, durante l’emergenza ha superato il 30% per molte applicazioni. Il servizio più utilizzato è il tele-consulto con medici specialisti (47% degli specialisti e 39% dei MMG), che raccoglie l’interesse per il futuro di 8 medici su 10. Seguono, in termini di utilizzo durante l’emergenza, la tele-visita e il tele-monitoraggio. I canali di comunicazione digitale tra pazienti e medici più usati sono: messaggistica istantanea (96%), email (94%), SMS (74%) e piattaforme di collaborazione (82%). Anche le APP per la salute affascinano i pazienti: ricordano di prendere un farmaco o tenere sotto controllo i parametri clinici. Ma quali sono i benefici riscontrati? Sentirsi più consapevole della propria patologia (46%) e avere un supporto per rispettare il piano di cura (42%). ©

Mario Catalano

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