giovedì, 28 Marzo 2024
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Dopo un anno disastroso per praticamente tutti i listini, negli ultimi due mesi i mercati internazionali hanno ripreso a crescere. Ma il peggio è veramente passato?

I numeri che fanno sperare

Nonostante l’inizio difficile di quest’anno, gli ultimi due mesi hanno manifestato interessanti segnali di recupero per i mercati europei. Se dall’inizio dell’anno a fine settembre il FTSE MIB ha perso il 38%, da allora ha recuperato un solido 20%, accorciando le distanze. Altrettanto hanno fatto Parigi, col CAC 40 a +17% e Berlino, in rialzo del 19%. Eppure, siamo ancora abbastanza lontani dal pareggio che tutti spereremmo. Anche con questo balzo finale, Piazza Affari si attesta a -15 punti percentuali rispetto a gennaio. In più, non è assolutamente detto che questa ripresa sia autentica e duratura. Gli scettici richiamano la metafora del “dead cat bounce”, il “rimbalzo del gatto morto”, che descrive bene il tipico decorso di una crisi, con illusorie riprese che si alternano a tonfi sempre più grandi. Ma allora cosa attendersi?

Gli Stati Uniti anticipano il trend

Per cercare di comprendere cosa potrebbe succedere nel prossimo periodo in Europa, la chiave è guardare agli Stati Uniti. Infatti, gli USA hanno cominciato prima il tapering e presentano una situazione per molti versi simile a quella europea, anche se amplificata (tassi di interesse al 4,25/4,5% contro 2/2,25% nell’Eurozona). Guardando agli indici, è lì che si è originato il corrente “bear market” (immagine ricorrente per i mercati che scendono in brevi periodi di più del 20%). Infatti, dopo aver chiuso al 31 dicembre dell’anno scorso a 4766 punti, il risultato più alto di sempre, l’S&P ha cominciato a cedere già a gennaio, man mano che le conseguenze dell’inflazione in forte aumento entravano nel mercato. La discesa, lenta ma costante, è continuata fino al 14 ottobre di quest’anno, quando l’indice ha toccato i 3583 punti, con un calo del 25% dall’inizio dell’anno. Da allora, però, sembra che i mercati abbiano cominciato a riprendersi, guadagnando l’11% in due mesi.

I segnali positivi

Ciò che lascia sperare è soprattutto il rallentamento sui rialzi dei tassi. L’ultimo aumento della Fed (la banca centrale americana) è stato dello 0,5%, contro lo 0,75% di tutti i precedenti. Significa che l’inflazione comincia a essere sotto controllo e i banchieri centrali sentono meno la necessità di tutelarsi dal rischio di recessione. Ma la tempesta non è ancora passata. Secondo la maggior parte delle previsioni, almeno per la prima metà dell’anno la BCE continuerà con gli aumenti di tassi, anche se rallentando. Dopodiché, si potrà parlare di una stabilizzazione dei tassi. Ma, anche tenendo conto che il PIL europeo dovrebbe crescere di un magro 0,3% (previsioni Commissione Europea) nel 2023, sembra improbabile che si torni a breve ai livelli precedenti alla pandemia. In più, pochi giorni fa, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha messo in guardia contro un eccessivo ottimismo, segnalando che i tassi altissimi potrebbero triplicare il default rate delle imprese nel 2023. Insomma, dopo il decennio dei tassi zero e negativi, la musica è cambiata, e le nostre strategie di investimento non possono che cambiare con lei.

📷©Gabby K via Canva.com

Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".