lunedì, 29 Aprile 2024
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Non c’è niente da fare: l’intelligenza artificiale è il trend del momento. E quando si tratta di tendenze, la moda non si fa certo da parte. Affascinato dai suoi innumerevoli usi e potenzialità, il settore si apre ai nuovi orizzonti, ma anche alle sfide, che questa tecnologia sta aprendo. Dall’ideazione del design alla catena di approvvigionamento, le aree trasformate,  sempre all’insegna di creatività e personalizzazione, sono molte. Siamo ancora agli inizi,  ma l’AI ha già il potenziale per aiutare le aziende fashion a diventare più sostenibili e  produttive, per arrivare più velocemente sul mercato e servire meglio i clienti. E adesso è il momento giusto per esplorare e investire in questo campo.

Nei prossimi 3/5 anni, l’AI generativa potrebbe produrre tra i 150 e i 275 miliardi di dollari solamente per l’industria dell’abbigliamento e del lusso (fonte: McKinsey). La particolarità di questa tecnologia è che invece di limitarsi a identificare e classificare le informazioni, ne crea di nuove sfruttando i modelli di base, gestendo più attività complesse contemporaneamente. Dalle immagini, video e media, fino ai testi, passando alle produzioni 3D e a tutta la parte relativa al marketing o e-commerce, il ventaglio delle sue applicazioni è immenso e ricco di potenzialità per qualsiasi comparto produttivo. E la moda sembra prestarsi particolarmente bene.

Ovviamente, al sorgere di certe tecnologie nascono anche dubbi e preoccupazioni: «Per evitare i possibili rischi, devono essere sempre chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere e deve essere altrettanto chiara la centralità dell’uomo rispetto a questi obiettivi», dice Mauro Sampellegrini, Responsabile dell’Area Ricerca & Innovazione di Sistema Moda Italia. E la filiera non può rimanere indietro di fronte all’avanzamento tecnologico, anzi deve riuscire a cavalcare l’onda. Soprattutto quando questa ha un peso significativo sull’economia dell’intero Paese.

«La moda solo in Italia nel 2022 ha raggiunto circa 106 miliardi di turnover, di cui il 70%, circa 60 miliardi, arrivano dal mondo del tessile. In questo segmento c’è una parte molto importante che incuba circa 8 miliardi di euro, ed è il tessile tecnico, che non rientra solo nella moda, ma anche nell’utilizzo industriale. E la digitalizzazione, le nuove tecnologie e l’innovazione sono fondamentali per continuare la crescita. Le imprese devono fare questo investimento».

Uno dei modi in cui l’intelligenza artificiale  sta rivoluzionando la moda è attraverso l’assistenza agli stilisti nella fase di progettazione. Grazie a sofisticati algoritmi di generazione di immagini e design, l’AI può proporre idee, suggerire combinazioni di colori, forme e stili. Questo non solo accelera il processo creativo, ma offre anche nuove fonti di ispirazione per i designer, spingendo i confini della creatività. Ma il suo impatto non si ferma qui. La personalizzazione sta diventando sempre più importante nell’industria fashion, e i nuovi algoritmi possono essere un elemento chiave per raggiungere questo obiettivo.

Grazie all’analisi dei dati dei consumatori, come le preferenze di stile o le taglie degli acquisti passati, i modelli di apprendimento automatico possono offrire esperienze di shopping su misura. Ogni cliente può vivere un’esperienza unica, ricevendo suggerimenti su prodotti che si adattano perfettamente alle sue esigenze, creando un legame più stretto tra il marchio e il consumatore. Immenso anche il suo impatto sulla gestione della catena di approvvigionamento. Gli algoritmi avanzati possono infatti analizzare i dati relativi ai trend di mercato per prevedere la domanda futura e ottimizzare la produzione. Permettendo così di evitare sovrapproduzione o scorte insufficienti, garantendo una gestione più efficiente e, soprattutto, più sostenibile.

Tuttavia, nonostante i numerosi vantaggi, ci sono anche questioni etiche e sociali da considerare. Su tutte, il fatto che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro. Sarà perciò fondamentale trovare un equilibrio tra l’automazione e la preservazione delle competenze umane e dell’artigianalità. L’ascesa di questa tecnologia è inevitabile ma, guardando al futuro, è essenziale trovare un modo per abbracciarla nel modo più etico ed equilibrato possibile, sfruttando tutto il suo potenziale per promuovere la creatività, offrire esperienze uniche e coinvolgenti, facilitare il lavoro umano e salvaguardare il pianeta.

Che ruolo ha l’AI nella moda?

«Dipende da come viene declinata. L’intelligenza artificiale in generale ha molteplici campi di applicazione, dalla produzione alle nuove tecnologie fino al web. Ci sono sette differenti aree in cui possiamo suddividere i suoi usi. E il mondo della moda può rientrare, anzi, già rientra in molte di queste. Di fatto, se guardiamo la parte relativa al marketing web viene già ampiamente utilizzata, in particolar modo per quanto riguarda le analisi delle preferenze dei consumatori o, in termini di predittività, per capire quali possono essere le priorità dell’audience rispetto a determinati prodotti, materiali, design o funzioni.

Diversi anche i metodi di applicazione per quanto riguarda le tecnologie. Nel design, ad esempio, si possono rielaborare gli archivi storici per creare nuovi pattern, nuove grafiche o anche nuovi prodotti. Questo è più o meno quello che, al momento, già viene fatto nel mondo del tessile. Spostando invece l’attenzione sui processi di produzione e machine learning, l’intelligenza artificiale può aiutare quella che chiamiamo  transizione 5.0 o ’industria 5.0. Sinteticamente consistere nel mettere l’uomo al centro della produzione. In quest’ottica l’AI aiuta l’uomo nel processo produttivo e nel decision making, ad esempio (non il contrario, come nell’industria 4.0): il suo ruolo è quello di facilitare e velocizzare il lavoro umano. L’intelligenza artificiale interviene per apportare al prodotto determinate caratteristiche o per elevarne, controllarne e autenticarne l’alta qualità».

A suo avviso, quali sono i risvolti negativi connessi a questa tecnologia?

«Una delle paure di cui più si parla è sicuramente la sostituzione dell’uomo a livello lavorativo. Ma è proprio per questo che noi spingiamo per la transizione 5.0, dove queste tecnologie devono essere improntate sull’aiuto della persona nel sistema fabbrica. La digitalizzazione, così come l’intelligenza artificiale, serve a supporto della figura indispensabile dell’uomo per implementare le performance del prodotto finale e per efficientare i processi, anche dal punto di vista ambientale. Non deve sostituire la creatività, la produttività e la curiosità tipiche di noi esseri umani.

Inoltre, insieme all’ascesa di nuove tecnologie si aprono tantissime discipline e posti di lavoro nel mondo tessile, dove sono richieste skills di alto livello e specifiche. Addirittura, alcune figure già esistenti si stanno evolvendo  già in questo momento. In questo modo, la digitalizzazione serve anche a rendere il nostro settore attrattivo agli occhi delle generazioni più giovani. Allo stesso tempo, è anche molto importante vedere le chiavi di lettura etico-ambientali, che sono le vere sfide che l’Europa e il mondo devono affrontare. Senza queste tecnologie non è infatti possibile raggiungere gli obiettivi green. Per questo, a mio avviso l’intelligenza artificiale non è un pericolo, se opportunamente configurata in un’ottica di transizione 5.0».

Come sarà tra 10 anni il mondo della moda ormai stabilmente affiancato dall’ausilio delle nuove tecnologie?

«L’estetica andrà di pari passo con l’aspetto ambientale, funzionale e performativo dei prodotti. Questo è un momento epocale per ciò che riguarda le nuove direttive nel mondo tessile  e della moda. A livello europeo, stiamo lavorando per far arrivare incentivi di ricerca e innovazione a fondo perduto per il comparto. Si sta anche sviluppando tutta una normativa legata all’ecodesign che sarà probabilmente obbligatoria già nei prossimi anni, che include anche un digital product passport, un passaporto digitale che accompagnerà il prodotto per tutta la filiera.

A livello macroscopico, imporrà il tracciamento dell’impatto ambientale, della provenienza dei materiali e della composizione chimica, la manutenzione. È inevitabile che questa nuova direttiva arrivi alle piccole e medie imprese così come alle grandi. La prerogativa fondamentale in questo momento è quindi quella di digitalizzare le aziende, il che porterà a una rivoluzione non da poco nella produzione italiana. Su scala nazionale, la politica in questo momento è molto recettiva grazie al Ministero del Made in Italy, con il quale stiamo lavorando per ottenere ulteriori agevolazioni per la transizione 5.0.

In generale, a mio avviso in futuro la nostra sarà un’industria che rivaluterà gli archivi storici delle aziende, affiancandoli alle nuove richieste del consumatore. Inoltre, gli impatti etico ambientali delle produzioni tessili avranno un ruolo sempre più centrale, anzi di primo piano, nella produzione e nel prodotto finale».

Per digitalizzarsi, le imprese hanno bisogno di fare investimenti. Saranno previsti incentivi?

«La digitalizzazione è sicuramente un investimento importante, che va fatto da parte delle piccole e medie imprese. Fortunatamente molte di loro, grazie alle politiche dell’industria 4.0, hanno già investito in macchinari interconnessi e integrati nel sistema fabbrica della filiera. In realtà, dunque, questa prerogativa è partita già dal 2016 e gli incentivi ci sono da allora. In questo momento ci sono poi altre agevolazioni all’interno del PNRR e ne arriveranno di nuove. Altre ancora, invece, riguardano solamente la digitalizzazione a scopo sostenibilità etica e ambientale.

Quello del Metaverso è stato solo un trend passeggero?

«Ovviamente l’attenzione del Metaverso è legata alle famose curve dell’innovazione, che hanno dei momenti di attenzione massima e poi dei momenti di caduta. Niente di nuovo, era già successo anche per il 3D printing e per la tecnologia della realtà aumentata. Ci tengo a sottolineare, però, l’importanza significativa della digitalizzazione e virtualizzazione dei tessuti, perché in ambito produttivo questo può sveltire, alleggerire e velocizzare la produzione, con benefici sia dal punto di vista estetico che funzionale.

Il mondo virtuale in generale è un universo che, è inutile negarlo, è in continuo aumento. Pensate che il gaming incuba circa dai 200 ai 300 miliardi di euro di fatturato l’anno, con una curva di crescita che punta verso l’alto. Tuttavia, prevedere il futuro della moda in questo segmento non è al momento possibile, ma c’è sicuramente una fetta di mercato in forte fibrillazione».

Quali sono altri usi dell’intelligenza artificiale, magari meno noti?

«L’impiego per l’anticontraffazione e la certificazione qualitativa, ad esempio: per arrivare ad assicurare al consumatore finale la qualità, la tracciabilità e la provenienza dei prodotti tessili-moda. Noi stiamo collaborando a un progetto europeo che si chiama TRICK, dove tecnologie digitali, artificial intelligence e blockchain si uniscono per la creazione di una piattaforma, a uso delle piccole e medie imprese, per tracciare la propria filiera produttiva in modo inequivocabile dal punto di vista della provenienza, della qualità e degli impatti ambientali.

Grazie ad essa, le aziende potranno arrivare al consumatore finale con dati verificati rispetto all’impatto etico e produttivo, contrapponendosi chiaramente anche al mondo dei falsi e dei contraffatti. Il consumatore che vuole acquistare un articolo originale in questo modo non potrà avere dubbi sulla sua autenticità». ©

Articolo tratto dal numero del 1 luglio 2023. Abbonati!

Credit: Canva.com

Dopo gli studi universitari in relazioni internazionali e un master in Communication & brand management inizia subito a lavorare nella moda a Milano. Scrive a tempo pieno per diverse testate occupandosi di business, moda, lusso e design. La conoscenza finanziaria maturata nell'editoria e l’occhio per le ultime tendenze sono i suoi punti di forza.