L’inflazione Usa scende oltre le attese, anche quella core che esclude cibo ed energia, e i mercati prendono il volo. L’aria che tira è che il meeting di fine mese della Fed sarà l’ultimo che terminerà con un rialzo dei tassi. I trader stanno attualmente scontando una probabilità del 92% per un aumento di 25 punti base del costo del denaro, mentre le probabilità per un altra stretta di un quarto di punto a settembre sono scese al 13% dal 20% e a novembre sono calate al 26% dal 34%. Merito appunto dell’inflazione che torna al 3% a giugno con quella core appunto giù di mezzo punto, 4,8%, a confronto del mese scorso. Il dato sparge ottimismo anche in Europa, tanto che gli interessi sui titoli di stato italiani decennali scivolano al 4,3%. Piazza Affari vola e consolida i 28.500 punti. Dax di nuovo sopra i 16mila.
Quaterna sulla ruota di Milano
Quarto giorno di rialzi a Milano. E che rialzo: +1,76%. Sale praticamente tutto: +1,4% Banco Bpm dopo esclusiva a Fsi su monetica e +4,6% per Stm con comparto tech in luce tanto che secondo Jefferies il settore accelererà ulteriormente. Petrolio su, Brent anche a 80 dollari, che è un male per le tasche degli automobilisti ma non per Eni che cresce oltre il 2%. Saipem invece frena e non riesce ancora a passare 1,5 euro per azione. Ferrari ai box.
Argento sprint
Che le banche centrali possano essere arrivate a fine stretta, lo dimostra la Banca del Canada, che ha alzato dello 0,25% i tassi come a giugno, ma nel suo comunicato ha eliminato il riferimento al fatto che i tassi non sono abbastanza restrittivi e ha rivisto al rialzo le stime di crescita per quest’anno, posticipando di sei mesi a metà 2025 quelle per un’inflazione al target. Festeggiano anche i metalli preziosi, dall’oro (ritorno a 1960 dollari) all’argento. Quest’ultimo in particolare fa un balzo di quasi il 4% tornando ben sopra quota 24 dollari, top mensile.
Mosca come il Nasdaq
L’indice Moex della Borsa russa, basato sul rublo, è salito al massimo dal crollo innescato dall’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. Le industrie orientate all’esportazione continuano a beneficiare dell’aumento dei prezzi delle materie prime e delle valutazioni inferiori per il rublo. Da Lukoil a Rosneft, da Gazprom a Novatek: nonostante le sanzioni, aumentano le vendite nel mondo asiatico e africano. Da inizio anno il Moex è salito quasi del 31%, solo il Nasdaq 100 ha fatto meglio. Tutto merito del rublo, crollato ai minimi da un anno e mezzo. ©