sabato, 27 Aprile 2024
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Le etichette italiane di vino sono sempre più redditizie e fanno gola agli investitori internazionali. Infatti, negli ultimi mesi il valore del nettare degli dei Made In Italy è aumentato del 9,3% rispetto all’ultima rilevazione, secondo l’indice di riferimento del mercato vinicolo Liv-ex Italia 100. Attualmente, Piemonte e la Toscana sono i territori dove si producono i vini più performanti e redditizi. Il calo della domanda e la proposta di Regolamento europeo sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, però, preoccupano il settore vinicolo.

Come riconoscere un vino da investimento?

I vini da investimento italiani si confermano un asset strategico e attirano l’attenzione di investitori di tutto il mondo. Parliamo di appena l’1% dell’intera produzione mondiale. Come riconoscere un vino pregiato? La caratteristica principale è la domanda superiore alla produzione, trend che rende le bottiglie particolarmente richieste.

«La continua crescita del mercato dei Fine Wines italiani rappresenta un segnale incoraggiante per il nostro Paese e testimonia l’eccezionale qualità della produzione made in Italy, sempre più richiesta e apprezzata sul mercato», ha affermato Emanuel Paglicci, Chief Executive Officer di Wine Profit.

I vini del Piemonte:

La zona delle Langhe, in Piemonte, offre una vasta scelta di vini pregiati. Le etichette più di valore sono, secondo Wine Profit:

Barolo Monfortino di Giacomo Conterno, Barolo Brunate di Giuseppe Rinaldi, Barolo di Bartolo Mascarello, Barolo di Giuseppe Mascarello, Barolo di Cav. Lorenzo Accomasso, Barolo di Luciano Sandrone e Barolo Vigna Rionda di Ester Canale.

I vini della Toscana:

Montalcino e Bolgheri sono le zone dove si producono vini Made in Italy di alto valore e di fama mondiale. Le etichette che producono prodotti più pregiati sono:

Sassicaia, Ornellaia, Masseto, Soldera, Biondi Santi, Pergole Torte.

C’è troppo vino. Perché è un problema?

Nelle cantine nazionali c’è troppo vino e i produttori sono indecisi se abbassare i prezzi, rischiando così di svalutare il prodotto rispetto alla concorrenza. La vendemmia prevista in calo del 10-15%, potrebbe alleviare la situazione ma i timori restano. Parliamo infatti di una «congiuntura che manifesta tutta la sua complessità», secondo l’Unione italiana vini.

Attualmente, la domanda è in calo e le scorte dei primi sei mesi del 2023 ammontano a 45,5 milioni di ettolitri, pari a circa 6 miliardi di bottiglie (+4,5% rispetto allo stesso periodo del 2022), secondo le elaborazioni dell’Osservatorio dell’Unione italiana vini e di Vinitaly su dati di Cantina Italia. Calcolando giacenze e vendite emerge che la diminuzione della domanda non riguarda solo il mercato nazionale, ma anche le esportazioni in UE e fuori dai confini europei.

Si registra infatti segno negativo per tutti i grandi compratori, i Paesi cioè che rappresentano l’85% delle vendite fuori dai confini dell’Unione Europea, fatta eccezione per il mercato russo. Il calo maggiore delle vendite si è registrato in Uniti, Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti, Canada e Norvegia.

I rischi del Regolamento Sur sui fitosanitari

Le preoccupazioni per i vinicoltori italiani non si fermano alle vendite. Infatti, la Commissione Europea ha proposto un nuovo Regolamento SUR che prevede di dimezzare l’utilizzo dei prodotti fitosanitari nella coltivazione da qui al 2030. Meno pesticidi vuol dire però maggiore rischio di attacco da parte di insetti, batteri, acari, topi etc.

Si stima che se verrà approvato, il testo provocherebbe un calo della produzione di uva del 20% per l’Italia, del 28% per la Francia e del 18% per la Spagna, secondo lo studio commissionato dalla stessa Commissione Europea. Tuttavia, nello stesso rapporto si dice che la diminuzione in questione è irrilevante, poiché non riguarderebbe una coltura essenziale. Un parere che ha sollevato le proteste delle associazioni di categoria dei tre Paesi, che hanno sottolineato l’enorme contributo economico, sociale e culturale del settore vitivinicolo. ©

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