lunedì, 6 Maggio 2024

Riforma del gioco pubblico, chi ci guadagna davvero?

Sommario
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Il gioco sul territorio non regge la competizione con l’online e le casse dello Stato piangono. La nuova riforma sul gambling ha preso finalmente forma ma le critiche si fanno sempre più aspre. Infatti, la legge delega fiscale mira a rafforzare il contrasto alla ludopatia, ma sono in molti a ritenere che le misure identificate siano inefficaci senza un quadro nazionale che permetta di normare il settore e ridurre l’offerta. Al contrario, la norma sembrerebbe mirare a spingere più persone a fare giocate fisiche, per aumentare le entrate. Inoltre, prevede diverse misure ma non destina fondi aggiuntivi al sistema rispetto a quelli già previsti.

I numeri del gioco

La filiera dei giochi pubblici italiana conta 53.000 aziende attive e 50.000 lavoratori occupati. Le persone che hanno un conto di gioco sono 5 milioni, ma non è raro che una persona ne possieda due. Infatti, complessivamente i conti ammontano a 21-22 milioni. Negli ultimi anni l’aumento della tassazione prima, il Covid-19 poi hanno allargato il divario con il gioco online.

L’abbassamento del payout del 9% in 6 anni ha spinto molti giocatori a passare alle piattaforme virtuali, tanto che la quota dell’online è passata dal 33% al 56%. I volumi sono di 70 miliardi di euro per l’online e 40 miliardi sul territorio. Una cattiva notizia per lo Stato, che guadagna molto di più dal gioco sul territorio fisico. Infatti le scommesse online portano nelle casse nazionali solo l’1% del giocato totale. Il che vuol dire che su 70 miliardi il Governo centrale guadagna 700 milioni di euro, i restanti vanno nelle tasche dei concessionari. Al contrario, sul territorio fisico il margine per lo Stato sfiora mediamente il 20% del volume giocato.

Gioco, tutela dei soggetti deboli e contrasto alla disintermediazione

L’articolo 15 della legge delega fiscale prevede che la tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili e la prevenzione dei fenomeni di disturbi da gioco d’azzardo siano due pilastri fondanti. Sono otto le misure individuate, che fanno riferimento quasi esclusivamente al gioco responsabile e sembrano ricondurre la ludopatia principalmente alla responsabilità del giocatore. Una scelta che rischia di non pagare, se non si accompagna a misure per normare e ridurre l’offerta. Infatti, i numeri dimostrano che il gioco responsabile non dà rendimento ed è antieconomico per i concessionari. Non a caso, la maggior parte degli introiti del settore deriva per l’80% dalla minoranza patologica, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. La legge delega cerca di porre almeno un argine nella galassia di soggetti non abilitati, come punti vendita ricariche e centri di intermediazione per la distribuzione delle skin. Infatti, il decreto stabilisce oneri e requisiti per svolgere questa attività e vieta di utilizzare più canali per distribuire il gioco.

Gaming dimenticato?

Un altro aspetto potenzialmente problematico della nuova riforma del gioco pubblico riguarda il gaming, settore che prenderà sempre più piede. Il videogaming e il gambling sono differenti ma hanno diversi punti di contatto. La differenza principale è che, nel primo, lo scopo del gioco non è il denaro, ma un’altra tipologia di riconoscimento. Un sistema che permette di coinvolgere molti ragazzi, attirati dall’idea di ricevere un premio. Nonostante la crescente centralità del settore il decreto non prevede nessuna misura apposita per il gaming. ©

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