«Ho visto le donne piangere. Sono stata con loro nei commissariati. So bene cos’è la violenza di genere», dice Florinda Scicolone, giurista d’impresa riconosciuta a livello nazionale ed internazionale come una delle maggiori esperte di politiche di genere. Per tanti anni ha coordinato un Dipartimento dei Diritti Civili delle Donne, che saluta con ottimismo il ddl Roccella approvato al Senato per potenziare la tutela delle donne in Italia. «Sono 103 i femminidici registrati nel Paese nel 2023. Non si tratta quindi di casi isolati. È un genocidio delle donne, dobbiamo fermarlo. Ognuno deve fare la propria parte, perché tutte quante potremmo all’improvviso cadere in questo incubo. La violenza domestica, economica, psicologica si annida tra le casalinghe, le professioniste, le studentesse. Non ha ceto sociale o nazionalità: nessuna è immune».
Il ddl Roccella
«Il disegno di legge Roccella è un passo avanti dal punto di vista normativo, ma bisogna fare di più. Ricordiamo che abbiamo la Convenzione di Instabul da adeguare ad ogni aspetto. Il provvedimento, approvato con urgenza dopo l’ennesimo femminicidio, introduce nuovi elementi per quanto riguarda sia la prevenzione sia la repressione, ponendo l’accento anche sulla formazione. Vengono riconosciute finalmente esigenze cautelari. La donna può chiedere la misura dell’ammonimento al questore per i cosiddetti reati spia. Si tratta di quei segnali, come le minacce, che in passato venivamo sottovalutati. Le vittime di femminicidio, ricordiamo, sono quelle donne che hanno gridato aiuto per anni».
La clausola di invarianza finanziaria
«L’allarme e i segnali di richiesta di aiuto delle donne che subiscono violenza psicologica, economica, molto spesso dalla società non vengono percepiti. Vengono considerati dallo scenario collettivo con superficialità e invece sono l’anticamera della consumazione del dramma. Parliamo di un fatto culturale per questo ritengo utile partire dall’educazione affettiva dei giovani nelle scuole. Il ddl prevede la clausola di invarianza finanziaria. La sua attuazione non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Bisognerà allora attuare quello che è stato scritto negli articoli. Serve che vengano posti in essere con urgenza anche attraverso le risorse già a disposizione».
1 – Le novità: reati spia e formazione
«Attenzionare i reati spia permette di alzare la guardia e prevenire la commissione del crimine. La formazione è essenziale per gli operatori che si occupano di queste tematiche. Auspico che quanto prima sia prevista anche tanta formazione in tal materia per gli avvocati, in quanto oggi molte donne quando si rivolgono a un legale escono dallo studio e non sempre riscontrano la preparazione di tutti gli operatori del diritto formati verso le dinamiche che sono alla base di queste tematiche. La formazione è estremamente necessaria all’approccio di tali situazioni al fine di inquadrare reati spia anche di carattere vessatorio e psicologico. Viene detto loro spesso che non esistono fattispecie ad hoc di reato per la violenza psicologica o la violenza economica e che quindi non si puo’ inquadrare la fattispecie come violenza domestica. Eppure dobbiamo ricordare che sempre sono l’embrione delle percosse».
«Sono queste situazioni che originano negli anni escalation di violenza passando dalla vessazione psicologica, economica e finendo molto spesso con la morte di quella stessa donna che aveva implorato aiuto. Molto spesso la violenza di genere è camuffata. Viene derubricata in quanto assume forme che apparentemente non rientrano nei reati previsti dal codice penale, ma rende comunque la donna succube. Ed è uno dei motivi per cui ci sono tanti femminicidi, una carneficina senza sosta. Dovrà essere prevista molta formazione ad hoc sulle dinamiche della materia anche all’interno, per esempio, di tutti i Consigli degli Ordini degli Avvocati con la previsione di elenchi di specializzati in queste materie perché stiamo parlando di salvare vite umane e cosi la donna conoscerebbe i nomi dei legali specializzati e formati in tali materie. Sono pochissimi ad oggi i Consigli che hanno elenchi, dovrebbero essere previsti regione per regione, in tutti gli ordini.».
2 – La repressione è essenziale
«Un aspetto fondamentale del ddl Roccella, per quanto riguarda la repressione, è l’estensione dell’applicazione dell’ammonimento del questore, del braccialetto elettronico, dell’allontanamento, del divieto di avvicinamento ridotto adesso fino a 500 metri. Strumenti repressivi essenziali. Dovrebbe essere fatta anche una riflessione sui riti alternativi. L’imputato reo di femminicidio se non vi è in determinati situazioni il riconoscimento di aggravanti e il riconoscimento di attenuanti e quindi non si contesta un reato punibile con ergastolo può accedere al rito abbreviato e quindi uno sconto di pena. Si rischia così che un imputato reo di femminicidio dopo alcuni anni possa tornare a essere un uomo libero. Nel frattempo però i figli son rimasti orfani e le famiglie straziate».
3 – Rompere l’isolamento delle donne
«Le donne vittime di violenza vivono un isolamento assoluto, hanno paura di tutto, non sono più padrone della propria esistenza. L’ambiente che le circonda spesso sottovaluta la loro condizione. Gli uomini autori delle violenze molto spesso agiscono con razionalità e premeditazione. Sono lucidi e vessano le proprie vittime esercitando il loro potere psicologico, economico dentro le mura domestiche in maniera subdola per anni.
Dobbiamo abbattere il muro della solitudine. Mi occupo di violenza di genere da oltre 25 anni e spesso ho ascoltato donne che dicevano di non venire credute dallo scenario collettivo, di aver paura a raccontare anche a parenti e amici per non essere considerate pazze, perché gli uomini si camuffano nella società dietro la maschera di compagni perfetti e amorevoli.
Ciò accade soprattutto in ambienti di rango sociale elevato. Dove i carnefici sono persone al di sopra di ogni sospetto, accreditati nelle professioni, nei salotti bene, in contesti perbenisti. Per questo servono operatori preparati verso questi reati che comprendono il pericolo e lo sappiano anticipare la commissione, sappiano intercettare attraverso il racconto delle donne le situazioni spia e sappiano aiutare le donne a mettere in atto tutti gli anticorpi necessari per salvare le vite umane».
4 – Il potere economico è fondamentale
«L’uomo che ha il potere economico sulla donna è più facile che eserciti una violenza psicologica. Basti pensare che può brutalmente buttarla fuori casa in qualsiasi momento, se non sono uniti da matrimonio. Nella convivenza more uxorio se l’immobile dove si svolge la vita della famiglia di fatto è di proprietà dell’uomo, la legge non prevede la tutela della donna nel rimanere nell’immobile dopo la conclusione della relazione fino a quando non trova alternativa abitativa.
Questa è una situazione che molte donne vivono soprattutto le donne che non hanno autonomia finanziaria e che dovrebbe diventare con urgenza oggetto di un provvedimento normativo ad hoc. Succede per esempio che uomini per buttare fuori casa una donna, che si è dedicata mettiamo per 20 anni al progetto familiare, la citano come un abitante abusivo dell’immobile rivendicandone il diritto reale di proprietà. Quindi non viene inquadrata la fattispecie come violenza di reati spia, ma come una rivendicazione dell’uomo del diritto di proprietà.».
«Vanno smascherati questi casi di violenza che apparentemente non sembrano essere tali. Questa dovrebbe per esempio rientrare nella contemplazione di una forma di violenza perché sono molto spesso casi nei quali l’uomo esercita il suo potere economico perché non hanno un’indipendenza finanziaria e non hanno mezzi per sostentarsi, si ritrovano letteralmente all’improvviso per strada. Porto questo esempio per illustrare come la violenza di genere sia un fenomeno esteso che va osservato nella sua interezza a 360 gradi.
Tutto quello che è esercizio di potere dell’uomo sulla donna, dal momento che per un fatto culturale non può essere combattuto, deve essere normato. I femminicidi sono preceduti sempre da un due /tre anni di violenza psicologica, è sempre così. Non tutte però hanno i lividi neri sul volto. Le si tolgono certezze, le sicurezze, per poi arrivare all’epilogo che è quello della violenza fisica. Stiamo attenti a non ignorare le grida di aiuto. Perché quando una donna dice: “mi vuole uccidere”. È così. È solo una questione di tempo».
5 – Non dimenticare il passato
«Dal 1996 quando non esisteva il reato di stalking e il codice rosso, quando non si poteva denunciare nulla perché non c’erano fattispecie criminose, son passati tanti anni. I casi di femminicidio però non cambiano. Ci sono ancora oggi. Anzi, sono in aumento. Dovremmo porci delle domande. All’epoca quando andavamo nei commissariati ci dicevano che non potevano fare nulla e mi ricordo vedere i volti degli agenti di polizia che volevano adoperarsi, ma ancora non erano contemplate fattispecie. Si usciva dalle caserme sconfitte consapevoli che quella donna era realmente in pericolo. Oggi abbiamo altri strumenti ad hoc per queste circostanze dobbiamo alzare, però, le antenne della percezione della comprensione del grido di aiuto del pericolo tutti insieme società civile e istituzioni per fermare tale genocidio».
L’esempio di una donna salvata
«Ho ancora vivo il ricordo di una ragazza che per mesi ha tentato di denunciare dappertutto le minacce di morte che riceveva notte e giorno del suo ex per 10 mesi di fila. Era colpevole di averlo lasciato. E lui voleva ucciderla. Aveva anche tentato di avvicinarla per picchiarla in strada, ma le forze dell’ordine allora non avevano gli strumenti legislativi di oggi per potere intervenire. Finché un giorno quell’uomo non tentò di sfondarle la porta di casa con un’enorme catena. Venne arrestato in flagranza di reato perché la ragazza ha chiamato il 113. Quegli stessi agenti ai quali lei per mesi aveva chiesto aiuto disperata e che, conoscendo il caso, erano intervenuti con solerzia. Ricordo che arrivarono 14 poliziotti nel giro di pochissimo, furono encomiabili. Le salvarono la vita, ma il procedimento a carico dell’uomo sia pure colto in flagranza con il corpo del reato, venne archiviato».
Sportelli dei Diritti Civili delle Donne nelle scuole, università e aziende
«Sin dal 2006 mi sono sempre battuta per vedere nelle scuole, università, aziende, in ogni luogo apertura degli Sportelli dei Diritti Civili delle Donne, serve oltre la formazione anche il presidio di tali temi, uno sportello con un legale e psicologo dedicato a tali situazioni di accesso immediato per le ragazze nelle scuole e università e per le donne lavoratrici nelle aziende, forse è il momento e i tempi sono maturi per auspicare tale realizzazione». ©
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