giovedì, 2 Maggio 2024

Il calo delle commodity spinge giù l’inflazione

Sommario

La discesa delle commodity anticipa una possibile riduzione dei tassi di interesse. Da metà settembre, il principale indice mondiale delle materie prime, il Bloomberg Commodity Index, è sceso di quasi il 10%. In un anno e mezzo, il calo è superiore al 25%. Le ragioni alla base di questa notevole attenuazione dei prezzi sono varie: dai migliori raccolti di cereali nelle potenze alimentari come il Brasile, alla fiacca domanda asiatica o alla crescente tensione nelle catene di approvvigionamento e nei trasporti marittimi.

Le commodity energetiche

Nel caso dell’energia, considerando che sull’indice il gruppo di prodotti che pesa maggiormente sono gli idrocarburi (petrolio 16%, gas naturale 7%, gasolio e benzina a più del 2% ciascuno), la moderazione ha a che fare sia con la normalizzazione della situazione rispetto all’apice della crisi russa, sia con il raffreddamento delle aspettative economiche dovuto all’aumento del prezzo del denaro. Un fattore che, secondo Ole Hansen, responsabile della strategia sulle materie prime della banca danese Saxo Bank, influenza anche il Mercato dei minerali e dei metalli industriali, altra voce importante del paniere.

I prezzi delle commodity sono sempre stati uno degli ingredienti più importanti del cocktail inflazionistico. Negli ultimi tempi, la loro importanza è aumentata molto. Infatti, l’incertezza geopolitica incrementa la loro volatilità a livelli senza precedenti. Ma anche perché, in un’economia altamente globalizzata, ciò che accade in una miniera di rame o in un pozzo di petrolio a migliaia di chilometri di distanza ha più influenza che mai sulla capacità delle famiglie di arrivare a fine mese nei maggiori Paesi importatori; gruppo in cui sia l’Unione Europea sia l’Italia occupano un posto di rilievo.

La discesa dei metalli

Il crollo dei prezzi dei metalli è più che altro una risposta alla relativa debolezza del ciclo economico cinese, con il settore delle costruzioni, un tempo potente è ora intattivo. La minore domanda sgonfia i prezzi, osserva María Romero, managing partner per l’economia di Analistas Financieros Internacionales (AFI). Ad esempio, l’acciaio, materiale essenziale in innumerevoli processi, nelle ultime settimane è addirittura tornato ai livelli del 2020. Il ferro e l’alluminio hanno perso quasi la metà del loro valore rispetto ai picchi dell’estate 2021 e dell’inverno 2022, rispettivamente.

Il peso dell’oro e la debolezza del dollaro

Vi sono due ragioni, che suggeriscono che il calo reale delle commodity sia maggiore rispetto all’indice Bloomberg. Il primo è l’elevato peso dell’oro, che scambia ai massimi storici e rappresenta quasi un quinto dell’indice selettivo, ma il cui peso reale è residuale nei consumi delle famiglie: il suo utilizzo è limitato ad alcuni segmenti dell’industria e alla gioielleria. Per il resto è una riserva di valore.

Il secondo è il tasso di cambio. L’euro è scambiato a 1,08 dollari e ha toccato quota 1,1 a fine novembre, ben lontano dall’1,05 di appena due mesi fa e lontano anni luce dal settembre 2022, quando perse la parità per la prima volta in due decenni. L’importanza del biglietto verde per l’inflazione è fondamentale: ad eccezione del gas naturale, praticamente tutte le materie prime che l’Europa importa sono prezzate in questa valuta. Pertanto, quanto più forte è la valuta statunitense, tanto più costoso sarà il conto delle importazioni dell’Italia e degli altri Paesi vicini. ©

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Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “il punto sui Mercati”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]