Il fatturato generato nel 2022 dalle vendite dei beni di lusso dei primi cento gruppi al mondo, secondo lo studio Global Powers of Luxury Goods 2023 di Deloitte, è di 347 miliardi di dollari, 42 miliardi in più dell’anno precedente, con una crescita del 20% e un profit margin del +13,4%. Il Made in Italy è ancora fortemente rappresentato in classifica, con 23 aziende tra le top 100 e un tasso di crescita medio del 19,4%. Ma il primato resta francese, con 4 aziende in top 10. La crescita del settore della moda è favorita dall’influenza trasformatrice della GenAI, che potrebbe portare i professionisti del settore del lusso a ottenere una serie di benefici. La tecnologia può contribuire alla progressione dell’industria verso l’economia circolare, attraverso l’adozione dei criteri ESG e portando al miglioramento del rapporto tra le aziende e i clienti. Infine, la diffusione degli strumenti digitali sta contribuendo progressivamente a plasmare i negozi del futuro, che, pur conservando nella loro fisicità un importante valore esperienziale, dovranno essere non solo digitali, ma anche sostenibili per risultare più attraenti. «Nel 2020, quando abbiamo fondato la Startup, non si parlava così tanto di intelligenza artificiale. Soprattutto nella moda, un settore che per quanto sembri all’avanguardia in realtà è ancora saldamente ancorato a quelle che sono le sue origini. È stato fortemente disruptive unire i due concetti, non tutti riuscivano a percepirne il valore», dice Arianna Pozzi, CEO di Gaiamyfriend, piattaforma che sfrutta l’intelligenza artificiale per consigliare scelte di abbigliamento in base al mood degli utenti.
Come è nata l’idea che ha portato alla nascita di Gaiamyfriend?
«L’idea mi è venuta a 15 anni e ne sapevo veramente poco di tutto questo mondo però per fortuna, nel frattempo, vinsi la borsa di studio per partecipare al percorso di Startup University che mi ha dato tutti gli strumenti, anche a livello teorico, per portare avanti al meglio la mia idea. Il mio era tutto un learning by doing, ma mi servivano anche delle basi».
Quali sono state le tappe successive?
«Rilasciammo la prima versione per il pubblico, che all’inizio era solo il sito con la funzione di caricamento dei vestiti nell’armadio. Poi, a marzo 2020, avevamo programmato il rilascio vero e proprio delle funzionalità, ma arrivò il Covid-19. Non abbiamo mollato, abbiamo comunque effettuato questo rilascio e in realtà il feedback che riscontrammo era molto positivo. Le ragazze cominciavano a utilizzare Gaia e la vedevano come un modo per sognare cosa indossare quando avrebbero potuto finalmente uscire da casa».
In quel periodo i social cominciavano a essere sempre più utilizzati…
«In concomitanza con le ondate di registrazioni che abbiamo ricevuto, ci sono stati alcuni video su TikTok che alcune ragazze avevano realizzato parlando della Startup, in modo totalmente gratuito. Insomma, cominciavamo a ottenere i primi riscontri positivi. In seguito, Yoox è stata la prima piattaforma a credere in noi. Da quel momento i prodotti che prima l’utente poteva solo vedere potevano essere anche acquistati».
C’è anche attenzione all’ambiente…
«Tra i cambiamenti più recenti abbiamo rilasciato una nostra collezione sostenibile, ancora acquistabile sul sito. Si tratta di una collezione realizzata con un brand che realizza prodotti interamente sostenibili. Sono circa un centinaio tra t-shirt e felpe realizzate con materiali organici o riciclati. Infatti, ci sono alcune magliette realizzate proprio con pezzi di altre t-shirt».
Da dove nasce il nome?
«Volevamo che Gaia non fosse un’entità a sé, ma un’amica per gli utenti. Se ti dico “Gaia mi ha consigliato l’outfit” è facile pensare a una persona reale. C’erano diversi nomi papabili, ma la scelta è stata per Gaia perché al centro porta quello che è il cuore poi della Startup, ossia l’intelligenza artificiale. Infatti, le lettere centrali sono AI, Artificial Intelligence. Questo è stato il gioco dietro».
In che modo mettete al centro le emozioni?
«Sono il cuore dell’applicazione. Tutto si basa sullo stato d’animo dell’utente. Viviamo nell’era dei social, siamo costantemente bombardati da consigli e da influencer, ma è comunque difficile trovare qualcuno che esprima qualcosa di suo. Il valore di Gaia invece è essere proprio una commessa virtuale, un’assistente sempre disponibile a qualsiasi ora e in qualsiasi momento».
Da amica virtuale, potrebbe modificare la quotidianità?
«Più che cambiarla, potrebbe sicuramente semplificarla. Quando non c’è tempo per andare nel proprio negozio di fiducia per un parere, tutto sommato c’è Gaia che può consigliare. Sostituirla al 100% io sono sempre stata contro. Oppure per esempio quante ore perdiamo online a cercare la felpa perfetta, tra milioni di prodotti su cui navigare, con Gaia questo è tutto molto più facile».
Gaia offre sia consigli sia possibilità di acquisto e condivisione…
«Esatto, una volta effettuata la registrazione si possono caricare i vestiti nell’armadio virtuale, offrendo anche la possibilità di evitare gli sprechi, non incorrere nel fast fashion e tenere sotto controllo i propri acquisti. Poi può sia abbinare i capi caricati sull’app sia consigliare i vestiti dei brand affiliati, i prodotti della collezione e vestiti simili alle foto caricate. Infine, è possibile condividere l’outfit all’interno della community e ricevere un feedback. Quest’ultimi però sono sempre dal punto di vista emotivo, abbiamo voluto togliere il concetto del like o dislike anche per evitare fenomeni di bullismo dal momento che ci riferiamo a un target abbastanza giovane. C’è molta attenzione al benessere psicologico. Oltre all’assenza dei like, gli outfit sono consigliati in base al mood, andando a valorizzare i momenti di felicità o aiutando nei giorni in cui non siamo soddisfatti di noi stessi».
Possiamo definirla la prima intelligenza artificiale femminile?
«Sì, Gaia con l’aiuto dell’intelligenza artificiale in realtà riporta la moda alle origini, quando i vestiti venivano consigliati ad hoc perché la moda era una cosa per pochi. Con l’innovazione si riesce però a tornare anche un po’ al cuore della moda, quello per cui è nata».
Come è cambiato il Mercato rispetto agli inizi?
«Sicuramente c’è molta più attenzione e consapevolezza nei confronti della moda sostenibile, anche da parte delle compagnie fast fashion. È un segnale ma c’è ancora tanto da fare. Con l’emergere della sostenibilità abbiamo di pari passo anche tanto greenwashing. Sono stati fatti tanti passi in avanti ma andrebbe fatta molta più attenzione perché è anche molto più facile cadere in fake news. Serve consapevolezza sia da parte delle aziende sia dei consumatori».
Spesso si dice che i giovani sono svogliati. Lei è un esempio del contrario…
«Quando ero più piccola, c’era gente che storceva il naso quando entravo in una call, ad esempio. Sfido chiunque a non avere pregiudizi, è normale. La differenza era tra chi rimaneva attaccato ai pregiudizi e chi invece riusciva ad andare oltre. In Italia, siamo ancora molto indietro dal punto di vista dell’imprenditoria giovanile. In questi anni però ho avuto modo di conoscere ragazzi della mia età che si impegnassero da questo punto di vista. Anche i pregiudizi credo siano diminuiti, ci sono più possibilità per le nostre potenzialità e per la nostra voglia di fare. Oltre a me per fortuna ci sono tantissimi altri esempi».
Ci sono state difficoltà a trovare qualcuno che investisse nella Startup?
«Devo dire che ho avuto tanta fiducia intorno a me. Le difficoltà più grandi sono quelle quotidiane. Sono anche quelle che nascono da noi stessi, nei momenti di fragilità o di dubbio».
Ha percepito differenze solo per il fatto di essere donna?
«Neanche troppo, anzi devo dire che l’essere donna mi è più pesato in realtà in contesti in cui c’erano solo donne. Questo secondo me perché molte hanno sofferto per arrivare a ruoli importanti. È come se ci fosse un velo di gelosia, ma soprattutto di timore che qualcuna potesse rubare il posto. Nel mio percorso sono stata fortunata, ho incontrato persone che sono sempre andate oltre al genere».
Ci sono obiettivi da raggiungere in futuro?
«Adesso stiamo lavorando per il miglioramento ulteriore della user experience. Vogliamo portare novità per rendere Gaia ancora più attraente per il pubblico e anche più comoda. Quello che mi auguro è di portare più brand all’interno della piattaforma, magari realtà piccole, italiane e sostenibili».
Articolo tratto dal numero del 1 marzo 2024 de il Bollettino. Abbonati!
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