lunedì, 29 Aprile 2024

La teoria dell’impresa e l’insegnamento di Ronald Coase

Sommario
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Lo studio dei fallimenti di Mercati e Stati è la chiave per affrontare la tempesta geopolitica che rischia di travolgere l’industria. Un insegnamento che arriva dal padre stesso della teoria dell’impresa. «Ronald Coase (1910-2013; economista inglese naturalizzato statunitense, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 1991, ndr) è stato senza dubbio uno degli economisti più influenti del Ventesimo secolo, non solo per il modo in cui ha fertilizzato il suo campo di studio, letteralmente fondando (o rifondando) la moderna teoria dell’impresa, ma anche lasciando un’impronta duratura in altre discipline, a partire dal diritto», dice Carlo Stagnaro, Direttore Ricerche e Studi dell’Istituto Bruno Leoni, di recente autore di Ronald H. Coase, edito da IBL Libri.

L’opera di Coase ha avuto un impatto enorme sull’economia industriale e l’organizzazione dell’impresa. Che cosa manca oggi delle sue idee?

Stagnaro

«La sua intuizione più importante è relativa al concetto di costi di transazione: quei costi, cioè, che bisogna sostenere per effettuare scambi di Mercato. Per esempio, scoprire chi offre o chi desidera un certo prodotto, negoziarne le modalità di cessione, applicare i contratti, ecc. L’esistenza di questi costi spiega perché gli esseri umani si sono dotati di istituzioni quali l’impresa, il Mercato, il diritto, che hanno tra i propri obiettivi proprio quello di contenere tali costi e rendere così possibili gli scambi. Una caratteristica di Coase era la sua estrema curiosità, che lo ha portato a indagare tanti settori diversi e considerare necessario, per fare buona economia, sviluppare una conoscenza della giurisprudenza, del management, della storia.

Così, egli non si è occupato solo di aspetti teorici – come appunto la natura dei costi di transazione – ma è stato artefice di una meticolosa ricerca sui metodi produttivi, le interpretazioni giurisprudenziali, gli standard contrattuali concretamente utilizzati nei vari contesti. Se c’è una lezione metodologica che dovremmo re-imparare, è proprio l’attenzione per i dettagli e per i fatti. La realtà non può essere compresa senza prendere le mosse dai fatti storici che hanno determinato, in un certo tempo, una certa situazione. Infine, Coase ha sempre insistito sul fatto che, sebbene i cosiddetti fallimenti del Mercato siano una realtà con cui dobbiamo confrontarci, non dobbiamo dare per scontato che qualunque intervento pubblico sia automaticamente giustificato dalla loro presenza. Anzi, oltre che dei fallimenti del Mercato, dobbiamo preoccuparci dei fallimenti dello Stato e degli effetti perversi della regolamentazione, ancora più ubiqui e subdoli».

Nel suo libro scrive che le idee dell’economista hanno influenzato le politiche pubbliche (in casi quali l’allocazione tramite aste dello spettro radioelettrico o la creazione di Mercati artificiali per lo scambio dei permessi di emissione) e le decisioni giurisprudenziali. Qual è il suo principale contributo?

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«Come dicevo, si tratta soprattutto di un apporto teorico. Se non ci fossero i costi di transazione – se cioè gli scambi potessero avvenire senza alcun ostacolo, cioè in un mondo perfetto – non avremmo bisogno di queste istituzioni. Questa intuizione è gravida di conseguenze pratiche. Alcune sono state oggetto della ricerca di Coase stesso: per esempio, in un articolo del 1959, egli si chiede perché le frequenze radiotelevisive debbano essere assegnate (come avveniva allora) sulla base di una sorta di selezione amministrativa, basata sull’uso che i richiedenti intendevano fare della frequenza stessa. Coase dimostrò che la società avrebbe tratto enorme vantaggio se le frequenze fossero state assegnate attraverso procedure competitive e, poi, fossero state cedibili a terzi. In tal modo, infatti, chi aveva idee più produttive avrebbe potuto utilizzare quelle stesse frequenze, comprandole.

All’epoca pareva una mera provocazione intellettuale, mentre oggi è la consuetudine in molte parti del mondo, tra cui gli Stati Uniti e l’Unione europea. Altre idee di Coase hanno trovato applicazioni nel tempo e sono state sviluppate da altri. Per esempio, dobbiamo alla sua enfasi sull’importanza di ridurre i costi di transazione l’idea di costruire Mercati artificiali in cui scambiare permessi di emissione: oggi l’Emissions Trading System europeo è il più grande Mercato al mondo per lo scambio della CO2, e uno dei pilastri della strategia europea per la riduzione dei gas a effetto serra».

Potrebbe farci un esempio di costi di transazione?

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«Sono tutti quei costi – a volte espliciti e monetari, a volte impliciti – che dobbiamo sostenere per utilizzare il sistema dei prezzi. Per esempio, se voglio un risotto ho due alternative: farmelo oppure ordinarlo in un ristorante. Se voglio ordinarlo al ristorante, devo sostenere dei costi impliciti, che non sono interamente catturati dal prezzo che dovrò pagare: per esempio devo informarmi sui ristoranti che propongono quel piatto, verificare la disponibilità di un tavolo, affrontare l’incertezza riguardo alla qualità della cucina e degli ingredienti. In alcuni casi, questi costi sono limitati; in altri possono essere talmente elevati dal dissuadermi dall’acquistare quel prodotto. Generalmente, il progresso tecnologico ha l’effetto di ridurli – e una specifica innovazione ha spesso successo proprio perché ha tale effetto.

Per esempio, se mi trovo in una città sconosciuta, oggi posso consultare molti siti che mi informano su quali locali sono disponibili, che menu propongono, quali sono le valutazioni dei clienti e persino sulla disponibilità di posti. In altri casi possono essere delle riforme a diminuire i costi. Per esempio, nel caso citato sopra, dei Mercati dei diritti di emissione, sono gli scambi tra gli emettitori a stabilire chi dovrà effettuare i tagli – e lo faranno i soggetti che hanno i costi marginali più bassi – rendendo possibile e meno costoso raggiungere un obiettivo di politica ambientale che, altrimenti, avrebbe potuto essere raggiunto solo attraverso decisioni politiche arbitrarie e tipicamente inefficienti. In quel caso, l’ottimizzazione deriva dalla creazione di un Mercato artificiale».

Gli sforzi mondiali non sono sufficienti a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione prefissati. Le emissioni climalteranti aumentano invece di diminuire e gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti e impattanti. Le pongo la domanda contenuta nel titolo di un suo libro: come salvare la policy del clima dal fallimento del Governo?

economia green

«Imparando la lezione di Coase – potrebbe essere una buona risposta! Uno dei problemi della politica climatica è che essa è un coacervo incoerente di sussidi e obblighi. Questi riflettono le preferenze degli uomini politici, ma non costituiscono né uno strumento per raggiungere l’obiettivo al minimo costo, né un mezzo per valorizzare le innovazioni tecnologiche. Anzi, il diffuso ricorso ai sussidi rischia di impedire o rallentare il progresso tecnico.

La maggior parte degli economisti ritiene preferibile utilizzare politiche tecnologicamente neutrali, che premino la riduzione delle emissioni a prescindere dallo strumento con cui essa è stata perseguita: per esempio dando un prezzo alle emissioni di CO2, tassando le emissioni o adottando schemi di cap-and-trade come l’Emissions Trading System europeo. In tal modo, è il Mercato a dire qual è il mix ottimale tra rinnovabili, nucleare, efficienza energetica, tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio, etc. Non le convinzioni di chi si trova pro tempore al Governo».

Uno dei maggiori temi legati all’attualità é il passaggio al Mercato libero. Converrà ai consumatori o all’impresa?

«Il Mercato libero dell’energia elettrica e del gas è una grande opportunità per i clienti, perché comporta non solo possibilità di risparmio, ma soprattutto una maggiore libertà di scelta. Siamo abituati a pensare all’elettricità e al gas come mere commodity indifferenziate, ma la libertà di scelta dei consumatori (e di offerta dei venditori) comporta la possibilità di costruire servizi a maggiore valore aggiunto e di associare la fornitura dei prodotti energetici ad altri servizi, per esempio nel campo dell’efficienza energetica. Se il mio fornitore chiede un prezzo unitario leggermente più alto, ma aiuta a consumare meno, sicché la mia bolletta a fine mese sarà più bassa, guadagno io e l’ambiente».

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L’Europa è ancora molto indietro per quanto riguarda gli investimenti in Innovazione rispetto alle grandi potenze, l’AI Act può portare benefici in questo senso secondo lei o rientra in uno dei casi in cui la regolazione rischia di danneggiare l’innovazione e penalizzare l’impresa?

«Una battuta in voga un po’ di tempo fa recitava che gli americani inventano, i cinesi copiano e gli europei regolamentano. Oggi però i ricercatori e le imprese cinesi sono sulla frontiera tecnologica in molti campi, dall’Intelligenza Artificiale al nucleare alle rinnovabili. L’Europa mantiene invece il suo primato dell’area del globo in cui i Mercati sono più strettamente regolamentati. Prima o poi dovremo cominciare a interrogarci se questo eccesso di regolamentazione, specialmente nei settori ad alto tasso di innovazione, dove bisogna sperimentare e fare errori per avere successo, non sia una delle ragioni per cui sembriamo completamente tagliati fuori da questi sviluppi». ©

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