Cambiano le aziende e cambia il lavoro, tra nuove tecnologie, AI e smart working. Ecco come devono mutare anche le qualità e caratteristiche dei manager, imprenditori, leader e professionisti di successo.
Un Identikit che prende forma da analisi, ricerche, sondaggi, e anche da un libro, Vincitori e vincenti, pubblicato da Roi Edizioni e scritto da Pasquale Gravina, già campione di pallavolo e dirigente sportivo, oggi Leadership & Training Advisor. Su un punto sono tutti d’accordo: il leader di successo non teme la sconfitta. Ma come guidare un gruppo verso la vittoria? La capacità di ispirare gli altri è proprio una delle qualità che emergono dal libro. Anzi, di più, è una delle capacità che distinguono il «vincente» dal «vincitore».
La differenza tra vincere ed essere vincenti
«C’è un’enorme differenza tra vincere ed essere vincenti. Vincere è un risultato, l’epilogo di una competizione. Essere vincenti è un modo di interpretare la propria professione e la propria vita, è un mindset».
Qual è la vera differenza?
«Ad esempio, il vincitore è occasionale, il vincente è perseverante. Il vincitore è un predatore, pensa ai vantaggi, il vincente è un conquistatore, guarda agli obiettivi. Il vincitore è arrogante, accentra e controlla, il vincente è rispettoso, delega e guida. Uno vince, ma niente di più, l’altro ispira».
Dunque non basta vincere per essere vincenti?
«Vincere è solitamente la combinazione di duro lavoro, talento e la giusta opportunità. A volte semplicemente capita. Ma vincere non significa essere vincenti, significa averla spuntata. Punto. Altrimenti chiunque vinca potrebbe definirsi vincente. Non è così. Proprio per niente. Il vincente viene definito, oltre che dal risultato, dalla modalità e dalla frequenza con cui lo ottiene».
Il mondo dello sport e quello del business
In tutto questo scenario, che differenza c’è tra mondo dello sport e del business?
«Nello sport tutto è fatto in pubblico, è visibile al pubblico: competizioni, prestazioni, risultati. Non ci si può nascondere, o camuffare, o manovrare. Per questo lo sport – se fatto con lealtà e secondo le regole – è del tutto meritocratico. In questo, c’è grande differenza con il mondo degli affari, dove spesso vengono promosse persone che il resto dell’organizzazione non riconosce, non apprezza o in cui non ha molta fiducia. Questo genera ambienti tossici che a poco a poco distruggono le fondamenta di una squadra, lasciando al tempo il verdetto, inevitabilmente impietoso».
Un’altra differenza?
«Quando fai sport, una delle certezze è che sai bene chi è il tuo avversario: ha la maglia diversa dalla tua e ti alleni tutti i giorni per migliorarti e batterlo. Faccio appena in tempo a staccare il piede dal campo e il mio avversario non so più chi è. Presto realizzerò che spesso è il mio collega o, in alcuni casi, il mio capo».
Come si sviluppa una mentalità di squadra anche in azienda?
«Occorre lavorare sulla cultura. Sono decisivi quattro fattori interdipendenti: le azioni top-down della figura apicale, sistemi premianti coerenti, estrema chiarezza con i collaboratori sugli obiettivi, scelte meritocratiche».
Opportunità e incertezza
Viviamo e lavoriamo in un mondo in cui, a differenza del passato, diversi fattori cambiano molto e a grande velocità. Come ci si prepara a questa incertezza?
«Sembra che la storia stia virando verso alcune caratteristiche dello sport system, il più avanzato laboratorio a cielo aperto del mondo. Le tre più grandi transizioni in atto – demografica, ecologica e tecnologica – generano continue opportunità, ma allo stesso tempo portano rapidamente all’estinzione di milioni di posti di lavoro. Questo livello di incertezza è da sempre la normalità dell’attività sportiva in cui sono cresciuto».
Come rispondere?
«Nessun atleta di alto livello può pensare di conservare un risultato semplicemente replicando il passato, perché la dimensione pubblica della sua performance consente agli avversari un apprendimento veloce che li avvicina rapidamente al suo livello. Lo sport è un ecosistema virtuoso che fisiologicamente spinge alla continua evoluzione».
Qual è lo schema trasferibile al mondo del lavoro?
«Questa costante tensione al miglioramento non è affatto innata e patrimonio di persone speciali, bensì il risultato di una rigorosa formazione culturale. Il codice sportivo trasforma la fatica dell’aggiornamento continuo in normalità. Questo è il grande insegnamento dello sport da cui il mondo del lavoro può trarre un prezioso suggerimento: diffondere, favorire e sostenere la disciplina dell’allenamento continuo genera un nuovo equilibrio che diventa lo standard».
Vincenti nel mondo del lavoro
Come si fa a essere sempre interessanti per il Mercato del lavoro?
«Con l’allenamento. La strada maestra è la formazione continua che, per essere efficace, deve rispondere a due criteri: qualità e partecipazione. La qualità si ottiene pensando, progettando e proponendo contenuti e metodi disegnati sulle specifiche esigenze della persona, attraverso modalità coinvolgenti e strumenti moderni. La partecipazione non può che ottenersi con politiche attive del lavoro. Se ricevo un sostegno senza partecipazione e coinvolgimento, non potrà mai essere efficace come quando compio un percorso che richiede uno sforzo per ottenerlo».
Tornando al binomio vincitore-vincente, quali sono altre differenze e caratteristiche?
«Il vincitore non ha mai paura, il vincente sì, ma impara a gestirla. Il vincitore vive di visibilità, il vincente di consapevolezza. Il vincitore si occupa di prezzo, il vincente di valore. Il vincitore considera la sconfitta inaccettabile, il vincente inevitabile. Il vincitore punta a non cadere mai, il vincente a rialzarsi sempre. Il vincitore è ossessionato dalla sua immagine, il vincente dalla possibilità di evolvere».
Vi viene in mente qualcuno che conoscete o con cui lavorate?
2 imprese su 5 non arrivano al quinto compleanno
Oltre il 20% delle imprese italiane non supera il terzo anno di vita. Il 40% non arriva al quinto compleanno. Per guidare un team al successo, può essere fondamentale un set di abilità variegato e versatile
• conoscere i rischi del proprio lavoro e delle proprie attività, saperli valutare e affrontare
• saper chiedere aiuto e sfruttarlo appieno: in media, in Italia, un imprenditore di successo su 3 si è rivolto a consulenti o mentori per avere supporto nella propria attività. Guardando alle realtà che hanno chiuso i battenti il rapporto scende a 1 su 7.
• meno supervisione, più collaborazione. In un mondo sempre più complesso, una sola persona non può possedere tutte le competenze tecniche necessarie per ogni evenienza, quindi è importante avere l’abilità cognitiva per unire i puntini, e la capacità personale di collaborare
• tenere i conti in ordine: per 7 fallimenti su 10 sono letali i problemi finanziari, mancanza di liquidità o difficoltà di accesso al credito.
• avvalersi delle nuove tecnologie, ad esempio per monitorare la stessa situazione finanziaria: il 58% delle piccole imprese vincenti che ha superato la crisi negli anni scorsi utilizzava software gestionali; al contrario, solo il 14% delle aziende fallite utilizzava questi strumenti.
• bilanciare vita lavorativa e privata: il 60% degli imprenditori valuta il tempo con amici e parenti come cruciale anche per la propria efficienza sul lavoro; il 55% non rinuncerebbe mai a staccare la spina nel week-end per dedicarsi a loro. (Fonte: Danea)
Ecco i 5 stili manageriali vincenti
1) aperto al cambiamento
2) coinvolge i collaboratori, vuole farli crescere e non sfruttarli
3) si espone in prima persona, non spinge alla competizione
4) innovatore, ricerca l’armonia di squadra
5) il «maestro», che ama capire come stanno i fatti, imparare cose nuove e che invita anche i collaboratori all’apprendimento (Fonte: Open Mood)
Leader: le altre capacità e competenze necessarie
• Empatia. Con l’automazione dei compiti ripetitivi, leader e manager devono essere in grado di comprendere e rispondere ai bisogni e alle preoccupazioni del loro team, creando un ambiente di lavoro positivo e di supporto. «L’empatia aiuta i manager a identificare e affrontare tempestivamente i segnali di stress e insoddisfazione tra i membri del gruppo», rimarca Davide Boati, Senior executive director di Hunters Group, «e li rende in grado di gestire i conflitti in modo più efficace, valutando le diverse prospettive».
• Adattamento. Le tecnologie e l’AI (Artificial intelligence) evolvono rapidamente. Per questo imprenditori e manager devono essere flessibili e pronti a imparare e implementare nuove soluzioni, oltre a guidare la squadra attraverso questi cambiamenti.
• Pensiero critico. Dirigenti e leader aziendali devono essere in grado di valutare criticamente le informazioni fornite da reti digitali e AI, prendere decisioni informate e risolvere problemi complessi che richiedono un giudizio umano.
• Interpretazione dei dati. I manager devono comprendere i dati generati dall’AI, identificando tendenze, modelli e anomalie che possono influenzare le decisioni aziendali. «Prendere decisioni supportate da un’analisi rigorosa dei dati riduce i rischi associati alle decisioni aziendali e permette di usare queste informazioni per giustificare le scelte e dimostrare il valore delle proprie strategie».
• Capacità di ispirare e motivare. Essere in grado di ispirare e motivare il proprio Team è una competenza fondamentale per un imprenditore, manager e leader aziendale. Questa soft skill non solo favorisce un ambiente di lavoro positivo, ma è anche cruciale per il successo a lungo termine dell’azienda. (Fonte: Hunters Group) ©
📸 Credits: Canva
Articolo tratto dal numero del 15 settembre 2024 de Il Bollettino. Abbonati!