La Germania trema e l’Italia trattiene il fiato: la crisi tedesca sconvolge anche i nostri equilibri regionali.
E mentre Berlino si prepara a elezioni anticipate per tentare di arginare il declino, tra le Regioni italiane c’è chi registra una discesa nelle esportazioni e chi beneficia con un trend in crescita.
PIL tedesco in calo
Il PIL previsto in calo dello 0,1% nel 2024 e una debole ripresa dello 0,8% nel 2025 sono solo una risonanza rispetto alla recessione che ha travolto il settore dell’automotive, trainante in Germania. La domanda internazionale debole, la contrazione del manifatturiero e la concorrenza dei Mercati asiatici hanno portato a una recessione strutturale.
Volkswagen, il principale colosso automobilistico europeo, ha annunciato la chiusura di alcuni stabilimenti, un evento senza precedenti nella storia dell’iconica casa automobilistica tedesca. Anche l’acciaieria Thyssenkrupp, con oltre 200 anni di tradizione, è stata costretta ad un drastico ridimensionamento, avviando il licenziamento di migliaia di dipendenti. Continental sta cercando di riorganizzarsi finanziariamente, vendendo la divisione dedicata ai prodotti per l’automotive. Il cantiere navale Meyer Werft, anch’esso operativo da oltre due secoli, ha evitato il fallimento solo grazie a un intervento pubblico statale che ha permesso di varare un piano di salvataggio.
Il sistema industriale tedesco vacilla e la crisi si è allargata anche alla politica.
Una crisi anche politica
Sulla base delle enormi difficoltà economiche sono nate divergenze politiche, che sono diventate vere e proprie spaccature. La situazione è esplosa quando il Cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha deciso di licenziare il Ministro delle Finanze, Christian Lindner, leader dei liberali e uno dei principali alleati della coalizione.
La rottura è stata determinata dall’incapacità di trovare un compromesso sulle misure da adottare per risollevare l’economia tedesca, evidenziando un crescente conflitto interno alla coalizione. Da qui, la decisione di ricorrere alle elezioni anticipate, fissate, come riporta il quotidiano Der Spiegel, al 23 febbraio 2025.
Le conseguenze per l’Italia
La Germania è il principale partner commerciale dell’Italia. Nel 2023, le esportazioni italiane in terra tedesca sono diminuite del 3,6%, attestandosi a 74,65 miliardi di euro rispetto all’anno precedente. Questo calo è attribuibile alla contrazione della domanda tedesca, che influisce negativamente su settori chiave del Made in Italy, come l’automotive, la meccanica e l’agroalimentare. Ma quali sono le Regioni più colpite?
Le Regioni italiane più colpite
Quelle con un maggiore rapporto tra export in Germania e PIL italiano, nei primi sei mesi del 2024 si registrano forti cali dell’export manifatturiero. In testa alla classifica c’è l’Abruzzo con il -14,0%, segue Piemonte al -11,4%, chiudono Friuli-Venezia Giulia con -10,5% e Veneto al -9,3%. Ampi cali anche in Lombardia con -5,6% ed Emilia-Romagna con -4,7% (fonte 31° report di Confartigianato).
Tra le città italiane si registrano cali a doppia cifra delle vendite sul Mercato tedesco a Torino con -22,2%, Brescia al -15,3%, Roma con -15%, Chieti al -13,8%, Varese con -12,5%, Vicenza con -12% e Treviso al -10,5%. In tenuta Monza e Brianza.
In controtendenza, invece, si osserva un aumento dell’export in Germania in Trentino-Alto Adige con +9,1% e Toscana con un +7,0%. Anche alcune città rilevano segnali positivi sulle vendite nel Mercato tedesco: Bolzano con +13,9% e Firenze con +21,8%.
Le ragioni sono probabilmente da attestare alla grande produzione industriale di Regioni come Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna, che risentono maggiormente del calo della domanda da parte dei comparti tedeschi dell’automotive e del manifatturiero.
L’ombra cinese
Un’altra delle principali fragilità strutturali dell’economia tedesca è la sua forte dipendenza dalla Cina, che rappresenta uno dei Mercati più cruciali per i prodotti tedeschi e una fonte primaria di materie prime per l’industria.
Un caso emblematico è quello di Volkswagen: il 40% delle sue vendite si concentra in Cina, da cui proviene anche una quota significativa dei componenti utilizzati nella produzione. Questa dipendenza spiega perché la Germania sia stata tra i paesi più contrari all’introduzione di dazi europei sulle auto elettriche cinesi, temendo ripercussioni dirette sul proprio settore automobilistico.
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