Che cosa ci aspetta in tema di inflazione e, in generale, sotto il profilo economico-finanziario nel 2022?
«L’economia mondiale, per usare una espressione coniata l’anno passato dall’Economist, è ancora una ‘90% economy’», dice Luigi Buttiglione, Fondatore di LB-Macro, una societa’ internazionale di consulenza macroeconomica, in precedenza capo Economista di Brevan-Howard, uno dei primari fondi internazionali, e della Banca Barclays Capital, nonche’ economista del Servizio Studi della Banca d’Italia e membro del Comitato delle Previsioni della BCE.
«Il mondo non è ancora tornato alla ‘normalità’ pre-Covid e probabilmente ci vorrà ancora del tempo perchè lo faccia, anche se la vaccinazione da un lato, e le politiche economiche – fiscali e monetarie – dall’altro, hanno sicuramente aiutato ad evitare scenari ben peggiori. Il sentiero di uscita dalla crisi, profondissima, del 2020 è stato sicuramente migliore rispetto a quelli dalla crisi finanziaria del 2008-09 e a quella dell’EURO del 2012.
Le attese sullo scenario globale, economico e finanziario, formulate sia dai mercati sia dalle banche centrali. Sono probabilmente troppo ottimistiche, estrapolando sul 2022 tassi di crescita simili a quelli del 2021, quando l’attività beneficiava del rimbalzo successivo alle fasi piu’ acute di ‘lockdown’. Ad esempio, gli shocks di offerta conseguiti alla crisi e che hanno prodotto un brusco rialzo dei prezzi, si tradurranno nel 2022 in una riduzione dei redditi delle famiglie, della loro capacità di spesa e quindi della crescita dell’economia, cosi come altri fattori: dall’inizio dei consolidamenti fiscali e monetari, alla Cina, per non parlare dell’elefante nella stanza, ossia del perdurare della incertezza legata al virus».
Molti pensano che l’inflazione sia un fenomeno temporaneo. Lei?
«Anche io, soprattutto nell’area dell’Euro, dove l’inflazione è stata sospinta unicamente da fattori di offerta, quali il rialzo delle materie prime, l’aumento dei costi e l’allungamento dei tempi di consegna degli input di produzione in arrivo soprattutto dall’Asia. Ma i nostri indicatori suggeriscono che questi effetti hanno raggiunto il loro picco e si stanno riassorbendo, anche se ci vorrà tempo perchè ciò raggiunga il consumatore finale. Inoltre, nell’area dell’Euro non vi sono segnali di effetti di ‘second round’ sui salariali e le aspettative d’inflazione, verso livelli non compatibili con gli obiettivi della BCE.
In altri termini, abbiamo assistito a un forte rialzo dei livelli dei prezzi, che sicuramente fa male alle famiglie e alle imprese, ma questo non dovrebbe tradursi in una accelerazione del processo inflattivo nel medio periodo, che è l’obiettivo della Banca Centrale. Si è trattato di inflazione di breve durata e ‘cattiva’, una ‘tassa’ per le famiglie cui, giustamente, la BCE non aggiunge ulteriori sofferenze aumentando i ‘tassi’».
Le banche centrale stanno cambiando impostazione di politica monetaria. Però ciascuna adotta una strategia propria. Cosa ci possiamo aspettare?
«La Fed e la BCE stanno adottando politiche differenziate, ma coerenti fra loro e con le diverse fasi del ciclo economico: di riduzione più rapida della espansione monetaria per la Fed, coerente con una situazione economica caratterizzata da domanda e inflazione più elevate, più lenta per la BCE, coerente con una economia dai fondamentali più deboli e con la preoccupazione, giusta, che nel medio periodo l’inflazione europea sia più bassa, piuttosto che più alta del suo obiettivo strategico del 2%. Da un lato, una stretta più aggressiva della politica monetaria avrebbe un impatto limitato sui fattori che guidano attualmente il rialzo dei prezzi in Europa, ma dall’altro rischierebbe di fare molto danno all’economia e alla sua capacità di raggiungere l’obiettivo del 2% per l’inflazione di medio periodo».
E l’Italia?
«In questo momento l’Italia è fra le economie che crescono di più al mondo, anche se, va detto, non ha ancora colmato il ‘buco’ creato dalla crisi del 2020 e viene da due decenni disastrosi. Sicuramente l’Italia sta beneficiando di un’effetto Draghi’: dopo una serie di Presidenti del Consiglio di cui non essere particolarmente orgogliosi, il Paese sta beneficiano dell’opera di un Primo Ministro che, senza piaggeria, si può definire uno dei migliori al mondo.
Inoltre, la politica della BCE, coadiuvata dall’opera di un altro italiano di valore, Fabio Panetta – membro del Consiglio Direttivo – ha sicuramente favorito l’uscita dell’Italia dalla crisi. Guardando avanti, però, una azione di risoluzione dei problemi strutturali del Paese risulta ancora necessaria – e in questo l’azione dei partiti non autorizza molta fiducia – mentre l’inizio, a seguito della crisi Covid, di un processo benche’ parziale di ‘de-globalizzazione’ e ‘ri-localizzazione’ di produzioni spostate nei decenni precedenti al di fuori dei nostri confini, dovrebbe aiutare l’Italia». ©