giovedì, 25 Aprile 2024

L’Ue delude nella lotta al gender gap in azienda. Carrara, Mazars: «Donne e uomini uniti per colmare il divario»

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gender diversity

A puntare il dito contro il gender gap nelle aziende, ammettendo il fallimento delle politiche per contrastarlo messe in campo negli ultimi dieci anni, arriva il monito della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E l’Italia tiene il passo in questa marcia lenta e poco efficace. La percentuale di donne CEO nel 2021 è scesa al 3%, un punto in meno rispetto all’anno precedente. E sono il 52% le aziende che, a partire dal 2020, hanno visto decrescere il loro Gender Diversity Index. Lo studio europeo presentato dalla European Women on Boards fotografa così la situazione italiana in materia di rappresentanza di genere nei vertici aziendali. Una condizione dettata in buona parte da tenaci retaggi socio-culturali che a volte finiscono per condizionare il modo in cui una donna si pone di fronte alle sue prospettive di carriera, come sottolineato dalla numero uno della Commissione.

«Sarebbe molto utile far crescere nelle donne la consapevolezza del proprio potenziale e sensibilizzarle al tema della gender diversity già all’inizio della loro carriera, con momenti di condivisione e ascolto», dice Silvia Carrara, Audit partner e funzione tecnica in Mazars, key player globale nell’ambito della consulenza e della revisione contabile. «Il fatto di vedere molti uomini e pochissime donne al tavolo delle riunioni che contano in qualche modo lavora nella nostra psiche e può farci pensare che le donne debbano scegliere tra famiglia e carriera, trovandosi davanti a un bivio. Ma non è così: è importante essere consapevoli che noi donne possiamo raggiungere determinate posizioni senza essere per forza delle superwoman».

Come si declina questa consapevolezza nella vita reale, professionale e personale?

«Io uso una parola “magica” che è “organizzare”. Questo significa cercare in modo proattivo degli aiuti, la famosa “rete”, in modo che tutto il peso non ricada su di sé. Io sono mamma di figli ormai abbastanza grandi, 16 e 24 anni, e il fatto che siano in questa età mi aiuta a capire determinate dinamiche e a rapportarmi in modo più facile con i ragazzi anche in ambito professionale. Noi come società di revisione e di consulenza siamo attrattivi per le giovani leve e il fatto di conoscere tramite i miei figli la realtà delle nuove generazioni può diventare un vantaggio competitivo. Mi piace vivere il mio mondo professionale e personale a 360 gradi e credo che questo sia un plus delle donne, una visione globale che non pone dei limiti o dei cassettini, e tramite il nostro spirito di organizzazione ed empatia possiamo davvero raggiungere gli obiettivi che ci poniamo, sia in ambito professionale sia in quello personale».

Esistono disparità in termini di rappresentanza ma anche di trattamento economico. Secondo il Gender Gap Report 2021 di JobPricing, a parità di mansione lo stipendio lordo annuo di una donna è inferiore dell’11,5% rispetto a quello dei colleghi uomini. Un divario nel mondo del lavoro che, con le attuali tendenze, il World Economic Forum stima potrà essere colmato in 267,6 anni…

«Questa disparità porta a volte le donne a fare scelte in favore della sfera familiare rispetto a quella professionale, magari dettate da un momento di rabbia. Perché se viene richiesto lo stesso sforzo e lo stesso impegno ci si aspetta di ricevere lo stesso riconoscimento. Credo che sia importante affrontare la realtà, parlarne apertamente e avanzare richieste a chi è responsabile della decisione. Spesso mi viene detto da colleghe e colleghi che le donne non avanzano richieste in materia di promozione, come se ci fosse una paura recondita, paura che gli uomini non hanno. Credo che il gap salariale sia uno dei KPI che le aziende devono monitorare in ambito gender diversity e intraprendere delle azioni per colmarlo. Io parlo da una prospettiva forse privilegiata rispetto a quella che è la realtà di altre aziende, però il tema c’è e va affrontato. Anche questo fa parte del concetto di sostenibilità di un’azienda».

Posizione forse privilegiata perché la sua realtà è molto attiva in tema di gender equality sul lavoro

«Il tema della diversity inclusion è un tema caldo non solo in ambito italiano ma anche in ambito internazionale. Lo scorso anno è stato istituito il gruppo di lavoro Diversity and inclusion che agisce per raggiungere gli obiettivi che l’azienda si è prefissata per il 2024 in termini di aumento della quota femminile nella partnership internazionale. Come? Prima di tutto evidenziando i gap che esistono, e poi proponendo strategie per raggiungere l’obiettivo e continuare su questa strada virtuosa. Si è arrivati alla creazione di una checklist che il managing partner sta compilando per fotografare la situazione attuale. C’è una focalizzazione sul tema a livello di gruppo, non solo a parole ma anche nei fatti.
Inoltre, in ambito italiano, faccio parte, insieme a tutte le partner e alle senior manager, della Gender Diversity Committee. Le senior manager ad oggi sono le figure che hanno le caratteristiche professionali e personali per diventare partner: lo scopo di coinvolgerle è sensibilizzarle sul percorso per diventare partner. Condividere obiettivi e scardinare paure, far sentire che l’azienda c’è e ci sono anche le partner per supportarle e accompagnarle nel loro cammino».

Come si pongono in questo contesto i colleghi maschi?

«L’obiettivo di avere una maggior presenza femminile nella partnership è stato deciso a livello di gruppo e quindi non possono che essere favorevoli. A livello poi di singole persone ci sono diversi approcci. Credo che anche in questo caso sia fondamentale la condivisione. Il punto è andare a scardinare dei comportamenti che rispondono a logiche “antiche”, non tramite il muro contro muro ma con un percorso comune. Credo che il gruppo Diversity and inclusion, che in realtà ha un’accezione più ampia rispetto ai soli gender maschile e femminile, possa fare da propulsore per innescare anche negli uomini comportamenti favorevoli e collaborativi».

Donne e uomini camminano fianco a fianco…

«Assolutamente. Non credo a un mondo di donne contro uomini ma a un mondo di donne con uomini. Oltre a comuni caratteristiche professionali, ognuno di noi porta quelle personali. Credo che le capacità più tipicamente femminili di ascolto, empatia, visione globale possano contribuire a dare un valore aggiunto non solo al rapporto donna-uomo ma anche alla partnership integrata tra professionisti e sicuramente ai nostri clienti».

Sara Zolanetta

LinkedIn Sara Zolanetta

Twitter @fataverdina

Foto: Silvia Carrara

Laureata in Scienze ambientali all’Università di Milano Bicocca, ho frequentato un master in Comunicazione scientifica e quello in Giornalismo della Scuola “Walter Tobagi/Ifg”. Dal 2011 sono giornalista professionista. Ho lavorato come freelance e autrice televisiva per media nazionali e internazionali. Nel 2013 mi sono trasferita in Israele come corrispondente per testate italiane. Dal 2019 insegno Linguaggio audiovisivo e Videogiornalismo alla Civica Scuola di Cinema “Luchino Visconti” di Milano. Per il Bollettino mi occupo della redazione web e dei canali social. 📧 [email protected]