giovedì, 25 Aprile 2024

La Cina si schiera: il vero volto del Dragone nel conflitto Russia-Ucraina

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Non si sbilancia, la Repubblica Popolare. Non punta il dito contro l’invasione di Putin, ma ribadisce il sostegno all’integrità territoriale ucraina e prova a fare da mediatore. Come nel 2014 sulla Crimea, che peraltro non ha mai riconosciuto, la Cina si è astenuta sulla risoluzione di condanna alla Russia delle Nazioni Unite. Ma allo stesso tempo sta provando a premere su Mosca per farla trattare con Kiev. Una sorpresa per chi pensava che la quasi alleanza tra le due potenze rosse avrebbe retto alla prova del campo. E poi ci sono le parole del ministro Wang Yi. «L’attuale situazione in Ucraina è qualcosa che la Cina non vuole vedere e tutte le parti devono astenersi dalle ostilità», ha detto il capo della diplomazia del Paese asiatico.

PECHINO NEGA L’INVASIONE

L’astensione sulla risoluzione ONU risulta coerente con la linea di non interferenza negli affari esteri adottata dalla RPC. Ma è pur sempre vero che mentre il mondo condanna l’azione militare russa, la Repubblica Popolare tira il freno. «Invasione? Si tratta di un uso preconcetto delle parole e del tipico stile di fare domande dei media occidentali», ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying. Forse, durante l’incontro del 4 febbraio tra Putin e Xi, potrebbero non essere stati condivisi tutti i dettagli sul piano d’intervento. Possibile, come sostengono diversi analisti, che a Pechino ci si attendesse un’operazione circoscritta alla regione del Donbass. Qualcosa di simile a quella “piccola incursione” a cui aveva fatto riferimento anche Biden e che funzionari e media del Dragone avevano già iniziato a giustificare.

DIPLOMAZIA “ALLA CINESE”

Le autorità del Paese asiatico invitano al dialogo senza schierarsi esplicitamente riguardo alle operazioni militari russe. «La Cina ribadisce il proprio sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale di tutte le nazioni, e questa posizione coerente e chiara si applica anche all’Ucraina», ha dichiarato Wang Yi, in colloquio con l’Alto Rappresentante UE per le Politiche Estere e di Sicurezza, Josep Borrell, con la ministra degli Esteri britannica, Liz Truss, e con Emmanuel Bonne, consigliere diplomatico del presidente francese, Emmanuel Macron. Secondo quanto riportato in una nota del ministero degli Esteri di Pechino, Wang ha riassunto in cinque punti la posizione della RPC. Cinque punti che comprendono, oltre al rispetto della sovranità, anche “un concetto di sicurezza comune, completa, cooperativa e sostenibile”. «Le legittime preoccupazioni di sicurezza degli Stati devono essere rispettate», ha affermato il ministro.

IL VERO NEMICO SONO GLI STATI UNITI

La partnership formale sino-russa basata sull’ostilità nei confronti di Stati Uniti e Nato, che i cinesi continuano a dipingere come i responsabili della guerra, non si è ancora trasformata in un completo allineamento strategico. Per certo, gli interessi di Mosca e Pechino collimano su un punto: la retorica antiamericana. Sul dossier ucraino, i media asiatici non hanno mai criticato Kiev: i “cattivi” sono sempre Washington e la Nato. Per le due superpotenze rosse, magnificare la profondità del rapporto rappresenta una leva negoziale nei confronti degli USA o dei rispettivi vicini. Per questo i passi di allineamento vengono fatti sotto i riflettori, non nell’ombra.

UN PIEDE IN DUE SCARPE

Putin ha scelto di arrivare a Kiev, una mossa che vuole segnalare che il ruolo di fratello minore gli va stretto. Come andava stretto a Mao Zedong durante la guerra fredda. Lo scenario è diverso e l’equilibrismo dell’approccio cinese dimostra la volontà di provare a tenere in piedi il “rapporto speciale” con Mosca, senza però legare il proprio nome a un’azione seguita con insofferenza. Pena il rischio di una recisione totale dei rapporti con l’Occidente e di una forte instabilità su mercati e in regioni nelle quali il Dragone ha interessi economici. Dare all’esterno l’idea di un patto di ferro è considerato un vantaggio strategico da Pechino, ma Xi non vuole interferenze nel suo dominio. Nemmeno se causate da un presunto alleato.

IL CONFLITTO FILTRATO DAL WEB CINESE

Pechino tace, Weibo – il social network più utilizzato in Cina – invece non riesce a chiudere bocca. Mentre le autorità evitano con cautela di esporsi chiaramente e di prendere posizione in maniera esplicita, il popolo digitale è in fibrillazione e da giorni segue con trasporto quanto sta accadendo, commentando – senza troppi filtri – ogni sviluppo della vicenda.

Gli utenti sono divisi. Da una parte, c’è chi condanna la guerra e l’uso della forza per compromettere la sovranità territoriale di un altro Stato ed esprime “empatia e solidarietà” per i “compagni ucraini”. Dall’altra, il parere di chi supporta l’“affascinante Putin”, che avrebbe avuto “già abbastanza pazienza”, e afferma che l’intervento nel Donbass è “comprensibile”.

Ma su una cosa tutti sono d’accordo: i veri nemici rimangono gli USA, responsabili di aver esasperato le tensioni tra Mosca e Kiev. Su questo punto, l’opinione del mondo digitale si allinea dunque a quella del Partito, che più volte ha criticato l’approccio statunitense di interferenza negli affari interni di altri Paesi. «L’America uccide per creare problemi, la Russia per autodifesa», ha scritto un utente. «Adesso la Russia è uscita allo scoperto e, mentre colpisce l’Ucraina, sta dando uno schiaffo agli Stati Uniti. È fantastico! Ovviamente spero che il conflitto finisca presto, così che i compagni ucraini siano al sicuro», ha commentato un altro.

E TAIWAN?

Oggi l’Ucraina, domani Taiwan. Diversi media internazionali non resistono alla tentazione di fare un paragone tra quanto si sta dispiegando nel cuore dell’Europa e un possibile scenario di invasione dell’isola di Formosa da parte della RPC. Una conclusione frettolosa e non supportata dalla retorica del Partito, ma raccolta da Weibo in chiave di ammonimento per i “compagni” oltre lo Stretto.

Uno dei commenti più popolari sul tema, che conta oltre 14 mila like, recita: «Guardate bene piccoli taiwanesi, l’Ucraina sta dimostrando la velocità della guerra moderna: mandare le truppe al mattino, raggiungere l’unificazione per mezzogiorno, nel pomeriggio stiamo già facendo i test molecolari e le carte d’identità, la sera staremo guardando insieme le notizie e il giorno dopo alzeremo la bandiera e canteremo tutti l’inno nazionale». Un avvertimento per la “provincia ribelle” e un “banco di prova per il Partito a valutare costi e benefici” di una riunificazione non pacifica, secondo alcuni utenti.

«Provo empatia nei confronti dei cittadini ucraini, ma Taipei non è Kiev. Non lo è per Pechino», ha rassicurato la presidente taiwanese Tsai Ing-wen. Ma il monito del web cinese resta. ©

Sara Teruzzi

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Foto modificata dall’originale di Chickenonline da pixabay

Nata e cresciuta in Brianza e un sogno nel cassetto – il mare. Ama leggere e scrivere ed è appassionata di comunicazione. Dopo la laurea magistrale in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale, entra nella redazione de “il Bollettino” con un ricco bagaglio di conoscenze linguistiche acquisito durante il percorso scolastico. Ai lettori italiani porta notizie che arrivano da lontano – dall’Asia al mondo arabo.