venerdì, 19 Aprile 2024

Auto, la guerra dà il colpo di grazia al mercato

Sommario

Cinquantamila immatricolazioni in meno. È questo il dato più preoccupante che il mercato dell’auto restituisce a marzo 2022. Un crollo quasi del 30% rispetto allo stresso periodo dello scorso anno e se si allarga l’orizzonte al primo trimestre il calo si attesta sul 24,4%, in pratica circa 110mila immatricolazioni mancanti.

Una situazione che poteva essere prevedibile con gli strascichi della crisi dovuta alla pandemia da Covid-19, ma che è peggiorata anche a causa della guerra in Ucraina. «Si può quasi parlare di tempesta perfetta», dice il Presidente di Federauto Adolfo De Stefani Cosentino.

«Sono tre le condizioni che hanno inciso maggiormente. Al primo posto sicuramente l’indisponibilità di componentistica, al secondo l’attesa per gli incentivi, quindi le persone posticipano gli acquisti, e al terzo il conflitto che ha portato a un calo della propensione al consumo».

CAPITOLO INCENTIVI

Il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha detto che i sostegni non “sono risolutivi, si tratta di una misura emergenziale”. Come intendere queste parole?

«Il rinvio dell’uscita di questi finanziamenti, ha e sta continuando a frenare le immatricolazioni. Per capire quale sia il piano però dobbiamo comprendere che la strategia è pluriennale ed è distinta a seconda delle emissioni delle autovetture: per il 2022 ci si concentra su quelle con le emissioni comprese tra 0-20 g/km di CO2, quindi sui modelli elettrici, con un prezzo di listino inferiore ai 35mila euro più IVA, e quelle con le emissioni 21-60 g/km di CO2, plug-in e full hybrid fino a 45mila euro più IVA, e quelle a 61-135 g/km di CO2, dove rientrano le mild hybrid, ma soprattutto quasi tutte le automobili normali.

Ci sono ancora alcune questioni tecniche da risolvere, che hanno contribuito a rendere aprile un mese con la stessa depressione rispetto al trimestre precedente».

Sempre parlando di incentivi, nel triennio 2022-2024 verranno stanziati 2,2 miliardi di euro, circa 650 milioni l’anno, per l’acquisto di auto e moto elettriche, ma anche ibride e a bassa emissione. Un modo per facilitare la transizione?

«I 650 milioni previsti per l’anno in corso saranno così suddivisi: 250 milioni di euro per le automobili con emissioni 0-20 g/km di CO2, altri 250 per quelle con emissioni 21-60 g/km di CO2 e i restanti 150 per quelle a 61-135 g/km di CO2. Questi ultimi sono quelli che esauriremo prima, ma per un semplice discorso quantitativo, visto che da sole rappresentano più del 60% dell’immatricolato di ogni mese.

Per quanto riguarda la transizione, il discorso è più ampio e bisogna partire dal fatto che gli incentivi siano riservati alle società di car sharing e ai privati.

Ed è proprio sui privati che bisognerebbe insistere, perché nel parco macchine italiano, che conta all’incirca 39 milioni di veicoli, 22 milioni sono Euro4, Euro3, Euro2, Euro1 o Euro0. Il problema è che un possessore di uno di questi veicoli ha una capacità di spesa che si aggira, mediamente, intorno agli 8mila euro mentre una macchina elettrica ne costa 38mila. Il conto è facile: o lo Stato ci mette quei 30mila di differenza oppure il privato quella macchina elettrica non se la compra.

Se vogliamo la transizione verso l’elettrico, bisogna trovare il modo di colmare questo gap economico.

La soluzione potrebbe essere allargare gli incentivi anche alle macchine aziendali, che, da usate, finiscono nel 95% dei casi ai privati, mettendo sul mercato delle automobili nuove alla metà del prezzo. La transizione ecologica deve passare anche dalla fiscalità dell’auto, che deve essere uguale in tutta Europa. L’Italia è l’unica nazione europea dove non si può detrarre l’IVA dalle macchine aziendali».

COME STA ANDANDO LA TRANSIZIONE

Rimanendo concentrati sull’elettrico, quanto ancora resisterà il mercato della benzina?

«Fino al 2035 l’Europa vuole continuare a immatricolare delle automobili endotermiche, quindi credo che fino al 2050 veicoli a benzina sulle strade europee continueranno a girare.

Quando si parla di transizione bisogna ragionare sul medio-lungo termine, passare dai combustibili tradizionali all’elettrico non può essere fatto da un giorno all’altro. Specialmente in Italia, dove il parco auto è tra i più vecchi d’Europa. Un esempio virtuoso è la Germania, che ha investito e continua a investire miliardi per non permettere alle vetture Euro3 o precedenti di circolare. La transizione in Italia non potrà essere veloce come in altri Paesi».

Le case automobilistiche quotate in Borsa come cambieranno – se cambieranno – con il passaggio dai combustibili tradizionali all’elettrico?

«È un periodo particolare per le case automobilistiche quotate in Borsa. Stanno pensando di rivoluzionare il modo di distribuire il prodotto per aumentare la propria marginalità, tanto è vero che l’anno scorso, nonostante abbiano venduto di meno, quasi tutte hanno aumentato il loro valore.

Devono spendere tonnellate di miliardi per passare all’elettrico. Credo che trasleranno gli investimenti sul prezzo di vendita, passando da un prezzo medio di 22.500 euro a 27-28mila euro. E il risultato sarà che ne venderemo di meno».

PREVISIONI SUL FUTURO

Nel primo trimestre del 2022 le immatricolazioni sono state 338.258, il 24,4% in meno rispetto alle 447.245 dello stesso periodo del 2021. E marzo è il nono mese in rosso consecutivo. Si apriranno dei nuovi scenari con l’estate oppure il 2022 rimarrà un anno con il segno meno per il mercato automobilistico?

«Il mercato potrebbe raggiungere 1 milione e 200mila o 1 milione e 400mila immatricolazioni entro la fine del 2022, ma devono entrare in gioco tre variabili fondamentali. Gli incentivi devono uscire velocemente, la disponibilità della componentistica deve tornare sui livelli pre-crisi e deve finire la guerra in Ucraina».

Tra 2020 e 2021 abbiamo assistito anche alla crisi dei microchip e di altri materie prime essenziali per la produzione di automobili. Si sta uscendo da questa situazione o il mercato dell’auto deve imparare a conviverci?

«Credo che il mercato dell’auto non dovrà conviverci per molti anni. Però il 2022 sarà ancora un anno al limite, poiché avremo meno componenti e meno microchip di quelli che ci possono servire. Ne usciremo, ma non ne siamo ancora usciti, tanto è vero che ci sono diversi marchi i cui contratti acquisiti oggi sono per consegne nel 2023».

Alessio Incerti

Linkedin: Alessio Incerti

Twitter: @aleince7

FOTO COPERTINA: Hamza Younas da Unsplash.com

FOTO INTERNO: Adolfo De Stefani Cosentino, Presidente Federauto