Negli ultimi anni è entrato nel vocabolario sportivo un nuovo termine: sportwashing. Ma cos’è di preciso e chi sono le persone o le organizzazioni che sono accusate di praticarlo?
Lo sportwashing è il metodo con cui determinati attori influenti, nella maggior parte dei casi, governi, leader o multinazionali, cercano di migliorare la propria immagine acquistando squadre professionistiche, oppure ospitando eventi sportivi di rilievo, cercando di mascherare le loro attività, specialmente quelle più nascoste.
In particolare nel mirino delle ONG sono finiti gli Stati del Golfo, a partire dal Qatar, che ospiterà i mondiali di calcio alla fine dell’anno.
Ma uno dei casi delle ultime settimane riguarda Investcorp. Il fondo bahreinita si deve difendere dalle accuse di sportwashing mosse dalla Americans for Democracy Human Rights in Bahrain (ADHRB), organizzazione non governativa che si occupa della promozione dei diritti umani nel Paese del Golfo. Secondo la ONG «Investcorp è un fondo da miliardi di dollari, stabilitosi a Manama, ma con clienti da tutto il mondo e da tutti i settori. Quali sono i suoi clienti pubblici e quanti fondi vengono ceduti al governo locale o alla famiglia reale?».
Da anni il Bahrein cerca di migliorare la sua reputazione di regime, mostrandosi come un Paese all’avanguardia, occidentalizzato, sportivo e sanamente competitivo. Ma secondo la ADHRB c’è una figura estremamente coinvolta in questa trattativa, Salam Bin Ibrahim Al Khalifa, presidente dell’Asian Football Confederation e vice presidente della commissione disciplinare della FIFA, noto per le sue posizioni contro i musulmani sciiti, che ha rivestito un ruolo fondamentale nell’assicurare al Bahrein il Gran Premio di Formula 1. L’ONG cita Investcorp, accusando il fondo di essere «costantemente pronto a supportare la famiglia reale in ogni sua ambigua iniziativa».
Alessio Incerti
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