sabato, 5 Ottobre 2024

Rating ESG sempre più attraenti per gli investitori: ma c’è da fidarsi?

DiRedazione

30 Agosto 2022 , ,
Sommario
Rating ESG siriwannapatphotos via Canva.com

Un utile strumento da perfezionare: si possono definire così i rating che valutano le performance aziendali in termini ambientali, sociali e di buon governo. L’attenzione a questi aspetti della governance di un’impresa ha ormai un ruolo centrale nel mondo degli investimenti: sono pertanto necessari i rating per valutare la loro effettiva applicazione. Ma i rating ESG sono strumenti affidabili o, data la particolarità delle metriche da elaborare, i rischi sono maggiori dei benefici?

Definizione dei criteri ESG

Si tratta di principi che, se adottati, impegnano gli amministratori a mettere in pratica una gestione dell’impresa attenta al rispetto dell’ambiente e alle tematiche sociali (relazioni con il territorio, i dipendenti, i fornitori, la comunità con cui si interagisce). Tutto ciò utilizzando modelli di governo societario compatibili con i migliori standard internazionali. E anche con principi etici: parliamo quindi di politiche di retribuzione dei manager, rispetto degli azionisti (quelli di minoranza soprattutto), trasparenza nei processi decisionali.

ESG e mercati: la necessità dei rating

L’attenzione degli investitori verso i criteri ESG è ormai decisamente alta e in continua crescita. Si è posto quindi il problema della misurazione del grado di adesione a detti criteri, andando oltre la retorica e gli annunci. L’adozione di metriche adeguate è un elemento di importanza fondamentale quando ci si riferisce alle tematiche ESG applicate alle imprese. Utilizzando la terminologia adottata in ambito di valutazione del merito di credito, alcune aziende hanno iniziato a pubblicare i rating ESG delle società quotate. Dato che si tratta di un settore che ha visto la luce da poco tempo e che anche in ambito di rating finanziari e revisione contabile si sono verificati errori clamorosi – vedi il caso Parmalat-Deloitte & Touche – è lecito chiedersi a che punto siamo con la qualità dell’analisi e della valutazione dell’adozione dei criteri ESG.

Il problema governance

La ricerca condotta da Banor SIM e School of Management del Politecnico di Milano ha evidenziato che delle circa 210 società quotate a Piazza Affari nel 2020, solo 22 erano coperte da tutte e sei le agenzie di rating ESG (MSCI, Refinitiv, S&P Global, Inrate, Arabesque e Truvalue Labs). Come prevedibile si tratta di quelle a maggiore capitalizzazione, tra cui alcune quotate anche su mercati esteri. Tra i tre pilastri E, S e G emerge che quello in cui le valutazioni risultano più omogenee – quindi con meno differenze e pertanto più affidabili – è il primo, quello relativo ai criteri ambientali.

Il risultato è tutt’altro che inatteso in quanto i KPI – Key Performance Indicator, indicatori chiave di performance – ambientali sono meglio definiti e più facilmente misurabili, soprattutto rispetto a quelli del pilastro G, criteri di governance. Proprio questi ultimi costituiscono la fonte principale della disomogeneità dei rating ESG forniti dalle sei agenzie.

Rating e performance azionarie

L’altro risultato interessante della ricerca riguarda la correlazione tra performance dei titoli e convergenza dei rating ESG. Le azioni delle società con rating più omogenei sono anche quelle con l’andamento migliore in Borsa. Attenzione: dal punto di vista statistico la correlazione causa-effetto non è particolarmente significativa. Ma sembra lecito ipotizzare che gli investitori abbiano premiato i titoli che evidenziano una maggiore convergenza delle valutazioni delle agenzie di rating ESG. Anche da queste considerazioni emerge chiaramente la necessità di migliorare al più presto lo strumento. Occorre infatti eliminare il rumore di fondo generato dalle disomogeneità dei metodi di valutazione adottati. ©

Simone Ferradini

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Foto: siriwannapatphotos via Canva.com