giovedì, 5 Dicembre 2024

Secchi (IFG): «French Tech? La policy sta dando ottimi risultati»

DiRedazione

15 Dicembre 2022 ,
Francia

Anniversario “col botto” per la French Tech. Non poteva esserci traguardo migliore del 2022. A distanza di dieci anni dalla sua “nascita”, il settore ha già raggiunto un record storico. «Si presuppone che il comparto chiuderà l’anno in corso coFn un altro record storico», dice Edoardo Secchi, Presidente e fondatore di Italy-France Group. I cugini transalpini sono diventati leader europei negli investimenti in startup. Il Paese si posiziona al secondo posto in Europa, preceduta solo dal Regno Unito, in termini di investimenti. Nel 2021, quelli in venture capital hanno totalizzato quasi 13 miliardi di euro, mentre nel 2022 si è già toccata quota 12,5 miliardi al terzo trimestre. «Anche l’interesse degli Stati Uniti per il know-how francese è in forte espansione. E gli investimenti americani nelle startup tecnologiche transalpine hanno raggiunto un aumento record del +313% dal 2020 al 2021».

Negli ultimi quattro anni la Francia ha fatto passi da gigante in tema di Intelligenza Artificiale. In particolare, è stata lanciata una strategia nazionale per l’AI. In cosa consiste?

«Uno degli obiettivi del piano Francia 2030, presentato dal presidente della Repubblica è il paese pioniere dell’innovazione nel 2030. Per raggiungerlo, nel 2018 il Governo ha lanciato una strategia nazionale per l’intelligenza artificiale (AI). Seguendo la visione fornita dalla missione Villani, si sono poste le basi per una strutturazione a lungo termine dell’ecosistema dell’IA, in tutte le fasi dello sviluppo tecnologico: ricerca, sviluppo e innovazioni, applicazioni, collocazione e distribuzione sul mercato e intersettoriale, supporto e supervisione dello spiegamento».

Quanto è stato investito?

«Inizialmente dotata di quasi 1,5 miliardi di euro nel periodo 2018-2022, la prima fase della strategia nazionale per l’IA mira a posizionare la Francia come uno dei leader mondiali in questo insieme di discipline scientifiche e tecnologie chiave di elaborazione delle informazioni il comparto consente guadagni sostanziali in termini di competitività o produttività in tutti i settori dell’economia e nei servizi pubblici. Data science, machine learning e robotica costituiscono così la matrice della “Quarta rivoluzione industriale”».

In che modo?

«Promuovendo la creazione e lo sviluppo di una rete di istituti di intelligenza artificiale interdisciplinare, il sostegno a cattedre di eccellenza in AI, il finanziamento di programmi di dottorato e gli investimenti nelle capacità di calcolo della ricerca pubblica (es: il supercomputer Jean Zay). Dal 2018, questa fase si è quindi in gran parte concentrata sul rafforzamento delle capacità di ricerca».

Nelle scorse settimane è stata avviata la seconda fase. Quali sono gli interventi previsti?

«L’8 novembre il governo ha lanciato la seconda fase della strategia nazionale per l’AI, con l’obiettivo di aumentare il numero di talenti formati in questo campo e accelerare il potenziale di ricerca e sviluppo verso il successo economico. Per questa seconda fase si prevede di destinare all’AI un totale di 2,22 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, di cui 1,5 miliardi di euro in finanziamenti pubblici e 506 milioni di euro in cofinanziamenti privati. Nel dettaglio, la formazione rappresenta più della metà dello sforzo (50%). Il 40% degli investimenti è destinato anche a misure di sostegno all’innovazione e a misure economiche. Infine, una quota di quasi il 10% del bilancio è destinata al finanziamento di misure a favore della ricerca scientifica e del trasferimento».

Quanti francesi lavorano nel settore dell’AI?

«Nel 2021 lavoravano circa 13.459 persone che lavorano nelle start-up (per 70mila posti di lavoro indiretti generati). Nel 2022, secondo il censimento di France Digitale dovrebbero essere inserite 9mila unità. Mentre sono 13mila 459 i laboratori di intelligenza artificiale in Francia nel 2021. Questo è il numero più alto tra i Paesi europei. Si contano, invece, 81 startup specializzate in AI nel 2021, in aumento dell’11% rispetto al 2020».

La Legge finanziaria francese per il 2020 consente all’amministrazione fiscale di raccogliere ed elaborare le informazioni pubblicate dagli utenti sui propri profili social per finalità di controllo e di lotta all’evasione. Il fisco francese, è stato in grado di scoprire 20.356 piscine non dichiarate in nove regioni del paese. La tecnologia quanto può essere utile per combattere le frodi anche in altri settori?

«La forza della Francia è quella di aver saputo abbracciare il progresso e l’innovazione piuttosto che cercare di ricreare un’industria manifatturiera che richiede troppi investimenti e un tempo di realizzazione troppo lungo. Per creare una filiera industriale strutturata ci vogliono almeno vent’anni. Il Governo Macron ha avuto l’audacia e il merito di investire nell’industria di domani, nell’alto valore aggiunto è di aver così avviato la trasformazione del panorama industriale francese».

In quali comparti si usa maggiormente l’intelligenza artificiale?

«L’AI si sta sviluppando rapidamente in Francia e riguarda tutti i settori dell’economia: automobilistico, medicina e salute, associazione, ambiente, Fintech, media, aerospaziale e difesa, turismo e marketing».

Quali altri progetti sono stati avviati oltre alla strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale?

«L’8 novembre 2021 Bpi France ha lanciato un bando per progetti (AAP) volto a supportare le innovazioni hardware e software relative alle applicazioni di intelligenza artificiale integrate, dalla loro progettazione alla dimostrazione della loro efficacia in situazioni reali».

Cosa e come si sta posizionando l’Italia?

«Come per ogni attività cruciale allo sviluppo dell’economia e più in generale alla ricchezza del paese che richiede una visione nazionale, la politica è sempre ultima. Se prendiamo l’innovazione, il divario con la Francia e con la Germania è già una realtà e visti gli scarsi sforzi e l’incapacità dei vari governi a porvi un rimedio con politiche ed investimenti, si è preferito guadagnare il consenso pubblico spostando risorse verso soluzioni demagogiche, populiste e di brevissimo termine. Chi dice innovazione, dice futuro. Chi meglio delle giovani generazioni può occuparsi del futuro? L’Italia è l’unica anomalia europea dove i giovani sono sacrificati e spinti ad andarsene perché non si dà loro lo spazio necessario per emergere. Un Paese gerontocratico che ha affossato e continua ad affossare generazioni di ragazzi.
La diaspora degli italiani all’estero ne rappresenta l’effetto e dovrebbe allarmare la classe dirigente sul fatto che l’Italia esporta laureati e importa semianalfabeti. Basti guardare quanto guadagnano i ricercatori/scienziati italiani rispetto ai francesi o ai tedeschi. Il paese ha perso qualsiasi appeal per la ricerca, la tecnologia e lo sviluppo. Gli studenti stranieri preferiscono la Francia, l’Inghilterra o la Germania. Quando si raggiunge un certo punto, la quantità diventerà la qualità e tutto il sistema paese vivrà un impoverimento socio-economico devastante».

Il settore privato può risolvere i problemi cronici del sistema Italia?

«No. Prendiamo per esempio il mondo imprenditoriale. Fatto salvo un ristretto gruppo di imprese capaci di esportare la propria tecnologia all’estero, l’imprenditoria italiana è costituita da piccole e medie imprese con pochissime attività e scarsissima spesa in ricerca e sviluppo. Il made in Italy, pertanto, è associato ad attività a bassa e media tecnologia rispetto ai principali paesi Europei. Rispetto alla Francia, la scienza e la produzione di macchinari sono molto trascurate.
Anche in ambito R&S l’Italia è in grande ritardo se confrontato alle imprese francesi o tedesche; non solo: nei settori tradizionali queste ultime investono molto più di quelle italiane. Ad eccezione dei distretti industriali italiani, il tasso di crescita del valore aggiunto reale, in Italia, rispetto alla Francia o alla Germania, rappresenta un divario rilevante, dato dalla relazione fra gli investimenti in R&S e le capacità di fare imprenditoria di successo. La totale mancanza di una classe dirigente capace di comprendere e di anticipare le sfide innovative future, ha ridotto fortemente la competitività del Paese».

Quali sono state le conseguenze?

«Lo Stivale si è seduto sulla sua industria manifatturiera e non è capace né di diversificare né tantomeno di valorizzare la propria industria. Lo dimostra il numero di imprese nazionali che decidono di vendere perché consapevoli di aver perso negli anni il proprio vantaggio competitivo o semplicemente perché non riescono a crescere quanto le imprese francesi o tedesche. Il “piccolo è bello” è un concetto certo romantico ma completamente superato e anche “obsoleto”. Che piaccia o no, le imprese devono immediatamente cominciare a cambiare mentalità e adeguarsi prima che l’intero sistema imprenditoriale diventi un semplice terzista e peggio un sistema di bassa manovalanza europea cosa che è già diventato in parte». ©

Mario Catalano