Il lusso spera nel risveglio cinese, o meglio, nell’effetto YOLO (si vive una volta sola) post-pandemia. Un’attesa ed euforica spesa luxury da parte dei consumatori cinesi, dopo tutte le varie restrizioni legate al contenimento del Covid-19. Adesso gli occhi del settore sono tutti puntati sull’ex Celeste impero, anche perché le aziende internazionali del lusso iniziano a tirare le somme dei loro esercizi finanziari dell’ultimo anno. Ed è evidente il peso che la regione e i suoi blocchi hanno avuto sulle performance. Tuttavia molti esperti e analisti si dicono fiduciosi sul futuro, come ha spiegato l’analista di Bernstein Luca Solca.
Gli analisti sono fiduciosi nel risveglio cinese
«ll settore dipenderà molto da ciò che faranno i cinesi nell’anno fiscale 2023», ha detto Solca. «Potranno abbracciare l’atteggiamento YOLO adottato dai consumatori occidentali dopo la pandemia, viaggiare di nuovo e cercare prezzi più convenienti in Europa. Questo creerà un ‘relais di crescita’, in cui i consumatori cinesi riceveranno il testimone da quelli occidentali che ridurranno la spesa riprendendosi dall’euforia post pandemica». Il sentiment è positivo anche secondo l’analista di Bank Vontobel Jean-Philippe Bertschy che ha dichiarato: «L’impatto del Dragone è enorme, ma lo consideriamo temporaneo. Il recupero sarà molto forte, poiché i cinesi sono stati in grado di risparmiare denaro durante i blocchi». Ecco perché le aziende del lusso restano fiduciose, seppure caute, nonostante l’impatto generalmente negativo che il Paese ha avuto sulle vendite trimestrali e annuali.
Approfondiamo il peso della Cina sui conti delle aziende
Ma facciamo qualche esempio concreto: le più recenti pubblicazioni finanziarie di Richemont e Burberry. Nel terzo trimestre dell’esercizio, il produttore di gioielli Cartier ha mancato le previsioni di mercato proprio perché la recrudescenza del Covid-19 in Cina ha colpito le vendite, evidenziando l’importanza del Paese per l’intero settore.
Nel dettaglio, il giro d’affari è crollato di quasi un quarto nell’area continentale (-24%). C’è da dire che, negli ultimi anni, la Cina è stata uno dei motori principali dell’esplosione della domanda di orologi, gioielli e accessori svizzeri. Perciò un suo arresto non poteva che avere un impatto negativo. Dure conseguenze anche per il marchio brit, che sempre nel terzo quarter ha visto le sue vendite rallentare a +1% a causa del brusco crollo a -23% del turnover proprio in Cina. E le aziende italiane non sono immuni. Vale lo stesso discorso infatti per Salvatore Ferragamo, che nonostante abbia chiuso l’anno a +10% con ricavi a 1,25 miliardi di euro, ha registrato un fatturato in flessione del 4,6% nell’area Asia Pacifico.
Un po’ meglio, invece, per Lvmh. Il gruppo francese ha chiuso l’esercizio fiscale a 79 miliardi di euro, registrando incrementi in tutte le principali aree geografiche. Tuttavia «l’Asia è rimasta stabile nel corso dell’anno a causa degli sviluppi della situazione sanitaria in Cina», specifica l’azienda senza fornire ulteriori dettagli. Ma ciò non è proprio un indicatore positivo (seppur non si possa dire che sia negativo). E un gruppo delle dimensioni di Lvmh è in grado di compensare lo stallo venutosi a creare.
A questo punto non resta che vedere l’evolversi della situazione nel Paese, sempre con l’incognita di una nuova crisi sanitaria, per capire se le stime rosee degli analisti saranno confermate o disattese.