Con un accordo tra i club, la Premier League rinuncia agli sponsor di scommesse sportive sulle proprie maglie.
La pubblicità in Premier League
I soli sponsor che appaiono sul petto dei giocatori delle squadre inglesi valgono ogni anno 60 milioni di sterline. Un giro d’affari enorme, che è però solo una frazione del totale.
La fonte principale sono proprio le scommesse, a cui si affidano ben 8 club su 20, West Ham, Everton Bournemout, Newcastle, Brentford, Fulham, Southampton e Leeds, seguite dai servizi finanziari, crypto incluse, dai viaggi e dal settore automobilistico.
Le scommesse nel Regno Unito
La scelta della Premier League è sorprendente soprattutto perché nel Regno Unito sopravvive un’antica tradizione attorno alle scommesse.
Ogni anno questo settore fattura circa 2,3 miliardi di sterline, e quasi la metà deriva proprio dalle scommesse calcistiche, con 1,1 miliardi.
Al secondo posto resiste l’ippica, ancora responsabile di un terzo delle puntate degli inglesi.
Come è andata in Serie A
La Serie A ha già fatto una scelta molto simile, o meglio è stata costretta a farla.
Nel 2018 il governo ha varato un divieto totale della pubblicità per il gioco d’azzardo. Ai tempi i club italiani erano molto legati al settore, tanto che il campionato di Serie B era sponsorizzato da Bwin.
L’addio alle scommesse ha lasciato un buco da 200 milioni di euro nel calcio italiano, che è stato riempito dalle criptovalute. In molti casi con successo, in altri con grossi problemi, come sanno bene i tifosi interisti.
I nerazzurri hanno recentemente stracciato un contratto pluriennale da 80 milioni con Digitalbits a causa dei mancati pagamenti.