venerdì, 4 Ottobre 2024

Per le startup 201 milioni dal Venture Capital, ma ancora carenze strutturali

DiMarco Battistone

23 Aprile 2023
Venture Capital

Non c’è competitività per le startup, senza capitali da investire. Nel primo trimestre 2023 la raccolta di Venture Capital è stata di 201 milioni di euro, con 84 round di finanziamento (Growth Capital, Osservatorio Trimestrale Venture Capital – Italia Q1-2). Un dato in apparenza positivo, ma più che compensato da carenze di sistema dure a morire. Perché?

I nuovi finanziamenti

Il mondo delle startup si alimenta di costanti finanziamenti. Come qualsiasi settore ad alto coefficiente innovativo, richiede spesso un’alta intensità di capitali, ma non sempre è facile reperirli. Questo perché non tutti gli investitori sono disposti a impiegare il loro denaro in imprese rischiose. Anche per questo motivo, soluzioni di investimento come il Venture Capital, costituito da fondi specializzati nel finanziamento di società giovanissime e a grande contenuto tecnologico, rappresentano linfa vitale per l’ecosistema dell’innovazione. Guardare le cifre del VC significa scoprire lo stato di salute delle startup. Nello specifico, il dato italiano del 2023 mostra un sistema vivacizzato dall’esplosione di investimenti degli anni scorsi, con una performance di raccolta (-5% su Q4 2022) che, nonostante una leggera correzione, batte ampiamente il -14% medio europeo. I round di finanziamento sono il 5% in più del quarto precedente, segno di un taglio medio rimpicciolito. E proprio la carenza di operazioni di taglio “maxi” sarebbe la causa del risultato più piccolo rispetto ai più proficui Q2 e Q3 dell’anno scorso (rispettivamente 601 e 580 milioni solo da mega round).

Non è tutto oro…

Nonostante i numeri complessivamente positivi, c’è chi non è convinto dalla performance. «L’Italia deve fare molto di più in materia di attrazione dei capitali», dice Giovanna Voltolina, director di GV holdings SA ed esperta di Midcap Investing. Per lei, bisogna «superare i limiti che ne impediscono l’afflusso (di capitali, ndr), che risiedono prevalentemente nella difficoltà e generale insicurezza dovuta alla complessa, ma soprattutto veloce mutabilità della burocrazia italiana nazionale e locale». Una considerazione che ricorda come la piaga dell’accumulazione di norme senza un testo unico di riferimento spesso danneggi le nostre imprese agli occhi dell’investitore. Ma anche gli imprenditori, e qui il commento si allarga a parlare di tutte le piccole e medie imprese, devono fare la loro parte. «Se le Pmi, innovative o ‘tradizionali’ guardassero al mercato mondiale dei capitali, l’Italia potrebbe davvero attrarre investimenti da tutto il mondo, senza per questo perdere il controllo dell’azienda, che è la vera remora dei nostri imprenditori nell’approcciarsi al mercato dei capitali».

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Da sempre appassionato di temi finanziari, per Il Bollettino mi occupo principalmente del settore bancario e di esteri. Curo una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".