venerdì, 26 Aprile 2024

Erdogan vince il ballottaggio: riuscirà la lira turca a invertire il declino?

Archiviate le elezioni, economia nazionale e politica estera attendono di essere affrontate sulla scrivania di Erdogan, riconfermato Presidente della Turchia. L’instabilità della lira turca condiziona le prossime mosse. Sullo sfondo, l’interrogativo è su quale ruolo intenda assumere Ankara.

L’ultima fase della presidenza di Erdogan aveva avviato il Paese verso un maggiore controllo dei media e un deciso interventismo in politica economica. Le politiche assistenziali, servite a controllare il dissenso a costo di un alto tasso di inflazione, non sembrano destinate ad essere sostenibili.

Non potrebbe essere più netta l’antitesi con il programma di Kiliçdaroglu: rimozione del potere di veto del Presidente, lotta all’inflazione e un deciso riorientamento euroatlantico, con la ripresa dell’obbiettivo di adesione all’Unione europea.

La fragilità della lira turca

Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale ipotizzano un raffreddamento dei prezzi al consumo e una crescita reale per il 2023 del 2.7 percento del Pil. A destare preoccupazione sono le riserve in valuta estera e i depositi in oro, scesi rispettivamente del 3 e dell’11 percento ad aprile. Il trend, se non invertito, potrebbe mettere sotto pressione la lira turca, al minimo storico sul dollaro. Una crisi nella bilancia dei pagamenti potrebbe mettere in difficoltà le proiezioni di crescita.

Il programma seguito fin ora si avvaleva di una politica monetaria espansiva da parte di una Banca Centrale accomodante: tassi di interesse bassi per favorire crescita economica e occupazione; incremento delle esportazioni per riequilibrare le riserve estere.

Alla vigilia del ballottaggio, il Governo di Erdogan si è interrogato su un possibile cambio nel programma economico, percepito come difficilmente sostenibile. Il piano proposto si avvicina in parte a quello dell’avversario Kiliçdaroglu, con un aumento graduale dei tassi di interesse per frenare il deflusso di capitali.

Ankara verso un nuovo ruolo internazionale

L’assertività turca è un’incognita oltre che un dato di fatto. La potenza militare rende Ankara propensa ad intervenire in aree instabili Libia, Siria e Somalia. I deteriorati rapporti con Stati Uniti e Grecia non agevolano la coesione della Nato; né l’iniziale contrarietà all’ingresso di Finlandia e Svezia, poi limitata a quest’ultima.

Nelle prime fasi del conflitto in Ucraina, Ankara si è ritagliata un ruolo proponendosi come mediatore tra Mosca e Kiev, forte del controllo del flusso navale sul bosforo. Come riconoscimento del suo peso geopolitico, i Paesi del Golfo hanno gettato le premesse per una rinnovata cooperazione con Ankara. A gennaio, Emirati Arabi Uniti e Turchia avevano stretto un accordo di scambio di valuta estera, un segno della ritrovata amicizia. A marzo, l’Arabia Saudita era andata in soccorso della Banca Centrale turca con un deposito incondizionato di 5 miliardi di dollari. ©

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