lunedì, 29 Aprile 2024

Millennial, Gen x, Gen z: che cos’è il patto generazionale

Sommario
Millenial

Tende, vernici contro i monumenti, sit in nelle strade. Tutte forme di protesta controverse, che manifestano la frustrazione delle nuove generazioni riguardo alle tematiche percepite come identitarie. Ma esiste una soluzione che consenta di affrontare insieme le sfide presenti e future, dal caro affitti al cambiamento climatico? C’è e si chiama patto generazionale. Un collante per realizzare obiettivi comuni dialogando in maniera produttiva.

«L’accordo nei mondi della scuola, dello sport, delle aziende riguarda la consapevolezza che le persone trattano le stesse tematiche con linguaggi e ancoraggi culturali diversi. Ad esempio, se chiediamo a persone di diverse generazioni chi è il calciatore più forte risponderanno Pelè o Diego Armando Maradona, Lionel Messi, Cristiano Ronaldo o Neymar a seconda della loro età. La tematica è la stessa: discutere per ore su chi fosse il migliore è un esercizio sterile, ma mostra percezioni molto differenti. Per questo è importante trovare un terreno comune per realizzare obiettivi condivisi», dice Diego Martone, AD della società di ricerche di mercato Demia e autore del libro Senza età: come generazioni diverse coesistono e insieme creano valore, edito da Bocconi University Press-Egea.

«Il tema delle pensioni, ad esempio, è centrale e complesso, andrebbe affrontato senza contrapposizioni ma confrontandosi in modo produttivo e oggettivo. Quando c’è la condivisione di un obiettivo, un risultato da raggiungere, una coesione intorno a un’idea tutto è più semplice. Per esempio, è più facile condividere valori e modalità di lavoro con persone di una generazione diversa, ma che lavorano nella stessa azienda, rispetto a coetanei che fanno un altro mestiere. È vero che possono esserci differenze, anzi ci devono essere. È importante però conoscere per sapere qual è il mix migliore, il modo ottimale per collaborare».

generazione

Quali sono i contesti che favoriscono il contatto tra generazioni diverse?

«La scuola è un tipico luogo di contatto, ma anche lo sport è una metafora che mostra che questa sinergia si può realizzare. Lì il risultato è misurabile: anche se perdi, hai comunque cercato di vincere collaborando. Ma il vero punto di incontro è avere un obiettivo più grande che muove tutti. Ci sono dei temi emergenti di esclusione dal digital degli over 50 e inclusione con i 25/30 anni, che si trovano un carico di ansia e di lavoro esagerato. Mettendo insieme l’esperienza e la freschezza hai un risultato migliore, perché i giovani si sentono responsabilizzati, i veterani si sentono mentori. Un risultato che si può ottenere trovando una piattaforma di interoperabilità umana, linguaggi diversi che riescono a parlare e collaborare scambiandosi informazioni».

Proteste come quelle degli attivisti di Ultima Generazione sembrano raccogliere molte critiche tra gli over 35, mentre raccolgono più consenso tra i giovani. Un ostacolo che pare essere più comunicativo, che sostanziale. Come trovare un punto d’incontro?

«I movimenti che imbrattano i monumenti tentano di alzare l’asticella per entrare nel dibattito mediatico, per essere ascoltati. Un tempo c’erano scontri in piazza e proteste violente. Questa è una forma di protesta che rientra in quel tipo di dinamica. Non ci state ascoltando, quindi vi diamo un pugno in faccia per ricevere attenzione. È chiaro che gli under siano a favore, mentre gli over dicano che così facendo la situazione non cambia molto. C’è un tema di comunicazione e di spiegazione, ma sembra un po’ una guerra tra poveri perché non è lì che succedono i cambiamenti e si prendono le decisioni».

Quale generazione è più attenta alla sostenibilità?

«C’è molta enfasi sull’attenzione e sull’arrabbiatura delle nuove generazioni sul tema del Pianeta e su come si sta evolvendo, affiancato a un tema demografico di grande impatto. Mentre in Italia nascono sempre meno bambini, nel resto del mondo il numero delle persone cresce. Si fa sempre più forte il problema delle risorse del pianeta, che prima o poi finiranno, quindi dobbiamo trovare altre vie. Greta Thunberg è diventata un simbolo non solo perché parla di una cosa importante, ma perché era molto spendibile a livello di mass media, e non a caso ha avuto gran seguito. Le proteste dei giovani sono comprensibili, è normale che chi abiterà più a lungo questa casa sia maggiormente preoccupato. È un tema che ricorre negli anni. Infatti, le generazioni più anziane sono frustrate perché sentono che le manifestazioni che hanno fatto quando erano giovani non abbiano avuto effetto e le piccole azioni quotidiane non riescano a incidere più di tanto sulla situazione del pianeta».

martone

Il tema della salvaguardia del Pianeta avrà più centralità?

«Temo che, in futuro, il punto d’incontro sarà sempre più collegato agli eventi catastrofici e alle emergenze climatiche, che costringeranno tutti a una reazione. Oggi stiamo inseguendo la sostenibilità, piuttosto che pianificare azioni a lungo termine. Assisteremo a un vero cambiamento solo quando non sarà più una mossa di marketing ma un modo di agire e pensare per prevenire l’emergenza. Il contrario rispetto a quanto fatto fino ad oggi, una tendenza frutto anche di un bias cognitivo. Come durante la pandemia, quando ci siamo accorti di non avere un piano, perché nessuno pensava potesse scoppiare. Il tema della comunicazione è importante, perché in questi anni stiamo assistendo a una totale trasformazione dei modi di comunicare. La Generazione X fa fatica a capire che un Millenial non segue il telegiornale, ma si informa tramite i meme, su TikTok o Instagram. Il vero tema è: la notizia arriva? L’approfondimento c’è?»

Negli ultimi anni pare che il risparmio stia tornando sotto i riflettori, ma cosa emerge dagli ultimi dati?

«La tematica centrale è la concezione del futuro. Il risparmio evoca cose diverse a seconda delle generazioni. Ad esempio, i più giovani pensano al risparmio energetico e ai saldi, meno all’accumulo di denaro. Emerge un orizzonte temporale breve, che si sta accorciando sempre più, perché le persone non hanno prospettive future chiare. Si sta diffondendo un risparmio con obiettivi molto vicini. La maggior parte dei giovani ha prospettive irrisorie, vive solo nel presente. Esistono però tante Startup che propongono soluzioni diverse dal tradizionale risparmio, puntando sul micro. Inoltre, assistiamo al progressivo allontanamento dei sistemi tradizionali di gestione del denaro, un trend iniziato con la discesa in campo delle grandi piattaforme di e-commerce. Amazon presta addirittura denaro alle aziende americane, con tassi di insolvenza molto bassi. Questo è possibile perché fanno analisi di affidabilità sugli acquisti che le imprese stesse fanno sulla piattaforma. In un mondo sempre più incerto e pieno di minacce, l’approccio al risparmio è principalmente di tipo difensivo. Emergono obiettivi molto più vari e a breve termine rispetto ai piani di lungo respiro».

Lo stesso discorso vale per la finanza. È notizia recente che l’educazione finanziaria sarà inserita nelle scuole. Inoltre, il Mim, la Banca d’Italia e la Consob sottoscriveranno appositi accordi per promuovere la cultura finanziaria, nel rispetto dell’autonomia scolastica. A che punto siamo in Italia, su questa materia?

«Molte ricerche dimostrano che una maggiore conoscenza e consapevolezza permette un miglior uso dei mercati e degli strumenti finanziari. In Italia eravamo molto indietro, però negli ultimi anni stiamo facendo passi avanti. Introdurla nelle scuole, significa insegnare da subito il valore del denaro. Quest’ultimo si dice sia uno degli ultimi tabù, un tema di cui non si parla per vergogna o ignoranza. E allora, ben venga per l’insegnamento scolastico. Infatti, si potrebbe dire che l’economia governa il mondo ancora di più della politica. Per questa ragione, è importante sapere a quali strumenti finanziari possiamo accedere, cosa sono i mercati etc. Anche i media hanno una grande responsabilità. Ad esempio, il dato che viene dato in televisione della Borsa è quotidiano, l’andamento mensile non è indicato. Questo non aiuta la percezione delle persone, che non comprendono i trend».

L’interesse verso Bitcoin e criptovalute è ancora alto, nonostante le performance negative dell’ultimo anno?

«C’è tuttora interesse per le criptovalute. A un certo punto sono diventato una moda. Dietro questa tendenza c’è però quella logica del gratta e vinci, una scorciatoia per eludere tutto quello che è la vita pensata dai genitori. I social sono pieni di messaggi di questo tipo, lanciati da ragazzi che cercano di venderti il loro metodo o darti suggerimenti di investimento. Al di là della solidità come fenomeno complessivo, le criptovalute sono salite alla ribalta grazie anche alla spregiudicatezza giovanile. Chiaramente contano le cifre che sono in ballo, in questo caso la maggior parte degli investimenti riguardano piccoli numeri. C’è un tema importante di dimensione e di quota di portafoglio, spesso sottovalutato. Chi ha un grande patrimonio può anche decidere di investire migliaia di euro sulle criptovalute, ma solo come uno dei tanti asset che compongono una strategia complessiva, che preveda alcuni prodotti garantiti, altri con un certo livello di rischio, altri ancora con rischio altissimo».

Soffermandosi sul tema lavoro, si è parlato spesso di “Grandi Dimissioni”: è un trend che riguarda una generazione in particolare o è un fenomeno trasversale?

«Negli Stati Uniti, in particolare, dopo la pandemia si è diffusa una maggiore consapevolezza riguardo il senso delle cose e della vita lavorativa. Il discorso è molto grande e riguarda anche verso quale modello di società stiamo andando. Per diversi anni il capitalismo ci ha detto che dovevamo fare di più, produrre più profitti, lavorare più ore. Dall’altra parte, anche gli strumenti legislativi non hanno funzionato. Gli imprenditori sono reticenti ad assumere le persone, a causa dei costi e i rischi legati al lavoro. Le Grandi Dimissioni si inseriscono anche nel contesto dell’offerta lavorativa attuale. Da una parte, i giovani si lamentano perché manca il lavoro. Dall’altra parte, le aziende affermano che non trovano personale qualificato. Dove sta la verità? È difficile capirlo, a volte si tratta di scarsità di personale, altre di offerta. Molti citano misure di sostegno, quali il reddito di cittadinanza o i ristori per le aziende. Soluzioni tampone che non risolvono i problemi. Ci troviamo in un mercato che sta evolvendo, grazie anche alla diffusione del lavoro agile. In generale, c’è un atteggiamento diverso nell’intraprendere una nuova professione. Non c’è più l’obiettivo di rimanere per sempre nella stessa impresa. Al contrario, si sta diffondendo una mentalità molto diversa da quella di una ventina di anni fa, un nuovo modo di concepire l’ingresso e la permanenza nel mondo del lavoro. Siamo in una fase di grande assestamento, con molte nuove professioni. Lo stesso confine lavorativo non si ferma al territorio nazionale, ma si allarga all’Europa e al mondo. Si tratta quindi di un contesto, quello lavorativo, in grande fermento ed evoluzione destinato a mutare ancora nel breve e nel medio periodo». ©

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