giovedì, 14 Novembre 2024

I bonus alle famiglie costano ed escludono coppie e single

DiMarco Battistone

15 Ottobre 2023
Sommario
bonus famiglie

La spirale di denatalità chiama ai ripari le istituzioni, che rispondono con bonus alle famiglie. Come ormai si usa dire, “l’inverno sta arrivando”, anche se si tratta di quello demografico. E l’emergenza comincia a farsi sentire a tutti i livelli, tanto quello economico quanto quello delle decisioni politiche. «In presenza di una preoccupante flessione delle nascite, il Governo intende promuovere ulteriormente la genitorialità e sostenere le famiglie con più di due figli», si legge nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, che segna una prima indicazione sull’orientamento della politica economica, in vista del dibattito sulla legge di stabilità di quest’anno.

I dati sono sotto gli occhi di tutti e sono quelli di circa 900mila italiani in meno tra il 2022 e il 2030, secondo l’ISTAT. Già a fine agosto, dal meeting di Rimini il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano dichiarava che «il crollo demografico è l’elemento di maggiore crisi dell’Italia di oggi». Ma a partire da quest’emergenza, le risposte possibili sono diverse. Sempre dalla NADEF «è allo studio una misura innovativa a favore delle famiglie con redditi medi e bassi, che sarà anch’essa finanziata dalla legge di bilancio».

Quale sarà la natura di questo provvedimento? Un indizio lo si può in parte ricavare da quanto affermato dal Viceministro dell’Economia, Maurizio Leo: «Dovremo cercare di individuare delle risorse per sostenere le famiglie, soprattutto quelle che mettono al mondo figli e quelle che ne hanno di più. Dovremo fare in modo di aiutare le famiglie che hanno 3 figli, che non sono numerosissime. Quindi da questo punto di vista si può ritenere che l’impegno non sia eccessivamente oneroso». Un’affermazione che ben riassume l’approccio assunto finora dagli Esecutivi italiani nel contrasto al calo demografico, fatto soprattutto di incentivi e detrazioni per le famiglie numerose.

L’assegno unico

Forse la più importante iniziativa in fatto di aiuti alle famiglie, l’Assegno unico e universale, partorito alla fine del 2022 dal Governo Draghi, è stato mantenuto e perfino rafforzato dalla Premier Giorgia Meloni. L’Assegno è riconosciuto alle famiglie con figli conviventi e a carico minori di 21 anni e in presenza di determinate condizioni. Per ottenerlo, è anzitutto necessario essere cittadini italiani o europei, essere soggetti al pagamento dell’IRPEF in Italia. Dopodiché, bisogna essere domiciliati in Italia e residenti da almeno due anni. Unica eccezione, i titolari di contratto di lavoro a tempo indeterminato per almeno sei mesi di durata. Con la Legge di Bilancio 2023, oltre a essere confermato, il provvedimento è stato potenziato, con l’aggiunta di un occhio di riguardo verso i nuclei più numerosi. A partire dal terzo figlio, infatti, gli importi sono stati maggiorati del 50%.

E la misura sembra destinata ad avere ancora un ruolo di primo piano, a partire dalla prossima Manovra. «Questo governo difende l’assegno unico malgrado sia sotto proceduta di infrazione europea» ha affermato il Ministro per la Famiglia Eugenia Roccella. «Intendiamo aumentarlo, con una azione di governo incisiva, trasversale e compatta» ha aggiunto. Un aumento che potrebbe indispettire la Commissione Europea. Le ragioni?

I requisiti richiesti di residenza biennale e convivenza violerebbero «il diritto dell’UE, in quanto non trattano i cittadini europei in modo paritario, il che si qualifica come discriminazione. Inoltre, il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari», sostiene la Commissione.

Gli altri provvedimenti

L’Assegno unico e universale si inquadra in una costellazione di iniziative più piccole. C’è, per esempio, il bonus sociale per bollette di luce e gas, consistente in 200 euro massimi concessi annualmente per rimediare al caro bollette. I beneficiari si collocano in due fattispecie: da un lato le famiglie – con qualsiasi numero di componenti – il cui ISEE non superi i 15mila euro. Dall’altro, i nuclei con almeno quattro figli a carico, per i quali la soglia ISEE si alza a 30mila euro. Così anche, nell’ultimo periodo, per il Decreto legge affitti brevi, la cui approvazione è attesa in queste settimane.

Il provvedimento, teso a contrastare l’espansione del fenomeno Airbnb, impone severe restrizioni. In particolare, nei centri storici delle grandi città non sarà possibile affittare a turisti per meno di due notti. A fare eccezione, però, sono ancora una volta le famiglie di grandi dimensioni. I locatori con più di tre figli sarebbero infatti esentati dall’applicazione del divieto. Una considerazione che sembrerebbe dettata dal volere di aiutare i soggetti più vulnerabili ai rincari dell’ultimo periodo, ma anche di incentivare la fecondità. Un approccio simile si riscontra, infine, nel provvedimento principe tra quelli destinati ad aumentare la natalità: il cosiddetto Bonus bebè, scaduto da marzo 2022. Divenuto universale dal 2020, con il nome di Indennità di natalità, il bonus era concesso per le nuove nascite e regolato sulla base dell’ISEE. Ma in caso di figli successivi al primo, l’importo aumentava del 20%.

I bonus alle famiglie riforma fiscale

Riferimenti alle politiche di incentivo alla natalità, basate soprattutto su bonus e detrazioni, si trovano perfino nell’attesissima riforma fiscale, che dovrà ricreare l’imposta sui redditi sulle persone fisiche, archiviando l’attuale IRPEF. La «composizione del nucleo familiare e costi sostenuti per la crescita dei figli» figurano infatti come il primo criterio di detrazione al momento del calcolo dell’importo nella legge delega. Un elemento che si pone in apparente contrasto con uno degli obiettivi dichiarati della norma, quello della riduzione delle tax expenditures.

Quella dei provvedimenti legati alla missione Diritti sociali, politiche sociali e famiglia è infatti una delle prime aree di aggravio aggiuntivo per il sistema fiscale. Nello specifico, nel rapporto confezionato dagli esperti del MES proprio in materia di tax expenditures, si legge che ben 7,5 miliardi degli 82 totali ricadono in questa categoria. Di questi, ben 5,9 miliardi sono destinati ai soli provvedimenti per le famiglie, di cui 5360 milioni – la quasi totalità – spesi per la detrazione dall’IRPEF dell’Assegno unico e universale. Si tratta dunque di un capitolo particolarmente delicato, in quanto l’aggiunta di ulteriori detrazioni su questo fronte potrebbe seriamente indebolire l’efficacia riorganizzativa della riforma.

Gli esempi virtuosi

Dall’osservazione delle risposte messe a punto negli anni viene fuori un comune denominatore, fatto di due elementi. La corsa all’incentivo e la predilezione per i nuclei familiari numerosi. Ma questi provvedimenti sono efficaci? Le risposte si possono trovare tanto negli approcci adottati altrove quanto nei nostri risultati passati, e non sono particolarmente incoraggianti. Se si guarda alle esperienze virtuose, l’approccio più efficace sembrerebbe essere quello basato su women empowerment e parità di genere, soprattutto sul luogo di lavoro. Spesso, infatti, il desiderio di avere figli si va a scontrare con le ambizioni professionali.

Rimanere incinta può significare porre una vera e propria ipoteca sulla propria carriera. Così le giovani donne scelgono di rimandare la maternità, diminuendo le loro chances di procreazione. Un esempio virtuoso in questo senso è la Svezia, che negli anni ha saputo invertire la parabola discendente della popolazione. Come si legge in una nota dell’Osservatorio dei Conti Pubblici degli Italiani, «nel 1968 il tasso di fecondità svedese (2,07) è inferiore a quello italiano e nel corso degli anni settanta la riduzione è comparabile a quella sperimentata dall’Italia. Ma con l’inizio degli anni ottanta le strade dei due paesi divergono: mentre l’Italia prosegue nel suo declino demografico, la Svezia riesce a invertire il trend negativo, arrivando ad un tasso di fecondità massimo di 2,13 nel 1990 (cioè un livello addirittura superiore a quello di fine anni sessanta».

La chiave per leggere tutti questi dati è un valore, più importante di tutti gli altri. Si tratta del Tasso di Fecondità Totale, che misura il numero di nuovi nati in un anno in rapporto al numero di donne in età feconda (15-49 anni). Perché la popolazione sia in grado, nel lungo periodo, di mantenere stabili i suoi livelli demografici, la fecondità non deve mai scendere sotto il valore di sostituzione di 2,05 nati per donna.

A garantire l’alto TFT svedese sarebbero stati: «il congedo parentale potenziato con il cosiddetto “speed premium”, ovvero un incentivo monetario finalizzato a ridurre l’intervallo di tempo tra la nascita del primo e del secondo figlio. Nello stesso decennio, la disponibilità di asili nido pubblici fortemente aumentata. Analogamente, agli inizi degli anni duemila è stato fissato un tetto massimo alle rette dei nidi, mentre il periodo di congedo parentale retribuito (a carico dello stato) è stato esteso da 12 a 16 mesi».

Tutti provvedimenti che, sulla carta, potrebbero ottenere anche nel nostro Paese risultati migliori del semplice incentivo alle nascite. Dati alla mano, in Italia il 62% delle donne in età fertile desidera avere due figli, mentre addirittura il 29% dichiara di volerne tre o più (ISTAT). Eppure, il TFT italiano nel 2022 si è fermato a 1,24 figli per donna. Un chiaro indizio che la fecondità auspicata si trova oppressa da fattori esterni.

Su cosa puntare

Negli anni, non si è riusciti a invertire il trend di denatalità. Dall’introduzione dell’Assegno, nel 2020, alla sua abolizione nel 2022, il numero di figli è rimasto fermo a 1,24 figli per donna. Ma chi ha investito di più e meglio nella famiglia se la passa meglio? In Europa, oltre alla già citata Svezia, un esempio virtuoso è quello francese, con enormi investimenti fatti negli anni per garantire alle famiglie le migliori possibilità. Ebbene, nonostante risultati migliori di quelli italiani, i dati parlano chiaro. Oggi i TFT svedese e francese sono rispettivamente di 1,66 e 1,83. Entrambi ben al di sotto del valore di sostituzione. Insomma, fermare la tendenza sembra difficile, e bisognerebbe piuttosto focalizzarsi sulla prevenzione sanitaria e sull’adattamento del sistema-Paese a una popolazione vecchia. ©

📸 Credit: Canva

Da sempre appassionato di temi finanziari, per Il Bollettino mi occupo principalmente del settore bancario e di esteri. Curo una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".