giovedì, 2 Maggio 2024
Sommario

Il riscaldamento globale minaccia il turismo invernale. Un ulteriore innalzamento di 1 grado nelle temperature medie basterebbe a non rendere più utilizzabili tutti gli impianti sciistici del Friuli-Venezia Giulia, nonché il 30% di quelli in Trentino, Lombardia e Veneto. La neve scarseggia e ad oggi il 90% dei 6.700 chilometri di piste esistenti è innevato artificialmente con ingenti costi. Per farlo servono circa 100 milioni di metri cubi di acqua l’anno, il fabbisogno idrico di un intera città con almeno 1 milione di abitanti. Produrre neve finta ha un prezzo che supera i 5 euro al metro cubo, per coprire un ettaro servono almeno 15mila euro.

Quanto costa la neve artificiale sulle piste da sci

Nel momento in cui venissero attivati tutti i cannoni sparaneve presenti lungo lo Stivale, per ottenere uno spessore di 30 centimetri si spenderebbero in totale da 250 milioni a 550 milioni di euro. Ma anche solo per innevare una pista di un chilometro sono necessari circa 100mila euro a stagione, prezzi proibitivi che si fatica ad ammortizzare con gli incassi. In queste condizioni sarebbe impossibile per il privato mantenere le strutture senza il sostegno dello Stato o delle federazioni sportive, soprattutto quelle ubicate in zone con minore altitudine. Fondi pubblici investiti non solo per far sopravvivere realtà spesso in perdita e per la costruzione di nuovi impianti, ma anche per realizzare invasi idrici per attingere l’acqua necessaria all’innevamento artificiale (ne sono stati mappati 142 per una superficie complessiva di oltre 1 milione di metri quadri).

Il business delle vacanze sulla neve

Purtroppo nei decenni l’economia di estese aree alpine e dell’Appennino è diventata sempre più dipendente dallo sci, abbandonando il manifatturiero e l’agricoltura. Il crollo delle presenze potrebbe quindi minare le finanze di interi territori. Un problema enorme non solo per i gestori, ma anche per l’indotto creato intorno agli impianti che, tra negozi sportivi, alberghi e ristoranti impiegano 120mila lavoratori per un volume d’affari che supera i 12 miliardi di euro. Un’industria, quella del turismo invernale, che attira ogni anno in Italia 2.500.000 praticanti di discipline sportive, che tra noleggio attrezzature, maestri, skipass portano ogni anno circa 3.600.000 euro di incassi.

Quanti sono i vacanzieri con lo skipass

Nel primo trimestre del 2023, sono stati 12 milioni gli italiani che hanno scelto di trascorrere una breve vacanza sulla neve: 6,9 milioni in settimana bianca, 5,1 solo nei weekend. Il giro d’affari complessivo generato è stato di 9,6 miliardi di euro (5,2 miliardi per la settimana bianca e 3,8 miliardi per i weekend). La spesa media si è attestata sui 751 euro a persona e il 67,7% ha optato per villeggiare sulle Alpi, mentre il 25,8% sugli Appennini. Ma la crisi sta mutando le abitudini dei vacanzieri con lo skipass. Il 66,9% di coloro che frequenta la montagna nel weekend ha rinunciato al pernottamento più lungo per ragioni economiche, legate in primo luogo all’aumento generalizzato dei prezzi.

Poca neve, poco turismo

D’altronde, un’analisi sugli effetti del cambiamento climatico svolta dalla Banca d’Italia mostra come, in media, un metro in meno di neve nel corso di una stagione riduce dell’1,3% il numero di avventori degli impianti sciistici. Dati che cozzano con le proposte, alcune già cantierizzate, di ampliare (usando fondi pubblici) gli impianti in vista della crescita di un turismo da settimana bianca ormai da tempio in fase di stagnazione. Ci si chiede se le prospettive di mercato non impongano di rivedere gli obiettivi dei territori e pilotare le somme verso investimenti che possano sganciare i redditi delle imprese e delle popolazioni locali dalla frequentazione turistica. Ad aggravare la situazione è il caro carburante, che contribuisce a far lievitare le risorse necessarie per gli interventi dei gatti delle nevi: consumano circa 200 litri di gasolio per una giornata di lavoro di 5 ore.

I costi pubblici dell’innevamento artificiale

Il Governo, attraverso il Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie (DARA), utilizzando il Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, per alleviare il peso dei rincari che grava sui gestori degli impianti di risalita e delle piste da sci, ha lanciato il bando nazionale Energie in Vetta con una dotazione finanziaria di 10 milioni e 800mila euro. Si tratta di contributi a fondo perduto, erogati nella percentuale massima dell’80% delle spese ammissibili per importi che non superino la soglia dei 70mila euro. Denaro che le imprese, le società e le associazioni sportive dilettantistiche dovranno spendere per l’energia elettrica e l’approvvigionamento idrico indispensabile per l’innevamento artificiale.

Precipitazioni nevose in calo

Un intervento lungimirante che ha tenuto conto del fatto che attualmente l’analisi delle riserve nevose rilevate dalle stazioni nivometriche confermano il trend negativo dell’accumulo. Una volumetria non consistente, in deciso calo se paragonata a quello del 2022, e inferiore alla media degli ultimi 16 anni. Tuttavia, le scarse precipitazioni costringeranno sempre più i gestori a ricorrere all’innevamento artificiale, pratica aspramente criticata da Legambiente che nell’ultimo dossier Nevediversa 2023 analizza lo stato del turismo invernale in relazione alla crisi climatica.

I danni dei cannoni sparaneve e gli impianti dismessi

I cannoni sparaneve possono fare da paracadute in inverni caldi, ma non possono fungere da soluzione a lungo termine. Sia perché sono strumenti energivori, che consumano acqua, suolo ed elettricità in grandi quantità, sia perché le risorse per alimentarli sono a carico della pubblica amministrazione, quindi della collettività. L’ideale sarebbe diversificare le attività spezzando, almeno in parte, il cordone ombelicale che ha fuso le economie montane alla neve strangolandole nel momento in cui le precipitazioni sono assenti, scarse o estremamente tardive. Sempre secondo Legambiente, il settore dovrebbe reindirizzare al meglio le risorse del PNRR per adottare pratiche sostenibili. E convertire gli impianti dismessi che svettano arrugginiti tra i boschi. Se ne contano 249 in Italia, 15 in più rispetto al 2023, che vanno a sommarsi ai 138 temporaneamente chiusi e ai 181 che sopravvivono con bilanci precari solo grazie alle sovvenzioni pubbliche.

Copiose nevicate possono paralizzare le attività

Come la carenza di precipitazioni nevose influisce sulle presenze nei territori che vivono di turismo invernale, facendone traballare le economie, anche copiose nevicate possono paralizzarne le attività. È successo nelle scorse settimane durante la Coppa del mondo di sci alpino, dove sono state cancellate 7 gare su 9 a causa del maltempo. Perfino quelle che sarebbero dovute essere in assoluto le prime discese libere transfrontaliere Zermatt/Cervinia. I danni finanziari sarebbero stati contenuti da un’assicurazione stipulata per prevenire perdite derivanti da calamità naturali, che ha consentito di rimborsare i biglietti agli spettatori. Per tutte le discese libere annullate durante la manifestazione sono stati spesi oltre 4,5 milioni di euro, mentre per il Matterhorn Cervino Speed Opening il costo ammontava a 7 milioni di euro e non è dato sapere quanto verrà risarcito agli organizzatori.

Sale da disgelo e inquinamento

Se le piste da sci soffrono il cambiamento climatico, la viabilità invece subisce i forti contraccolpi del carovita. I materiali – come il sale da disgelo – usati per evitare la formazione di pericolose lastre di ghiaccio sul manto stradale, assistono a un aumento esponenziale dei prezzi. Per questo motivo le aziende impegnate nello sgombero neve per conto di Comuni e Province hanno innalzato i tariffari dei propri servizi resi alla cittadinanza. Spese che, indirettamente attraverso i tributi, sono pagate dai residenti anche sul piano igienico-sanitario. Queste sostanze mettono infatti a rischio l’intero l’ecosistema. Bastano pochi grammi di sale per contaminare decine di litri d’acqua, impattare negativamente sui terreni alterando la crescita della vegetazione, infiltrarsi nelle falde freatiche, nonché entrare nella catena alimentare dopo essere assorbiti dalle piante e ingeriti dagli animali, inclusi i pesci.

Le alternative al sale da disgelo sostenibili

Le numerose alternative ecologiche al sale antigelo non sono contemplate nelle strategie attivate dagli enti locali italiani per gestire il manto stradale ghiacciato. Tra tutte spicca la salamoia di barbabietola da zucchero, residuo della sua lavorazione, molto diffusa in Canada è un sostituto ideale del sale. Agisce a temperature più basse (risulta efficace fino a 28 gradi sotto zero) ed è economica essendo di fatto uno scarto di produzione che andrebbe smaltito tra i rifiuti. Altre tecniche perfezionate per fare a meno dell’uso di sale prevedono invece miscele di succo di pomodoro, l’impiego degli scarti d’orzo delle distillerie di vodka, dell’estratto di uva, delle foglie di peonia e tarassaco. Ma su questo fronte l’Italia è ancora all’anno zero.

Piano neve e viabilità

Intanto il Piano Neve 2023/2024 di Viabilità Italia, organismo multi-agenzia presieduto dal Direttore del Servizio Polizia Stradale, è stato attivato. Prevede tutte le misure da mettere in campo per prevenire e fronteggiare eventuali criticità determinate da condizioni metereologiche avverse. Protocolli per il coordinamento tra Comuni, Province, carabinieri, Vigili del Fuoco, Protezione Civile che dovrebbero contribuire a gestire al meglio le emergenze evitando lunghe code in caso di gelate e/o abbondanti nevicate e interventi tempestivi qualora dovessero verificarsi incidenti.

Quanto costa sgomberare la neve

Generalmente, tranne in aree private, lo sgombero della neve spetta al Comune per le municipalità che contano più di 10mila abitanti. La Regione o la Provincia devono invece occuparsi della viabilità nei paesini meno popolosi. Per avere un’idea di quanto si spende basta citare qualche esempio delle cifre stanziate per affrontare l’inverno 2023/2024. La Regione Abruzzo ha destinato risorse pari a 1.800.000 euro alle sue quattro province: 240mila euro Pescara, 540mila euro Chieti, 500mila euro Teramo e 520mila euro L’Aquila. Nelle Prealpi Bellunesi, il Comune di Borgo Valbelluna ha previsto una spesa di 150mila euro per coprire le strade che si diramano in un reticolo lungo 250 chilometri. La città di Torino investirà 3 milioni e 800mila euro per spazzaneve e spargisale, Parma 1 milione e 200mila euro, mentre ad Aosta 46mila euro sono impegnati esclusivamente per la rimozione di neve e ghiaccio dalle piste ciclabili dell’area urbana.

Le spese dei singoli cittadini

Gli automobilisti italiani, dal canto loro, sono obbligati a cambiare pneumatici sostituendoli, da circa metà novembre a metà aprile in base alla Regione nella quale ci si sposta, con quelli invernali oppure viaggiare con le catene a bordo. Il prezzo di ogni gomma varia da 30 a 80 euro. Quello delle catene parte da 10 euro, mentre le sanzioni oscillano tra 41 e 168 euro nei centri abitati, tra 84 e 335 euro in periferia. Provvedimenti disposti per tutelare la sicurezza di chi viaggia in auto. Dalle statistiche elaborate dalla società assicurativa internazionale AXA, i sinistri stradali raddoppiano quando nevica perché diminuiscono la tenuta di strada e la visibilità di qualsiasi veicolo. Ovviamente anche gli incidenti ad alta quota che richiedono l’intervento di squadre specializzate per il recupero dello sciatore o dell’escursionista ferito aumentano durante la stagione invernale.

Soccorsi in montagna a pagamento

Da alcuni anni Regioni quali il Piemonte, la Lombardia, il Trentino Alto Adige, il Veneto e la Valle d’Aosta hanno deciso di far pagare i soccorsi ai turisti, affinché la misura funga da deterrente e induca ad evitare approcci incauti alle attività sportive montane. Una misura attivata per non far gravare sulle comunità locali, che altrimenti sarebbero costrette a pagare di tasca propria il recupero di vacanzieri che salgono sulle cime dei monti privi di adeguate attrezzature e senza le dovute accortezze. I costi variano in base alle tariffe stabilite dalla Regione di riferimento e alla gravità della situazione. Oscillano da 25 euro per un ferito grave da trasportare in Pronto Soccorso. Fino a un massimo di 7.500 euro per persone illese tratte in salvo e riportate a valle in elicottero. ©

📸 Credits: Canva

Articolo tratto dal numero del 1° gennaio 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Giornalista professionista appassionata di geopolitica. Per Il Bollettino mi occupo di economia e sviluppo sostenibile. Dal 2005 ho lavorato per radio, web tv, quotidiani, settimanali e testate on line. Dopo la laurea magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale, ho studiato arabo giornalistico in Marocco. Ho collaborato a realizzare in Saharawi il documentario La sabbia negli occhi e alla stesura della seconda edizione del Libro – inchiesta sulla Statale 106. Chi è Stato?