Se è vero che il mercato del lavoro italiano sembra conoscere una delle sue stagioni più floride, con una disoccupazione ai minimi storici (7,7%), c’è un dato che non passa inosservato. Ed è il tasso di inattività al 33%. I soggetti senza lavoro, e che neppure lo cercano, sono diminuiti dello 0,8%, ovvero 102mila persone in meno. Sono in lieve calo dunque, secondo l’ultimo bollettino Istat sul quarto trimestre 2023, ma il dato è comunque impressionante: parliamo di una persona su tre.
Il dramma dei Neet
Nella composizione degli inattivi vanno inclusi anche i pensionati, quindi quella fetta di popolazione che per ragioni di età è esclusa dalla vita attiva. Il dramma riguarda invece i giovani. E non quelli che non lavorano perché stanno portando a termine gli studi, bensì l’altra parte che non si dedica a nessuna attività. I cosiddetti Neet, “neither in employment or in education or training”, di età compresa tra i 15 e i 34 anni.
Italia maglia nera
La quota di giovani inattivi in Italia raggiunge cifre record rispetto all’Europa. Sono 1,5 milioni quelli under 29 non impegnati in nessun percorso. Salgono invece a 2,2 milioni se si alza la soglia fino a 34 anni. Rappresentano circa il 19% della popolazione in quella fascia di età, rispetto a una media Ue dell’11. Peggio di noi solo la Romania.
Le donne
Tante, troppe, anche le donne fuori dal mercato del lavoro. I dati Istat dicono che quelle tra i 25 e i 34 anni senza un lavoro sono il 31,3%. Ma anche quando il ciclo di studi si è presumibilmente completato, nella fascia 35-49 anni, le donne inattive coprono il 26,5% del totale: una su cinque. Tra i 50 e i 64 anni, la percentuale arriva al 43%. Si salva solo chi ha la laurea, a testimonianza di come il possesso di un titolo di studio elevato limiti i rischi di esclusione dalla vita lavorativa. Le inattive laureate sono il 17%, contro il 36 di chi ha il diploma.
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