Lo smart working in Italia è vivo e lotta insieme a noi. Ma cambierà drasticamente per i dipendenti del privato a partire dal 1° aprile. Il decreto Anticipi aveva stabilito per genitori di figli under 14 e lavoratori fragili una proroga fino al 31 marzo 2024 del diritto a usufruirne in automatico. A partire da quella data si regolamenterà invece con accordi specifici all’interno delle aziende. I numeri nel frattempo parlano di una modalità di lavoro sempre più apprezzata. Dopo i due anni post Covid in cui aveva un po’ rallentato, nel 2023 il lavoro smart torna a salire. Secondo l’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, i lavoratori da remoto del 2023 sono stati 3,585 milioni. Molti, anche se una ristretta minoranza rispetto agli oltre 26 milioni di lavoratori in Italia (dati Inps sul 2022). Rispetto al pre-Covid, quando la modalità di lavoro da casa esisteva ma era poco o per nulla applicata nel nostro Paese, gli smart worker sono comunque il 541% in più. E le stime parlano di ulteriori aumenti: nel 2024 potrebbero arrivare a 3,65 milioni.
Come sono cambiate le nostre vite
Lontani i tempi fenetici in cui si perdevano ore di vita nel traffico o sui mezzi pubblici per raggiungere il posto di lavoro. E adesso che la scrivania è tra le mura di casa la quotidianità scorre più tranquilla? Solo in parte. Quasi per tutti, oltre l’80 per cento secondo uno studio (il paper The Role of Telework for Productivity during and post-Covid-19), è più facile conciliare impegni di vita e di lavoro e organizzare il calendario giornaliero Si è anche più produttivi. Ma l’orario di lavoro si allunga e non c’è più una netta divisione tra vita professionale e privata, rispondono all’unisono. Per le lavoratrici poi i tempi rallentati sono un miraggio e la fregatura è dietro l’angolo. Perché si sommano carico domestico e lavoro. Come osserva Rita Querzé nel libro Donne e lavoro, rivoluzione in sei mosse, le donne sono brave a fare più cose insieme, una lavatrice e una call. Ma così si consente agli uomini di prendersela – ancora di più – con comodo.
Si risparmia?
Da un lato con lo smart working le spese diminuiscono (e l’ambiente ringrazia). Niente benzina, biglietti di treni e autobus, pasti fuori, vestiario razionato perché non servono più gli outfit da ufficio. Sempre secondo l’Osservatorio, con soli due giorni di lavoro da remoto si risparmiano fino a 1.000 euro annui. Ma c’è una contropartita, ed è che i consumi domestici crescono di pari passo. Il calcolo è di 400 euro, tra bollette varie. Per le aziende invece è tutto guadagno. Il taglio delle prestazioni porta a 500 euro in più l’anno per una postazione in meno. Si arriva a 2500 euro a dipendente per le aziende che ristrutturano gli interni adattandoli alla presenza ibrida dei lavoratori.
Dove si applica di più
I lavoratori senza una postazione fissa si concentrano tutti nelle grandi aziende, che nella quasi totalità dei casi (96%) prevedono piani di lavoro smart. Qui sono 1,88 milioni, vale a dire un lavoratore su due. Aumentano anche nelle pmi, dove sono in 570mila, riducendosi invece in microimprese e Pubblica Amministrazione. Anche perché nella PA il diritto allo smart working si è chiuso il 31 dicembre 2023.
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