L’Italia, membro Nato e UE, è alle corde: secondo concordati del 2014, entro il 2028 deve raggiungere il contributo del 2% del PIL sulla spesa militare per l’Alleanza Atlantica. L’esborso sarebbe enorme: in riferimento al PIL italiano del 2023, 2.255 migliaia di miliardi (dati Istat). E con il risultato elettorale statunitense il pressing della Casa Bianca è destinato ad aumentare.
L’andamento del PIL italiano
Intanto, il prodotto interno lordo italiano è in crescita dello 0,7% nel 2024, rispetto allo 0,9% stimato. In crescita dell’1% nel 2025, rispetto all’1,1% dell’anno precedente, è atteso al 1,2% nel 2026, quotazione tra le peggiori nei Paesi dell’Eurozona (dati Commissione Europea).
«l’Italia è ancora uno dei pochi Paesi dell’Unione Europea al di sotto dell’obiettivo del 2%», dice Carlo Cottarelli, economista e Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani (CPI). «La mancanza di pianificazione coordinata tra i Membri UE però rischia di penalizzarci. Basti pensare al fatturato di Leonardo, azienda leader nel settore degli armamenti in Europa: è 5 volte minore a quello di Lockheed Martin, impresa che rifornisce l’esercito americano».
La mancanza di una vera unità strategica e militare è da considerarsi un tema centrale – «coordinare 27 eserciti può essere problematico se pensiamo che le altre superpotenze fanno affidamento ad un unico grande esercito. Il problema è la divisione, anche in termini di logistica: gli Stati Uniti hanno un solo modello di carrarmato mentre in Europa ne esistono 17» aggiunge Cottarelli.
Priorità del Ministero della Difesa
D’altra parte, però, la questione spese militari in seno all’Alleanza Nato è prioritaria: il Ministro della Difesa Guido Crosetto considera fondamentali gli incrementi sul piano militare, per non deludere le aspettative del colosso statunitense e per seguire una tendenza che all’indomani dell’elezione di Trump è stata generale.
In riferimento al Documento programmatico pluriennale per la Difesa del triennio 2024-2026, Crosetto ha affermato che il raggiungimento di questo obiettivo «è indispensabile per affrontare le nuove sfide e rispettare gli impegni presi in ambito Nato», rimando ben conscio dei limiti finanziari dell’Italia e ammettendo che «siamo ancora molto lontani dal famoso 2% del Pil entro il 2028».
Quali sono le strategie per raggiungere il 2% per la spesa militare?
Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto di fronte le commissioni Bilancio di Camera e Senato ha da subito espresso le sue perplessità riguardo l’incremento della spesa militare – «nonostante gli ingenti stanziamenti assegnati, l’obiettivo del 2% del Pil richiesto dalla Nato risulta molto ambizioso». Il Ministro, però, ha spiegato anche che negli anni c’è stato un incremento degli investimenti in tal senso, sottolineando come l’Italia arriverà nel 2025 ad una percentuale dell’1,57%, per poi passare all’1,58% nel 2026 e all’1,61% nel 2027. Tuttavia, sembra chiaro che il raggiungimento della richiesta Nato del 2% non potrà essere alla portata di Roma entro il prossimo triennio.
Nelle ultime riunioni Nato si è parlato addirittura del 2,5% del Pil e l’esigenza di adeguarsi è pressante. L’Italia è chiamata a pianificare strategie che consentano di raggiungere o quantomeno avvicinarsi all’obiettivo del 2%.
La prima proposta, arrivata da Crosetto, è quella di escludere dal Patto di Stabilità il budget spesa militare, considerandolo come un unicum a sé stante. Per sostenere questa zavorra economica, invece, la strategia sarebbe quella di dare a queste emissioni di debito una copertura europea, rendendo peraltro neutre le spese di ogni altro Stato europeo in tal senso.
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