I Mercati toro di crescita delle quotazioni in Borsa non durano per sempre e possono essere seguiti da periodi di ribasso, noti come Mercati orso. Il termine «Mercato orso» (in inglese «bear market») deriva dal comportamento dell’animale, che procede e attacca con le zampe rivolte verso il basso, simboleggiando così un calo dei prezzi delle azioni.
L’origine di questa metafora è incerta, ma può essere stata utilizzata per la prima volta nell’Ottocento dai commercianti di pelli d’orso: erano soliti vendere pelli che non possedevano ancora, sperando che i prezzi sarebbero calati quando avessero effettivamente ricevuto le merci, guadagnando così dalla differenza.
Da qui deriva l’espressione «vendere la pelle dell’orso prima di averlo preso», che avrebbe portato all’uso del termine «orso» per indicare prezzi e Mercati in calo.
Un Mercato orso è quindi caratterizzato da un trend negativo, con prezzi delle azioni in diminuzione e un clima di pessimismo tra gli investitori. Durante questo periodo, gli operatori sono propensi a vendere titoli finanziari per il rischio di ulteriori ribassi. La Grande Depressione del 1929, iniziata a Wall Street con il crollo della Borsa di New York, è stato uno dei più noti e peggiori bear market della storia, che ha portato a una lunga e profonda recessione economica.
Un tonfo che – in tempi più recenti e per fortuna di minore entità, anche per la rapida reazione delle istituzioni politiche e finanziarie – si è verificato anche nel 2020 all’inizio della pandemia di Covid 19, quando i Mercati globali hanno subito un veloce e marcato calo dei prezzi, con gli investitori preoccupati per l’impatto economico della pandemia. ©
Articolo tratto dal numero dell’1 marzo 2025 de Il Bollettino. Abbonati!
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