Il patrimonio finanziario totale degli italiani è un valore enorme, circa 5.800 miliardi di euro. A cui si aggiungono oltre 6mila miliardi di patrimonio immobiliare. Con l’impetuoso e dirompente sviluppo dell’Intelligenza artificiale, anche in questo ambito, e con altre dinamiche che investono il Mondo della finanza, cambia profondamente anche il ruolo e il lavoro di chi questo patrimonio dei cittadini e risparmiatori è chiamato a gestirlo: il Wealth manager.
Per un Paese come l’Italia, privo di materie prime ma ricco di capacità e di risparmio privato, un Wealth management efficiente e innovativo «è una condizione necessaria per affrontare le prossime sfide. Questo, infatti, può contribuire — attraverso l’allocazione efficiente del risparmio e la creazione di performance, ossia di nuova ricchezza — al sostegno dei consumi e quindi della crescita del Paese», dice a Il Bollettino Enrico Maria Cervellati, autore, insieme con Antonello Di Mascio, del libro Wealth manager, pubblicato da Egea, la casa editrice dell’Università Bocconi. Cervellati è docente universitario di finanza aziendale e nel 2022 ha fondato l’azienda di consulenza e alta formazione EMC3 Solution.
In un contesto in forte evoluzione, i professionisti finanziari «giocano un ruolo strategico e diventano motori di sviluppo attraverso la gestione della relazione con tutti i loro clienti. Ma molto sta cambiando, e bisogna orientarsi in prospettiva. La presenza di Social finanziari e la disponibilità dell’intelligenza artificiale rendono questo lavoro molto più complesso rispetto al passato: dopo l’avvento di Internet alla fine del millennio scorso, assistiamo ora a un altro momento di forte discontinuità».
Quali sono i fattori che oggi influenzano maggiormente le scelte di investimento?
«La relazione tra cliente e consulente finanziario è oggi più complessa che mai. Le scelte di un risparmiatore e investitore non dipendono solo dalla competenza del consulente, ma sono influenzate da un’ampia gamma di fattori: le sue aspettative personali, la situazione familiare, il grado di competenza tecnologica, e le sue stesse caratteristiche caratteriali. A questo si aggiunge un contesto esterno in continua evoluzione, segnato da incertezza e cambiamenti geopolitici, economici e sociali. Oggi viviamo in un “ambiente instabile”, molto diverso dalla “certezza evolutiva” che ha caratterizzato l’era della globalizzazione. Questa instabilità si riflette inevitabilmente sulla psicologia dell’investitore e rende il lavoro del Wealth manager più arduo».

Guardando allo scenario complessivo, come sta cambiando il panorama competitivo del settore finanziario in Italia?
«Il settore sta vivendo una trasformazione radicale. Da un lato, assistiamo a un forte processo di concentrazione, con fusioni e acquisizioni che riducono il numero di banche, assicurazioni e società di gestione del risparmio. Questo porta anche a una razionalizzazione della rete territoriale, con una drastica diminuzione degli sportelli bancari, una tendenza comune a tutta Europa. Dall’altro lato, il Mercato è molto affollato e competitivo, con una crescente presenza di operatori esteri, specialmente nel Private banking e nel Retail. Emergono inoltre nuovi attori digitali, come le Fintech e le Challenger bank, che competono su segmenti specifici e spingono anche gli operatori tradizionali a innovare».
Parlando di concorrenza, il Mercato della finanza personale sembra sempre più affollato. Chi sono i nuovi attori?
«Sì, il Mercato è un caleidoscopio di operatori. Oltre agli attori tradizionali come banche commerciali e divisioni Private banking, la competizione arriva da più fronti. Ci sono le banche reti di consulenti finanziari, molto competitive perché basate su un modello imprenditoriale che punta alla performance per il cliente. Ci sono i consulenti indipendenti, o Fee only, che sono in crescita e agiscono come arbitri super partes. E poi c’è il Mondo Fintech: operatori digitali specializzati in specifici segmenti e, soprattutto, le Big Tech come Apple, che con i loro servizi finanziari stanno entrando nel cuore del sistema, portando con sé enormi risorse di dati e un vantaggio competitivo straordinario in termini tecnologici».
Con questa complessità e concorrenza crescente, come si può garantire che gli interessi del cliente, del consulente e dell’intermediario finanziario convergano?

«Questo è un punto cruciale. La soluzione sta in un approccio che anche nel libro abbiamo definito RER: ovvero, Rendimento per il cliente, Equità tra le parti e Redditività per l’intermediario. È fondamentale trovare un equilibrio misurabile tra i costi che il cliente paga e il rendimento che ottiene. Per questo proponiamo di utilizzare degli Indici specifici, come l’Indice di Equità, che misura proprio questo rapporto tra costi e rendimento. E l’Indice di Efficienza Allocativa, che confronta i risultati ottenuti dalla consulenza con quelli degli investimenti fatti in autonomia dal cliente. L’obiettivo è generare ricavi con il cliente e non sul cliente. La tecnologia, in particolare l’AI, può essere un supporto decisivo in questo, aiutando a ottimizzare i Portafogli, personalizzare le raccomandazioni e assicurare una comunicazione continua e trasparente. Aumentando la consapevolezza del cliente e favorendo questa convergenza di interessi».
La finanza comportamentale che ruolo gioca nella consulenza moderna e perché è diventata così importante?
«In un contesto di incertezza e cambiamento, comprendere la psicologia del cliente è cruciale. La finanza comportamentale aiuta il consulente a identificare e gestire gli errori comportamentali, o Bias, del cliente. Che possono portarlo a prendere decisioni irrazionali e dannose. Uno studio del 2021 ha mostrato un sensibile aumento di questi Bias, come il Recency bias, cioè essere influenzati da eventi recenti. E il Confirmation bias, ovvero cercare informazioni che confermano le proprie convinzioni. I consulenti che utilizzano tecniche di finanza comportamentale riescono a gestire meglio le aspettative, a mantenere i clienti investiti durante i periodi di volatilità e, in definitiva, a rafforzare la relazione fiduciaria».
Quali sono queste tecniche e come vengono applicate?
«Le tecniche più efficaci sono quelle che aiutano a portare il cliente a ragionare con una visione di lungo periodo, a implementare una pianificazione basata su obiettivi concreti e a seguire un processo di investimento sistematico. È interessante notare che i consulenti utilizzano questi approcci più a livello comunicativo e relazionale che nella gestione diretta del Portafoglio. Per esempio, per allineare la comunicazione alle emozioni del cliente. La tecnologia, come l’intelligenza artificiale, può supportare questo processo, ad esempio creando messaggi personalizzati per i clienti».
Quali sono le principali preoccupazioni legate all’uso della tecnologia in finanza?
«I rischi sono molteplici. C’è ad esempio il rischio di frodi online e attacchi informatici, con operatori abusivi che utilizzano sempre più spesso il web per raggiungere i risparmiatori. L’uso massivo di algoritmi può aumentare la volatilità dei Mercati finanziari. Esiste anche il rischio che la tecnologia possa amplificare le disuguaglianze tra investitori con diversi livelli di educazione finanziaria. Infine, l’AI in generale pone dubbi etici e la necessità di una regolamentazione adeguata per garantire trasparenza e controllo umano sugli algoritmi, un concetto riassunto dal termine Algoretica».
In questo quadro, come sta cambiando il ruolo del Wealth manager?

«La gestione del risparmio e degli investimenti non si concentra più solo sulla performance fine a sé stessa. Oggi, il Wealth manager deve andare oltre i tecnicismi tradizionali come l’Asset allocation o la selezione di prodotti finanziari. Il suo ruolo diventa strategico per l’economia del Paese, in particolare in Italia, dove c’è un’enorme quantità di liquidità detenuta dalle famiglie. L’obiettivo è creare ricchezza per il Paese, favorendo il travaso di questa liquidità verso investimenti nell’economia reale. Una maggiore assunzione di rischio, se consapevole e guidata da un professionista, può migliorare la crescita della ricchezza finanziaria delle famiglie nel lungo periodo, contribuendo allo sviluppo nazionale complessivo».
L’intelligenza artificiale è un concorrente o un alleato?
«Potenzialmente è entrambi, ma la vera opportunità sta nel vederla come un alleato potentissimo. L’AI sta già trasformando il settore, dai Chatbot per l’assistenza clienti ai Robo advisor che offrono consulenza automatizzata. Le grandi banche usano l’AI per centinaia di applicazioni, dalla gestione del rischio al Marketing. Per il professionista finanziario può diventare uno strumento straordinario per personalizzare le proposte, analizzare una mole enorme di dati, semplificare processi interni e anche supportare l’educazione finanziaria del cliente, creando sistemi che rilevano automaticamente i Bias e suggeriscono correttivi».
Ma l’AI ora sta anche coprendo funzioni e attività che fino a ieri erano svolte esclusivamente dall’Uomo
«L’intelligenza artificiale non offre solo dati ma la loro elaborazione. E per i clienti può porsi come un interlocutore primario, disintermediando potenzialmente, di fatto, il Wealth manager o ponendolo sempre in comparazione con quanto essa propone. La competizione non è più quindi solo tra intermediari finanziari, ma anche tra intermediari e intelligenza artificiale e tra diverse piattaforme di AI. Tutto questo, ovviamente, alimenta la complessità e l’incertezza. I Wealth manager godono però di un vantaggio sostanziale rispetto agli algoritmi…».
Qual è questo vantaggio fondamentale?
«È la capacità di dialogare in modo profondo, intimo, riservato con i clienti. Questo dialogo consente di anticipare e cercare di evitare errori comportamentali e quindi di allocare in modo ottimale il risparmio. In un Mondo dove i consulenti virtuali sono teoricamente possibili, il consulente umano può riaffermare il suo ruolo esaltando la sua capacità di ascolto e di comprensione psicologica, diventando un vero e proprio Coach comportamentale. In quest’ottica, le conoscenze della finanza comportamentale insieme a un utilizzo costruttivo e a valore aggiunto dell’AI, potranno consentire ai professionisti finanziari di fronteggiare le sfide in atto e la concorrenza degli algoritmi».
Quindi, che caratteristiche avranno i professionisti finanziari di successo del prossimo futuro?
«I Wealth manager vincenti del futuro saranno quelli che sapranno coniugare un utilizzo attivo dell’intelligenza artificiale e della tecnologia con competenze tecniche a supporto di Skill relazionali. La comprensione umana dei bisogni e dei comportamenti dei clienti sarà cruciale. I professionisti vincenti utilizzeranno l’AI per ottimizzare il tempo amministrativo a favore di quello relazionale con i clienti». ©️
Intervista tratta dal numero del 15 ottobre 2025 de Il Bollettino. Abbonati al giornale!
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