L’America deve puntare su una strategia di più ampio respiro in cui la riforma del sistema multilaterale appare necessaria. Per risollevarsi non dovrà più fare affidamento al concetto di “America first” ma tornare al sogno americano, una società in cui ognuno possa realizzare il proprio potenziale. In quest’ottica reimpostare l’azione su temi cruciali come pandemia, clima, migrazione, e, ovviamente, pace e sicurezza appaiono basilari.
È il consiglio di Sara Pantuliano al team di Joe Biden via Twitter. L’hanno ascoltata? «Il fatto che siano rientrati immediatamente e nell’Oms e negli accordi di Parigi sul clima, e che abbiano revocato il divieto di ingresso negli Usa ai musulmani lascia ben sperare. Ma il problema è far funzionare il multilateralismo a lungo termine, soprattutto in campo di pace e sicurezza globale» risponde l’economista italiana, Chief Executive Overseas Development Institute (ODI), un centro di ricerca globale e indipendente. Da un’indagine sugli account di Twitter in Gran Bretagna è emerso che la Pantuliano è tra i primi cinque profili seguiti dalla squadra del neopresidente americano.
Rimanendo sul tema: cosa farà secondo lei Janet Yellen per l’economia degli Stati Uniti?
«Può fare scelte coraggiose e dare un impulso diverso all’economia americana. Lei crede in un governo inteso come regolamentazione dei mercati. Cercherà di offrire le basi che aiutino a progredire partendo dalla mobilità sociale che si è interrotta tantissimo. Investirà per tornare ad un’economia che protegga le fasce più deboli e curi le disuguaglianze. Bisogna vedere come funzionerà negli affari esteri: interessante che abbiano sospeso il sostegno ai sauditi, una scelta per nulla scontata. Quando alla FED sono sicura interverrà qualora ce ne sarà bisogno. Da tenere sottocchio anche Wto, ancora non è chiaro come si posizionerà nei rapporti con il clima, l’Onu ha messo target molto più importanti».
Parliamo di donne in leadership: quanto sono penalizzate secondo lei?
«Meno del 25% ricopre ruoli apicali nel settore sanitario nonostante rappresentino oltre il 70% della forza lavoro globale ad oggi in prima linea nella lotta contro il Covid-19. Eppure quelle al Governo hanno fatto meglio degli uomini per emotività e concretezza. In questa fase, soprattutto a livello occupazionale, i dati fanno paura. Ma non dobbiamo mollare, mantenere i diritti delle donne in primo piano e vivere questa fase come un momento di riflessione anche per celebrare Pechino +25 e c i ò che le donne hanno raggiunto, dato che quest’anno dell’anniversario dei movimenti per i diritti delle donne è stato colpito dalla pandemia. La forza di un certo numero di donne leader, è senza dubbio la chiarezza delle comunicazioni. Naturalmente, l’attuale gruppo rosa che ricopre ruoli apicali avrà esperienze e prospettive diverse, ma dovremmo prenderla come un’opportunità di apprendimento».
In generale questa crisi cosa ha determinato?
«È destinata a generare una perdita di almeno 1 trilione di dollari in tutto il mondo, il che tecnicamente significherebbe una recessione globale con tutte le principali regioni colpite e un impatto devastante sui paesi più poveri e quelli con reddito medio».
Lei vive a Londra, com’è la situazione?
«Brexit e lockdown non hanno fatto bene all’Inghilterra sia in termini di politica che di economia: ha perso un decimo della sua popolazione. In Irlanda la difficoltà è palese (supermercati vuoti e tensioni sociali) la Scozia spinge per entrare in Europa: la questione è spinosa e può portare alla disintegrazione del Regno Unito».
E l’Italia riuscirà a rialzarsi?
«Con Draghi avrà sicuramente maggiore credibilità, se non ce la fa lui non ce la farà nessuno ma di sicuro non ci riuscirà da solo: questo può essere un momento di rinnovamento, dobbiamo essere fabbri del nostro destino, ma anche i cittadini devono spingere i governi a svecchiare un sistema troppo burocratico. In Asia e Africa si stanno facendo dei cambiamenti incredibili dal punto di vista tecnologico, come le monete digitali per esempio, e questa è secondo me la ripresa post pandemia. L’Italia ha bisogno di svecchiarsi sotto tutti i punti di vista».
A proposito di valute digitali: le banche centrali possono offrire vantaggi alle persone in povertà?
«Il mondo ha assistito a una rapida crescita e proliferazione delle valute digitali, in gran parte stimolata da imprenditori privati. Poiché questo spazio continua a diventare più diffuso, le banche centrali hanno iniziato a considerare l’emissione di valute digitali (CBDC) delle banche centrali per offrire valute digitali sostenute dal governo. La tendenza è particolarmente significativa nei paesi a basso e medio reddito (LIC e MIC), con la Cina in testa al gruppo. L’inclusione finanziaria ha fatto passi da gigante nei LIC e nei MIC con l’aiuto delle piattaforme digitali, ma alcuni paesi e molti gruppi emarginati sono ancora lasciati indietro. Una nostra ricerca mostra che l’accesso finanziario ai servizi bancari per adulti nell’Africa subsahariana è aumentato dal 19% al 36% dal 2000. Questa è ancora circa la metà della media per altri LIC e spesso le donne, coloro che vivono in condizioni di estrema povertà e comunità emarginate rimangono escluse».
Nell’attuale sistema valutario fiat, “carta moneta”, tutti possono acquisire un conto bancario?
«No e quelli che lo hanno, molti sono sottobanco e non sono in grado di accedere all’intera gamma di servizi finanziari. Questo è anche un problema nelle economie a reddito più alto, dove il prestito “giorno di paga” usuraio sfrutta le famiglie a basso reddito senza pieno accesso finanziario. Non dobbiamo sottovalutare il fatto che le valute digitali offrono anche opportunità per migliorare l’efficacia degli interventi negli Stati fragili e colpiti da conflitti, poiché non richiedono una presenza locale significativa e possono facilitare il trasferimento di fondi dai donatori internazionali direttamente ai destinatari. Ad esempio, nel Kenya settentrionale sono stati utilizzati per inviare denaro direttamente ai rifugiati tramite trasferimenti di denaro».