venerdì, 29 Marzo 2024

Caro prezzi e guerra non frenano l’economia del turismo ligure

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La ripartenza economica della Liguria dopo il Covid-19 è di nuovo bloccata dalla guerra russo ucraina. Il turismo aveva appena ricominciato a riprendersi e la Regione, che ha chiuso il 2021 con quasi 12 milioni di visitatori e che sperava in un 2022 altrettanto soddisfacente, deve fare i conti con il clima di ansia generale che rischia di trasformarsi in una Caporetto per il comparto dopo i due anni di pandemia. Ma non è tutto negativo.

Il conflitto quanto sta colpendo realmente l’economia ligure? 

«L’impatto è già devastante», dice Giancarlo Durante, Presidente Confindustria Tigullio. «Le ripercussioni agiscono su scala mondiale e stanno rallentando e forse arrestando un ciclo economico espansivo che si era avviato con l’uscita dall’emergenza sanitaria. Fare previsioni è pressoché impossibile quando tutto dipende dall’evoluzione di un conflitto tanto irrazionale quanto anacronistico».

«Sono molti i settori che stanno già soffrendo, provati anche dall’andamento dei due anni precedenti. Oltre ai rincari di materie prime ed energia, le criticità sono determinate dal reperimento di tante commodities e dalle difficoltà della filiera logistica. L’economia ligure ne risentirà quanto quella nazionale. La reattività alle emergenze è sempre stata notevole, ma oggi siamo di fronte a una situazione che dal punto di vista economico potrebbe avere effetti anche peggiori della pandemia».

Il conflitto in atto e il rischio concreto che possa sfociare in derive dagli esiti drammatici quanto imprevedibili, ci mettono di fronte a un’infinità di interrogativi riguardo le scelte effettuate dall’Europa negli ultimi 20 anni in tema di politica economica, energetica e della difesa 

«Qualsiasi possa essere l’esito finale di questa immane tragedia, il quadro geopolitico mondiale che ne scaturirà sarà profondamente diverso, probabilmente in termini territoriali, ma soprattutto dal punto di vista delle relazioni economiche e diplomatiche».

Prima erano le aziende di energia a essere colpite dall’aumento dei prezzi del gas. Adesso con il rincaro delle materie prime come olii alimentari e farina, gli effetti riguarderanno anche le imprese dell’alimentare e il commercio al dettaglio. Quanto è grave la situazione?

«Sulle aziende del settore energetico occorre fare un distinguo: ci sono aziende in grave difficoltà che sono state travolte dall’impetuosa escalation dei prezzi, altre che stanno producendo utili enormi. Tanto è vero che al governo si sta dibattendo sulla tassazione degli extra-profitti delle società energetiche. L’effetto dei rincari o della carenza di altri prodotti, quali farine, mangimi per animali, fertilizzanti, produrrà ripercussioni molto gravi. Il rischio di contrazione o addirittura interruzione dell’attività di aziende appartenenti ai settori agricoli, dell’allevamento e dei generi alimentari sarà molto concreto. E l’incremento generalizzato dei prezzi al dettaglio produrrà una contrazione dei consumi e l’inevitabile rallentamento del ciclo economico».

È davvero speculazione quella che riguarda il rincaro del gas e del petrolio o un alibi per coprire anni di politiche sbagliate in questo comparto?

«Penso che famiglie e imprese stiano pagando il gas naturale più di quanto sia l’incremento dei costi d’importazione. Le quotazioni del metano sono giornalmente stabilite dal Dutch TTF Natural Gas Futures, il mercato europeo di riferimento al quale le imprese importatrici e distributrici aggiungono il costo del trasporto e altri oneri accessori. Se prendiamo il costo medio del gas importato e lo raffrontiamo alla quotazione TTF si nota che a un aumento di circa il 60% del prezzo del gas importato è corrisposto un aumento di oltre il 500% della quotazione TTF. Considerato che il prezzo d’acquisto è normalmente calcolato su formule contrattuali che scontano indicizzazioni parziali o calcolate su basi con dinamiche più lente del TTF, è evidente che si crei una ampia forbice tra  i due metodi di calcolo. In termini di valore, sempre con riferimento all’indice TTF la media del mese di marzo 2021 riportava un prezzo di 19 €/MWh, a gennaio 2022 84,67 €/MWh, a febbraio 2022 98,59 €/MWh e a marzo 2022 sta formando una quotazione di 148,73 €/MWh. È qualcosa di incredibile…».

Che cosa potrebbe comportare per commercio, ricettività e ristorazione  l’interruzione delle forniture di gas dalla Russia?

«Considerato che l’Italia dipende dall’importazione per circa il 94% del fabbisogno e di questo il 45% proviene dalla Russia, non voglio neanche pensare a un’ipotesi di questo genere. Comporterebbe il blocco della maggior parte delle attività economiche. Questo deve aprire una profonda revisione della politica energetica europea in generale e conseguentemente nazionale. Sotto questo aspetto il fattore tempo è penalizzante. Qualsiasi forma di indipendenza, anche parziale, dalle importazioni si potrà concretizzare nel medio periodo e non potrà essere costituita esclusivamente da fonti di energia rinnovabile. Crescendo i consumi, non penso che energia solare, eolica, geotermica, idroelettrica e da biomasse potranno soddisfare l’intera domanda».     

Il clima generale di incertezza incide anche sui consumi. Dopo due anni di pandemia si cominciava a vedere una ripresa, ma la guerra e il timore legato agli aumenti di prodotti di prima necessità stanno azzoppando le prospettive di crescita? 

«Purtroppo, questa è la realtà alla quale dobbiamo far fronte. Le prospettive di recupero dell’economia sono vanificate dalle conseguenze di questo conflitto. Non parlo volutamente di crescita poiché il nostro Paese, nonostante il PIL previsto e inevitabilmente irraggiungibile per il 2022, si trova ancora a dover recuperare il gap creatosi tra la recessione del 2008 e l’emergenza sanitaria. L’unica speranza di ripartenza è quella di una rapida soluzione diplomatica del conflitto, comunque nella consapevolezza di dover rifondare profondamente le strategie di sviluppo economico».  

Parliamo di turismo, la più grande industria italiana di cui il Tigullio e la Riviera di Levante rappresentano una quota molto importante: la pandemia ha inferto un colpo durissimo sul turismo straniero. E adesso la guerra

«Il turismo è il settore che oggettivamente è stato più colpito dalla pandemia. Dopo il vertiginoso calo di presenze del 2020, il 2021 aveva dato segni di ripresa e le prospettive per il 2022 erano buone. Purtroppo, oggi le incognite sono molte e anche qui fare previsioni diventa molto complicato. Per innescare la ripresa del turismo si sono avviati diversi progetti volti alla valorizzazione del nostro splendido territorio. Penso al contenuto del progetto Tigullio Capitale della Cultura che, nella sua idea di coesione territoriale, attrattività e cultura nel più ampio dei significati, andrà comunque avanti. Al recupero dei borghi e dei progetti a essi correlati e molto altro».

Quali sono le risposte che Confindustria può e metterà in campo?

«Confindustria a partire dal primo manifestarsi della pandemia è sempre stata presente, oltre che nel suo ruolo di supporto alle imprese associate anche a sostegno alle amministrazioni pubbliche. Penso alla fornitura di dispositivi di protezione individuale dei primi momenti, alla campagna vaccinale nelle aziende, alla costante formazione e informazione che ha reso i luoghi di lavoro tra gli ambienti più protetti. Con l’avvio del PNRR Confindustria ha da subito assunto un impegno a dare un contributo su tutte le tematiche da affrontare nei prossimi mesi. Penso ai position paper sul porto di Genova e a quelli in preparazione, come quello sulla transizione energetica. Sui temi economici attuali siamo costantemente presenti e, allo stesso tempo, pressanti affinché le risposte da parte governativa siano rapide ed efficaci».

Quanto vi aspettate che il PNRR possa fare per rimettere in moto il territorio?

«Il PNRR meriterebbe un ampio approfondimento. È certamente un’opportunità storica per avviare una stagione di riforme e grandi investimenti. Se guardiamo alle missioni del Piano, digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute, c’è abbastanza affinché la nostra vita e il futuro delle nuove generazioni siano radicalmente trasformati. Il PNRR rappresenta la forma di finanziamento più imponente mai avuto a disposizione per modernizzare il Paese. La necessità di attuare progetti in tempi piuttosto ridotti, elemento da non sottovalutare considerati i tempi della nostra burocrazia e la qualità della spesa, saranno i driver fondamentali del successo. Se saranno soddisfatti questi requisiti, le ricadute sia a livello nazionale sia locale, saranno importanti. Infrastrutture, formazione, sostenibilità, digitalizzazione, turismo, saranno i temi che ci coinvolgeranno maggiormente e che apriranno una nuova stagione di sviluppo… guerra permettendo».