La parità di genere è un fatto sociale, ma anche economico. E nel cammino di ripresa che l’Italia e l’Europa dovranno intraprendere nei prossimi anni, le donne sono una risorsa irrinunciabile. «Sono diverse le ricerche che stanno mettendo in luce gli effetti positivi, anche in termini di performance, dell’incremento della partecipazione femminile nei processi decisionali della società», dice Germana Martano, Direttore Generale di ANASF (Associazione nazionale consulenti finanziari). Il PNRR, nella sua quinta missione, inclusione e coesione, pone le basi per una politica di genere più sistematica, ma, perché non rimanga lettera morta, una svolta di mentalità è fondamentale.
Cosa cambierebbe nel mondo della finanza per ridurre il divario di genere?
«La crescita delle consulenti finanziarie che hanno intrapreso la professione negli ultimi anni testimonia che la creazione di ambienti lavorativi in cui esiste una relazione di fiducia e l’opportunità di esprimere il proprio talento porta al raggiungimento di pari risultati, contribuendo a modificare il retaggio culturale che ha sempre narrato la figura femminile alle dipendenze del male breadwinner model. Credo che, per rendere strutturale la transizione da un modello di dipendenza a quello di parità, serva un cambio culturale condiviso».
Qual è la strada per impegnarsi per la parità di genere?
«Le associazioni possono fare da cassa di risonanza per la voce dei loro iscritti presso le istituzioni. Crediamo che la valorizzazione di talento e competenze siano alla base della crescita della professione. A questo serve l’Area pari opportunità, per realizzare iniziative volte alla valorizzazione del ruolo delle donne nella professione e al contrasto del gender gap. Da anni partecipiamo attivamente alle consultazioni volte a ridurre il divario di genere e organizziamo seminari sul territorio per rendere noti i bias comportamentali nel processo consulenziale con le risparmiatrici».
Fondamentale è anche la gestione delle risorse umane: le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, potrebbero contribuire a rendere più equi questi processi?
«L’intelligenza artificiale e le più recenti tecnologie correlate sono improntate alla responsabilità sociale e alla tutela e promozione di diritti e valori dei cittadini, tra cui pari opportunità, diritti sociali e dei lavoratori, uguaglianza di genere. In particolare, il loro contributo emerge nelle fasi di selezione del personale e nelle attività lavorative quotidiane, permettendo di conciliare vita familiare e professionale, ad esempio attraverso il lavoro agile, ma anche in termini di remunerazione e sviluppo di carriera».
Il peso delle questioni etiche nelle decisioni di investimento è sempre più grande. Esistono strumenti finanziari che consentono di investire in aziende impegnate nella parità?
«Certo, grazie ai criteri Esg, in particolare quelli collegati alla lettera “S” di Social e alla “G” di Governance. I primi sono sensibili all’impatto sociale in senso ampio, e quindi anche al rispetto dei diritti civili e lavorativi da parte delle imprese, con condizioni di lavoro adeguate e il rispetto di uguaglianza e inclusione. Per corporate governance invece si intende la gestione aziendale, che deve essere ispirata a buone pratiche e a principi etici, nella retribuzione e nei processi decisionali, nel rispetto dei diritti di tutti gli stakeholder».
Si può dire che oggi la disparità di genere “non conviene” né alle singole aziende né all’efficienza globale del sistema?
«Negli ultimi decenni l’Unione europea ha compiuto notevoli progressi in materia di parità di genere, grazie all’istituzione di misure specifiche a favore delle donne e l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche. Queste iniziative hanno portato a una presa di coscienza sempre maggiore tra i cittadini e oggi risultano quanto mai evidenti i vantaggi di una maggiore integrazione e valorizzazione delle competenze delle donne nel migliorare efficienza e produttività del sistema Italia». ©
Marco Battistone
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