La soluzione al climate change arriva dagli alberi. Crescono più velocemente per assorbire più CO2 per effetto della concimazione carbonica. Una scoperta che potrebbe far diminuire il costo della lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, uno studio condotto da ricercatori di diversi Paesi avverte che le foreste che crescono su acri di terreni poveri di nutrienti, a lungo andare assorbono sempre meno monossido di carbonio. Diventa cruciale il ruolo dell’uomo: preservare l’ecosistema, utilizzare le risorse naturali in modo efficiente, piantare nuovi alberi, aumentare il riciclo e il riutilizzo delle biomasse. Strategia che gioverebbe all’intera filiera del legno, che in Italia vale circa 50 miliardi di euro, messa in ginocchio dagli aumenti ormai insostenibili di gas ed energia.
Gli alberi rendono la transizione più economica
Il volume di legna e biomasse in dieci diverse foreste temperate degli Stati Uniti è aumentato in maniera esponenziale negli ultimi anni, stando allo studio “L’effetto della concimazione carbonica sulle foreste americane rigenerate e piantate naturalmente”, pubblicato su Nature. Un incremento che riguarda anche gli alberi centenari. La vegetazione oggi è il 20/30% più estesa rispetto a trenta anni fa. La crescita più significativa si è verificata però tra il 1970 e il 2015. Periodo che coincide con un picco di emissioni di CO2 nell’atmosfera.
«La concimazione carbonica rende certamente più economico piantare alberi, evitare la deforestazione, o mettere in pratica altre attività per tentare di migliorare l’assorbimento di biossido di carbonio nelle foreste. Dovremmo piantare più alberi e preservare quelli più vecchi, perché alla fine sono probabilmente la nostra migliore possibilità per mitigare il cambiamento climatico», ha affermato Brent Sohngen, professore di economia ambientale co-autore dello studio. Cambiamento climatico che, a quanto si apprende, costerebbe agli Stati Uniti ben 3.000 miliardi di dollari ogni anno.
I benefici ambientali
Perché si chiama concimazione carbonica? Il maggiore afflusso di CO2 accelera il processo di fotosintesi clorofilliana della pianta. L’aumento dell’efficienza fotosintetica favorisce la crescita del volume degli alberi, sia naturali sia piantati. In altre parole, un concime naturale che sfrutta nutrienti del suolo, sole e aria.
«Le foreste stanno catturando carbonio dall’atmosfera ad un tasso di circa il 13% delle nostre emissioni lorde. Mentre immettiamo miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, catturiamo molta CO2 semplicemente lasciando le nostre foreste crescere», ha spiegato Sohngen.
Lo studio rivela che negli ultimi due decenni le foreste negli Stati Uniti hanno immagazzinato circa 700-800 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, circa il 10-11% delle emissioni totali di gas a effetto serra del Paese.
Gli alberi non hanno la bacchetta magica
Piantare nuovi alberi e preservare quelli esistenti non è la soluzione di tutti i mali. Anzi, una eccessiva piantumazione potrebbe rilasciare in atmosfera importanti quantitativi di CO2 contenuta nel suolo. Nei terreni più poveri di nutrienti dopo alcuni anni la biomassa smette di aumentare, o cresce sensibilmente meno. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori di vari Paesi.
«Abbiamo sperimentato che nel corso del tempo la biomassa totale non è più stimolata dagli elevati livelli di CO2 nell’atmosfera. Il rallentamento della crescita dipende da vari fattori. La quantità di azoto nel suolo è fondamentale. Ora sappiamo che noi uomini non possiamo mettere a tacere le nostre coscienze piantando foreste. A lungo termine non aiuta. L’unica cosa che aiuterà l’umanità è ridurre le emissioni di gas serra», ha spiegato Louise Andresen, ricercatrice dell’Università di Göteborg co-autrice dello studio pubblicato sulla rivista scientifica Global Change Biology.
Cosa fare?
Sorge spontanea una domanda: come fronteggiare il cambiamento climatica e risollevare la filiera del legno? La risposta, secondo il Presidente di Federlegno, Claudio Feltrin, è puntare sull’economia circolare (leggi l’intervista in versione integrale).
«Lo stesso sistema azienda deve diventare circolare, una trasformazione strutturale, un cambio di mentalità. Bisogna fare l’azienda ecosostenibile. Le compagnie si dimostrano sempre più disposte ad intraprendere un percorso a medio-lungo termine. Da parte nostra, per contribuire all’innovazione possiamo scegliere e applicare nel modo migliore materiali e processi studiati da altri comparti industriali. I nostri pannelli sono fatti al 95% da legno riciclato, siamo i primi in Europa a farlo. La scarsità di materia, causata da una scorretta gestione del territorio (l’80% del legno usato è importato), ci ha spinto a sviluppare molto la raccolta del legno esausto».
Preservare l’ecosistema, utilizzare le risorse naturali in modo efficiente, piantare nuovi alberi, aumentare il riciclo e il riutilizzo delle biomasse eviterebbe danni all’ambiente, sprechi e la perdita di competitività sui mercati, sempre più orientati verso la sostenibilità.
Buone pratiche oggi ancora poco diffuse.