lunedì, 11 Novembre 2024

L’Ucraina pensa alla ricostruzione: punta ai Mondiali 2030

DiRedazione

13 Ottobre 2022
Ucraina

La proposta è forte. Così come la voglia di rinascere. Con ancora le bombe che distruggono città e sogni, Kiev vuole guardare lontano e si prepara a ricostruire. L’obiettivo dell’Ucraina è ospitare, insieme a Spagna e Portogallo, i Mondiali di calcio del 2030. Una mossa a sorpresa, dal sapore tutto europeo, che ha valenza economica e politica. Quali effetti potrebbe avere questa mossa sul futuro assetto geoeconomico?

Mondiali, un costo o un’occasione di crescita?

Guardando alle ultime edizioni, gli investimenti per un simile evento possono variare dagli 11 miliardi di dollari di Russia 2018 ai 220 di Qatar 2022. Spese spese significative che hanno anche generato crescita e ricchi introiti.

Nel dettaglio, in Russia la preparazione dell’evento era partita 5 anni prima, con la costruzione di stadi, infrastrutture e alloggi per squadre, giornalisti e soprattutto per il flusso turistico previsto. Il ritorno in termini di PIL è stato di 11,3 miliardi di euro, l’1% della ricchezza prodotta annualmente dalla Russia in quel periodo. La costruzione delle infrastrutture ha contribuito per l’86% a questa cifra, il turismo per il 14%. 

Molto diversa è stata invece l’organizzazione dei mondiali in Qatar. Il piccolo stato del Golfo Persico ha investito 220 miliardi di dollari, venti volte tanto rispetto a quanto fatto dalla Russia quattro anni prima. Strade, aeroporti, ogni tipo di infrastruttura per soddisfare i bisogni degli atleti e dei tifosi, che accorreranno a milioni. Nonostante questo, le autorità qatariote hanno annunciato che i conti dell’evento saranno positivi. Qualche milione di dollari in meno dei venti di profitto previsti, ma una crescita del PIL che si avvicina a quella del boom edilizio degli anni 2000, quando Doha spuntò dal deserto in pochi anni. 

Ucraina e gli altri: l’impatto dei mondiali sui candidati per il 2030

Le candidature ufficiali pervenute per ospitare i mondiali del 2030 sono tre. Quella sudamericane, che comprende Uruguay, Argentina Paraguay e Cile, quella europea, originariamente Spagna e Portogallo, cui si è aggiunta a sorpresa l’Ucraina, e un’ultima candidatura “tricontinentale”, Arabia Saudita, Grecia ed Egitto.

Per capire quali effetti potrebbe avere un mondiale su questi Paesi si possono utilizzare come modello gli ultimi mondiali. La candidatura europea è più simile a quella russa. Infrastrutture già presenti ma da rinnovare e antica tradizione calcistica rendono l’evento un’opportunità di crescita con spese limitate. Un’analisi semplice se non fosse per la partecipazione, annunciata all’ultimo minuto, dell’Ucraina. Kiev potrebbe utilizzare l’evento per rilanciarsi come Paese rinato dopo la guerra. Potrebbe inoltre attrarre investimenti, e rilanciare il proprio settore calcistico, un tempo fiorente ma rimasto duramente colpito dal conflitto.

La candidatura “tricontinentale” somiglia per molti aspetti a quella qatariota. Egitto e Arabia Saudita hanno molti fondi da investire e piani avveniristici per un’espansione infrastrutturale già in atto. Sarebbe un mondiale ad alto budget, nel quale stona la presenza della Grecia. L’ultimo grande evento sportivo ospitato da Atene, le olimpiadi del 2004, è considerato tra i fattori che hanno indebolito il debito greco portando il Paese sull’orlo della bancarotta pochi anni dopo. Ospitare un mondiale potrebbe essere rischioso, ma anche utile a riguadagnare credibilità internazionale.

La candidatura meno complessa sembra quella sudamericana. Con mezzo continente coinvolto nell’organizzazione, in occasione del centenario del primo mondiale tenutosi proprio in Uruguay, I paesi sudamericani hanno una grande tradizione calcistica, e il mondiale sarebbe un occasione per rinnovare le infrastrutture necessarie all’afflusso di persone che l’evento comporta. ©

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