venerdì, 4 Ottobre 2024

La sostenibilità rende il caffè meno amaro

Sommario
caffè

La guerra in Ucraina, gli aumenti di energia e materie prime pesano sul business del caffè. Con un consumo pari a 500 miliardi di tazze ogni anno, è uno dei prodotti più consumati al mondo e in particolare in Europa, primo mercato per consumi pro-capite, con un’incidenza pari al 30%, grazie al traino di Paesi come Germania, Francia e Italia. Nel nostro Paese conta oltre 800 torrefattori, più di 7mila dipendenti e un fatturato di 3,6 miliardi di euro. Nei primi tre mesi del 2022 gli economics delle vendite erano incoraggianti. Sembrava l’inizio di una decisa ripresa, però lo scoppio del conflitto ha cambiato nuovamente le carte in tavola. Ma per capire i motivi di un tale rallentamento bisogna fare un passo indietro.

Caffè, una crisi che dura da tre anni

A partire dall’inizio della pandemia da Covid-19 l’industria del caffè ha vissuto tre anni difficili. Il settore horeca (hotellerie-restaurant-café) ha sofferto maggiormente le ristrettezze imposte dai Governi per contrastare la diffusione del virus rispetto al mondo casa. Il mercato internazionale ha visto una grande instabilità, a causa di repentini alti e bassi. I mercati non coinvolti direttamente nel conflitto stanno reggendo, seppur a fatica. Ma le casse delle aziende languono, sul bilancio consolidato si registra un calo generalizzato. Per questo motivo, da alcuni mesi a questa parte la filiera sta facendo i conti con una forzata rimodulazione della gestione del bilancio, di costi e ricavi.

La fine del lockdown non è riuscita a invertire il trend di instabilità dei mercati internazionali e ormai da tre anni assistiamo a un calo generalizzato. A soffrire particolarmente sono i prezzi medi e l’export. «Ad esempio ad aprile 2020, un’azienda come la nostra molto focalizzata sul fuori casa ha fatto registrare un -93% sul fatturato, sono numeri importanti», , dice Alessandro Spadola, CEO di Caffè Moak, azienda partner dell’Associazione Design Industriale (ADI). «Dopo il lockdown il mercato ha continuato a essere fortemente instabile, abbiamo avuto cali consistenti mese su mese. Fino ad arrivare al primo trimestre 2022, l’ultima coda del Covid-19, quando i numeri hanno iniziato ad avvicinarsi ai livelli del 2019 su un fatturato consolidato. Poi la guerra ha creato una serie di speculazioni sui prezzi, con la crescita enorme dei costi per l’energia». La soluzione per la crisi però esiste: sostenibilità, qualità, cultura, innovazione tecnologica e valorizzazione del capitale umano. Le aziende si trovano così costrette a mettere mano ai propri bilanci, rivedendo voci di spesa e modelli di business.

La sostenibilità diventa un asset

La pandemia ha impattato in modo così radicale e imprevisto sulle suply chain, da spingere molte persone a interrogarsi maggiormente riguardo l’importanza della provenienza e della lavorazione del caffè che bevono. Aumenta esponenzialmente in Italia, nel mondo in generale, la predilezione per acquisti sostenibili. Definizione che presuppone una vera e propria rivoluzione che investe consumi e abitudini. Il costo maggiore è considerato il giusto prezzo da pagare per assicurare eticità, tracciabilità e sostenibilità del prodotto. La transizione delle aziende verso la sostenibilità è un obiettivo che richiede uno sforzo non indifferente, poiché investe ogni ambito, dai processi ai prodotti.

Ma la crescente attenzione per il green rende la transizione un’opportunità per le imprese di aumentare i profitti e diminuire le spese. La tracciabilità è un elemento da non trascurare in una filiera estesa e articolata come quella del caffè. Per venire incontro a questo trend, sempre più torrefazioni stanno intensificando la propria presenza in loco nei territori di produzione. Questo presenta vantaggi in termini di vendite e reputazione del brand. Inoltre, assumendo il ruolo di mediatori tra produttori e consumatori assicurano una maggiore conoscenza della storia del chicco e si assicurano che l’espresso che arriva sulle nostre tavole sia di qualità eccellente.

Rinnovabili e riciclo per rilanciare la filiera

Ma la rivoluzione verso la sostenibilità passa anche dall’energia green. Le rinnovabili aiutano a contrastare i cambiamenti climatici e i devastanti effetti sull’economia. Al tempo stesso, l’auto-produzione di energia pulita assicura agli imprenditori un risparmio in bolletta, oltre ai benefici benefici ambientali e sociali. Ci sono poi, le pratiche virtuose che permetteranno la transizione verso un’economia circolare: riciclo, riutilizzo, riduzione degli sprechi. Il riciclo è una delle pratiche che possono trasformare la sostenibilità da spesa a leva di crescita, un asset importante per l’azienda e un elemento distintivo rispetto ai competitor. Il packaging è uno dei settori su cui agire per avere un impatto positivo reale. Plastica e alluminio sono ancora gli imballaggi prevalenti, con buona pace per l’ambiente. La ragione principale è che l’alluminio, in particolare, assicura tempi di conservazione del caffè più lunghi rispetto ad altri materiali. Un aspetto importante data la lunghezza della filiera, dal produttore al consumatore.

In questo quadro ricerca e innovazione assumono un ruolo centrale per trovare un compromesso tra sostenibilità e esigenze delle aziende. In quest’ottica, il minibond sostenibile introdotto da Unicredit e SACE (Servizi Assicurativi e Finanziari per le Imprese) promuove i progetti che hanno una valenza importante in ottica di transizione sostenibile. Lo strumento finanzia infatti obiettivi ambiziosi quali la riduzione dell’impatto ambientale, il raggiungimento del 100% del riciclo del packaging dei prodotti monoporzionati, l’ottenimento di certificazioni della catena di fornitura, investimenti nel welfare aziendale. Le imprese che vogliono usufruire di questi finanziamenti devono scegliere un Sustainability Advisor terzo per definire gli obiettivi di sostenibilità e individuare le strategie in ambito ESG.

Il potenziale della qualità

Un’altra freccia nella faretra della filiera è la qualità. La torrefazione rappresenta uno snodo importante della catena, un approdo di sicura qualità per gli amanti del caffè. O meglio, può rappresentarlo se cura ogni aspetto della produzione dell’espresso. Il cammino verso l’eccellenza è però costellato di insidie, sono tanti i particolari da curare per raggiungerla. La tazzina è solo la destinazione finale di un lungo viaggio che inizia nelle piantagioni di caffè di Paesi lontani. Brasile, Vietnam, Colombia e Indonesia, Messico, Guatemala, Honduras, Perù, Etiopia e India sono i principali produttori della bevanda più amata dagli italiani.

La scelta della materia prima è centrale, perché la tecnologia non è in grado di sopperire alla carenza di qualità del frutto. Solo selezionando i migliori chicchi è possibile consegnare al consumatore finale un espresso eccellente. La raccolta stessa è un momento importante. Il metodo manuale picking è più costoso rispetto allo stripping (automatico) ma permette di distinguere i frutti maturi da quelli ancora acerbi, preservando l’eccellenza. I frutti vengono poi selezionati e avviati al trattamento delle drupi, utilizzato per estrarre i chicchi. Il caffè viene poi messo all’interno di sacchi di juta e spedito nelle torrefazioni. Qui i chicchi vengono tostati e impacchettati per spedirli alla grande distribuzione o agli esercizi commerciali della ristorazione.

La tostatura è un procedimento tanto complesso quanto importante per determinare l’aroma e il gusto della miscela. Per questo motivo, c’è bisogno di un lavoro sinergico di tutti gli attori coinvolti, oltre alle tecnologie più avanzate. Know-how italiano incontra l’innovazione. Altrettanto fondamentali sono la macinatura e la trasformazione in liquido. Se ogni processo di lavorazione non viene eseguito al meglio, la qualità finale del caffè ne risente.

Il segreto per un buon caffè? La cura nei dettagli

Un aspetto spesso trascurato è il service post vendita, il supporto in termini di utilizzo del prodotto. Se i baristi non sanno utilizzare correttamente o manutenere le macchine per trasformare i chicchi nella bevanda più amata dagli italiani il risultato sarà comunque scadente. «La filiera produttiva finisce nel momento in cui abbiamo confezionato il pacco del caffè in grani che verrà poi macinato e reso liquido dalla macchina. Questa è una fase molto importante perché, se effettuata male, il risultato è scadente nonostante tutti le operazioni precedenti siano state svolte correttamente. Per questo motivo è importante proseguire nel controllo e nella formazione delle persone che lavoreranno il prodotto. Quando questo sistema funziona correttamente possiamo consegnare al consumatore finale un espresso eccellente.

La torrefazione diventa centrale nel momento in cui cura tutti gli aspetti della produzione dell’espresso. Se invece si occupa solamente di alcuni di questi, di fatto demanda ad altri la responsabilità sulla qualità dei prodotti. Oggi per fare un caffè di qualità bisogna curare tanti particolari. Se all’origine non utilizziamo una materia prima di qualità possiamo utilizzare le più avanzate innovazioni ma il prodotto finale non sarà eccellente. Partendo dall’acquisto e dalla selezione delle materie prime che lavoriamo dobbiamo utilizzare una tecnologia che consente di lavorarlo nel migliore dei modi. Un processo che permetta di mettere in risalto tutte le qualità migliori del prodotto. Si interviene con tecnologia e conoscenza», spiega Spadola.

Il capitale umano

L’eccellenza del caffè italiano parte dal prodotto e si affina con la cura nella lavorazione. Una cura che nasce da due elementi: la passione e lo studio. Per questo motivo, l’industria del caffè sta puntando sulla centralizzazione di diversi anelli della supply chain. Investire nella formazione di professionalità che lavorano direttamente in azienda permette di conoscere meglio le problematiche aziendali e trasformarle in punti di forza. La crescita passa però anche dalla creazione di un ambiente di lavoro sano.

Il fenomeno delle “Grandi Dimissioni”, che sta prendendo piede in tutto il mondo, dimostra infatti che i collaboratori considerano il benessere sul lavoro un fattore di scelta imprescindibile. Sempre più persone si dimettono, lasciando professioni anche ben remunerate, in cerca di condizioni di vita migliori. Per questo motivo, il welfare aziendale diviene un’occasione di crescita e un’opportunità per l’azienda di attrarre talenti. Creare un luogo di lavoro green, attento alle esigenze personali, con spazi dedicati al benessere dei lavoratori porta infatti benefici in termini di produttività.

Caffè e cultura

L’“oro nero” non è solamente il prodotto agroalimentare con il volume di scambi più altro. È anche un fenomeno all’origine di mode e modi di consumo che hanno influenzato costumi, luoghi e forme di sociabilità degli ultimi trecento anni. I caffè di ogni Paese sono stati per anni le fucine di idee e opere letterarie, luoghi di incontro degli intellettuali che si scambiavano opinioni sorseggiando l’amara bevanda. Ogni anno nel mondo beviamo più di 500 miliardi di tazze di caffè, mentre stringiamo affari, socializziamo o ci rilassiamo. Un bene di consumo che è ormai diventato uno stile di vita. La pandemia da Covid-19 ha messo però in crisi questi costumi, costringendo anche la filiera della piccola e media ristorazione a reinventarsi. Sfruttare altri aspetti della cultura, quali la musica e i libri, permette di valorizzare il prodotto caffè, costruendo nuovi spazi di socialità. Al tempo stesso, organizzare eventi permette di aumentare la conoscenza del proprio brand comunicando in maniera diversa. Un’opportunità per far conoscere la propria realtà anche all’Estero, contando sulla rinomata qualità del Made in Italy nel mondo.

Una seconda strategia per valorizzare pienamente l’oro nero è puntare sul design. Vestire bene un prodotto è un’arma in più per spiccare rispetto alla concorrenza. Anche in questo settore, puntare sulla qualità paga. Qualità è anche attenzione ad ogni merce che viene consegnata al cliente. Nel caso di un bar, ad esempio, lavorare sul pack e sulla brandizzazione di tutti oggetti che l’azienda regala insieme allo stock di caffè. Oggetti che hanno il potenziale di comunicare l’azienda. Nella tazzina convergono poi bellezza e praticità. L’aspetto accattivante non può andare a discapito del gusto o dell’aroma del caffè. I tovaglioli sulla tavola, il contenitore di zucchero, il vassoio, il grembiule dei baristi sono strumenti dal forte potere comunicativo.

Il mio motto è "Scribo ergo sum". Laureato in "Mediazione Linguistica e Interculturale" ed "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, mi sono specializzato in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di Mercati, spazio e crypto.