Il calcio è molto più di uno sport, è uno strumento di potere. Sempre più Stati puntano sul pallone per aumentare la propria influenza e espandersi verso altri mercati. I due attori principali dello scontro sono la Cina e gli USA. L’Impero del Dragone ha un piano di sviluppo incentrato sulla stadium diplomacy, la costruzione di infrastrutture faraoniche in Paesi chiave per la geopolitica cinese. Un progetto che si fonda sugli investimenti veicolati dall’Asian Infrastructure Investment Bank. Ma c’è un nuovo attore che si affaccia sul palcoscenico del calcio che conta: l’Africa.
Il calcio africano, la scommessa
Il campione africano è il Marocco, la rivelazione degli ultimi Mondiali, che ha portato il calcio del Continente alla ribalta.
«Con un investimento adeguato e un’attenzione continua, il calcio africano potrebbe raggiungere livelli oggi ancora inimmaginabili. Ci sono molte risorse e talenti purissimi in Africa. Il Marocco degli ultimi Mondiali ci ha dimostrato che il continente può ambire ai massimi livelli. La nazionale marocchina da molti anni investe nel calcio, specialmente nei settori giovanili e lo stesso governo nazionale ha deciso di farlo, come elemento strategico di soft power per il potenziamento dell’immagine del Paese nordafricano nel mondo. È interessante che durante i Mondiali 14 giocatori difendevano la maglia di una nazione, della quale non sapevano la propria lingua ufficiale, poiché nati all’estero», spiega Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School e coautore del libro “Calcio, politica e potere. Come e perché i Paesi e le potenze usano il calcio per i loro interessi geopolitici”.
«Mancano ancora investimenti adeguati e strutture adatte per sviluppare il calcio al massimo livello. Tuttavia, ci sono segnali positivi di crescita, come l’Africa Super League e l’aumento del numero di africani nelle squadre dei campionati top 5 europei. Inoltre, l’organizzazione di Coppa d’Africa e campionati nazionali migliorano ogni anno, il che porterà certamente ad una crescita del livello e delle competizioni anche in Africa», aggiunge Mancini.
La sfida tra Cina e America sulla tecnologia si ripropone anche nel calcio
«E anche in Italia, dove emergono due blocchi: il Centro e il Nord. La Roma ha una proprietà americana, Milan e Inter invece appartengono a fondi cinesi. Gli USA investono fortemente nel calcio inglese e in America, dove la popolarità di questo sport aumenta dal 1960. Oggi è al quarto posto dopo football, baseball e basket. La crescita del calcio femminile, in particolare, è un trend da non sottovalutare e contribuisce a rendere gli USA il Paese con il maggiore potenziale di sviluppo nel breve- medio termine. Tra le ragioni c’è anche l’importante mole di investimenti per costruire stadi e altre infrastrutture in vista dei Mondiali del 2026».
Il piano di sviluppo del calcio cinese avrà successo?
«È un piano estremamente ambizioso e prevede l’investimento di miliardi di dollari in infrastrutture e programmi di sviluppo del calcio in tutto il Paese fino al 2050. Questo darà anche la priorità alla costruzione di stadi in Paesi chiave per la geopolitica cinese, soprattutto nella Via della Seta. L’obiettivo principale di questa strategia è quello di inglobare il calcio in modo più ampio nella società cinese e di creare una squadra vincente per competere a livello internazionale.
Per quanto riguarda le conseguenze per l’Europa e il blocco atlantico, è difficile prevederle, ma si prevede che ci saranno effetti sul mercato del calcio globale, con un aumento degli investimenti cinesi nelle squadre europee e nei giocatori. Tuttavia, la situazione finanziaria dei club di calcio cinesi è ancora precaria e molti di essi hanno un debito molto elevato, quindi c’è una certa incertezza su come saranno effettivamente attuati questi progetti di investimento e quanto successo avranno».
L’Italia è quarta in Europa per ricavi da diritti Tv. Come recuperare competitività?
«La questione dei diritti televisivi è un tema molto popolare, se ne parla ormai in tutto il mondo. Con l’avvento dello streaming e della pay per view online sono aumentati anche i ricavi per le squadre, le Leghe e le Federazioni. Attualmente rappresentano la principale fonte di rendita. Analizzando la ripresa post Covid-19 risulta che il mondo del calcio non si sarebbe potuto risollevare senza i diritti Tv».
Il peso economico dei diritti Tv può rappresentare un rischio?
«Oggi sono la maggior parte degli introiti dei club. Quindi, gli amanti di questo sport non si devono stupire se oggi le partite non vengono giocate in contemporanea. Ormai il calcio è dominato dalla pay per view. Anche la maggior parte degli introiti di UEFA, FIFA proviene da qui. Basti pensare che quasi la metà della popolazione mondiale segue la finale dei Mondiali, l’evento sportivo più guardato al mondo. Il rapporto tra calcio e diritti tv impatta sulla fruizione dell’evento sportivo da parte dei tifosi, che lamentano una presenza predominante. L’evoluzione della tecnologia ha dato poca risposta alle richieste dei tifosi televisivi. Questi si trovano infatti senza alternativa al replay televisivo.
Chi guarda le partite allo stadio si rende conto che il Var annoia perché interrompe il gioco per diversi minuti. Negli ultimi anni l’ingresso di nuove piattaforme ha permesso di ampliare il mercato dei diritti Tv. Inoltre, negli ultimi anni si sono conclusi una serie di accordi di trasmissioni internazionali sempre più complessi e remunerativi. Oggi la partita geopolitica del calcio si gioca molto sui diritti tv. Cina, Stati Uniti, Medio Oriente con Qatar e Emirati Arabi si schierano per la conquista di questo terreno».
Tra le possibilità si parla dell’ingresso di fondi di investimento e banche nella Serie A. Potrebbe aiutare ad aumentare la competitività del sistema calcio italiano?
«La questione dell’ingresso dei fondi è un tema che abbiamo iniziato a scoprire con la presidenza Red Bird Capital Partners, che ha rilevato l’AC Milan raccogliendo l’eredità di Silvio Berlusconi. Un passaggio per molti versi inaspettato, ma in realtà inevitabile se ci pensiamo. La stessa città di Milano vive una dicotomia tra Asia e Stati Uniti. In particolare parliamo di Cina, Indonesia e Stati Uniti. Gli investimenti nel calcio sono molto più popolari oggi. Infatti, acquistare un club sportivo restituisce un duplice beneficio. Si possono trarre profitti dalla crescita del valore club, dalla vendita di giocatori e anche dai successi in campo. Vittorie che sono remunerate principalmente attraverso i diritti televisivi. Passando il turno di una competizione UEFA o nazionale si ha un’entrata».
L’ingresso dei fondi esteri potrebbe rendere la Serie A terra di conquista?
«È interessante che l’investimento nel calcio attraverso i fondi susciti diverse preoccupazioni. In primo luogo si ritiene che l’ingresso di questi soggetti possa influenzare le decisioni dei club sui trasferimenti a favore dei propri interessi finanziari. In questo caso, è la finanza che comanda e non più lo sport. Una situazione che si è già verificata e che probabilmente avverrà nuovamente. Sul caso del calciatore della As Roma, Nicolò Zaniolo, ci sono dubbi riguardo al fatto che lo strappo con il club sia effettivamente frutto di una lite interna oppure se ci sia stato un tema legato al fondo di investimento».
Quali altri rischi si profilerebbero?
«C’è anche il rischio che i club finiscano per avere debiti eccessivi. I fondi, soprattutto quelli nobiliari, per finanziare i propri acquisti devono indebitarsi. Ogni fondo che si definisce ricco ha però debiti importanti. L’ingresso di questi soggetti potrebbe mettere a rischio la stabilità finanziaria a lungo termine del club e la capacità di competere nel campionato. C’è sempre più un rischio elevato di default da parte delle squadre legato a motivi finanziari e non esclusivamente sportivi. Anzi, quasi esclusivamente extra sportivi. Pertanto, i fondi sportivi nel calcio sono spesso oggetto di regolamentazione e attenzione delle Autorità sportive ma anche finanziarie. Uno degli strumenti principali è il fair play finanziario. Negli ultimi anni si stanno introducendo sempre di più rappresentanti esperti di compliance, non solamente sportiva. Questo è importante perché fa capire quanto evitare questo tipo di operazione finanziarie nel mondo del calcio stia diventando sempre di più una priorità».
Si parla molto di plusvalenze fittizie, fair play finanziario e crisi. Il vero tema mi sembra però la sostenibilità economica dei club. Come raggiungerla?
«Ci sono molte opportunità per aumentare la diversificazione delle fonti di finanziamento nel calcio e garantire la sostenibilità economica dei club. Una di queste, già in atto in moltissime realtà sportive, potrebbe essere l’implementazione di criptovalute, come il Bitcoin, che potrebbero consentire ai club di raccogliere fondi da investitori globali senza essere vincolati a specifiche zone geografiche o stili di gioco. Inoltre, gli e-sport potrebbero offrire un’eccellente opportunità per i club di guadagnare denaro attraverso partnership con sponsor, pubblicità e vendite di merchandising. Tuttavia, per garantire una reale sostenibilità economica, sarà necessario affrontare anche la radice del problema, ovvero l’eccessiva spesa dei club.
È importante che i club sviluppino una cultura di controllo della spesa, maggiore trasparenza finanziaria e pianificazione a breve e lungo termine. Il fair play finanziario non dovrebbe essere visto come una limitazione, ma come un’opportunità per i club di operare in modo sostenibile e raggiungere un equilibrio finanziario solido. Allo stesso tempo, è importante che anche le autorità del calcio lavorino per garantire un ambiente di gioco equo e trasparente, promuovendo una cultura di integrità e onestà tra i club. Migliorare la diversificazione delle fonti di finanziamento e raggiungere la sostenibilità economica richiederà un approccio collaborativo da parte di tutte le parti interessate. La creazione di sinergie tra club, sponsor, investitori e autorità del calcio potrebbe offrire soluzioni innovative e sostenibili per garantire un futuro solido al calcio professionistico».
Quali sono le strategie calcistiche di Russia e Paesi del Golfo?
«Putin ha utilizzato il Mondiale 2018 per dare forza al Nation branding russo e promuovere nel mondo l’idea di una nazione compatta e forte. Il calcio viene usato in questo caso anche per influenzare le minoranze russe all’estero e per creare un senso di unità nazionale in patria. Inoltre, la Russia ha spesso finanziato squadre di calcio in Paesi stranieri per migliorare le relazioni diplomatiche e per accrescere la propria influenza. I Paesi del Golfo, invece, hanno utilizzato il calcio come mezzo per promuovere l’immagine e il potere dei loro regimi autoritari».
Quale impatto ha il riposizionamento dello Shakhtar, in seguito allo scoppio della guerra?
«Il riposizionamento dello Shakhtar di Rinat Akhmetov ha avuto un impatto significativo sul calcio in Ucraina. Lo Shaktar ha spostato la propria sede da Donetsk a Kharkiv a causa del conflitto in corso nella regione del Donbass. Questo ha portato alla separazione tra la maggior parte dei club di calcio dell’Ucraina e la regione del Donbass. Ciò ha creato un divario nel calcio ucraino, con alcune regioni che sostengono il governo ucraino e altre che sostengono le forze separatiste filorusse. Il riposizionamento dello Shaktar ha anche avuto un impatto sulle rivalità calcistiche e sulle dinamiche economiche all’interno della regione». ©
Articolo tratto dal numero del 1 maggio 2023. Abbonati!