venerdì, 4 Ottobre 2024

Educazione finanziaria: le basi del risparmio si insegnano a scuola

Sommario

Buone notizie per l’educazione finanziaria, che entra nelle scuole italiane. O almeno questo è l’impegno espresso dal Governo nel Ddl Capitali: secondo il testo, ogni cittadino ha diritto alla diritto «alla salute, al benessere della persona e all’educazione finanziaria, con particolare riguardo alla finanza personale, al risparmio e all’investimento».

Questo progetto può veramente cambiare le cose?

In Italia, la competenza finanziaria degli adulti è motivo di preoccupazione. I dati parlano  chiaro: solo il 37% della popolazione è in possesso di conoscenze adeguate (nel box i dati nel dettaglio). Un numero che pone il Bel Paese nettamente al di sotto della media europea del 52%. Le regioni centro-settentrionali dell’Europa sembrano essere più avanti in termini di comprensione finanziaria rispetto a quelle meridionali, dove le percentuali sono inferiori. Ad esempio, in Grecia e Spagna solo il 45% e il 49% degli adulti possiedono competenze in materia.

Al contrario, Paesi come la Svezia, la Norvegia e la Danimarca sono in testa alla classifica con una percentuale del 71% di adulti competenti, mentre Germania e Paesi Bassi seguono con un tasso del 65%. Questi risultati sono probabilmente la conseguenza di una maggiore familiarità con i servizi finanziari, favorita da una diffusa educazione universitaria e percorsi formativi specifici nelle scuole. Attraverso l’inserimento negli istituti nazionali dell’educazione finanziaria, le nuove generazioni hanno l’opportunità di acquisire conoscenze fondamentali su risparmio e investimento, ottenendo una maggiore consapevolezza delle loro scelte economiche.

Le sfide della riforma

La riforma comporta sfide per i ragazzi quanto per i docenti. Ad esempio, sarà importante garantire l’accesso all’educazione finanziaria a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro condizioni socioeconomiche, per evitare di creare ulteriori disparità e per promuovere un’effettiva inclusione. Inoltre, il decreto prevede la formazione di professori specificamente preparati. Ciò comporterà la creazione di nuovi programmi di aggiornamento per gli insegnanti, nonché la necessità di investire in risorse didattiche e materiali adeguati. I docenti dovranno adattarsi ai nuovi contenuti e integrarli nei programmi scolastici esistenti. A oggi, il Ministero dell’Istruzione e del Merito deve ancora definire le linee guida per lo studio del progetto, d’intesa con la Banca d’Italia e Consob.

L’educazione finanziaria negli altri Paesi

L’introduzione di questa materia può aiutare a ridurre la disoccupazione giovanile, grazie alla maggiore consapevolezza finanziaria raggiunta. Non è un caso se Paesi Bassi e Finlandia, dove l’educazione finanziaria è ben integrata nelle scuole, sono tra le Nazioni europee con la disoccupazione giovanile più bassa: rispettivamente del 16% e del 13%. Nel nostro Paese, invece, si attesta attorno al 23%. Inoltre, lo sviluppo di competenze specifiche può essere incentivato seguendo l’esempio del Regno Unito, dove l’educazione finanziaria fa parte del curriculum e il tasso di imprenditorialità è del 7,9%, superiore alla media europea del 6,3%.

Cosa succede oltreoceano?

Al di fuori dell’Europa diversi Paesi hanno già avviato programmi con risultati positivi, sia in termini di miglioramento della competenza dei cittadini, sia di impatto sulla stabilità economica e sociale. Ad esempio, in Australia, il programma MoneySmart lanciato dal Governo contribuisce a migliorare significativamente la competenza finanziaria degli studenti, grazie a un approccio basato sulla pratica e sull’esperienza diretta. Il programma prevede l’utilizzo di strumenti interattivi e di simulazioni di situazioni reali, che permettono ai giovani di applicare concretamente le conoscenze acquisite in ambito finanziario.

Anche in Canada l’educazione finanziaria è stata integrata nel curriculum scolastico, con l’obiettivo di fornire agli studenti le conoscenze e le competenze necessarie per prendere decisioni responsabili e consapevoli. Anche qui, troviamo una disoccupazione giovanile da record: solo il 9,20%. Lo studio di questa materia fornisce le competenze necessarie per valutare i diversi tipi di investimenti disponibili sul mercato. Ad esempio, distinguere tra basso e alto rischio, oppure comprendere le differenze tra i vari strumenti finanziari. Ciò potrebbe incoraggiare le generazioni future a pianificare a lungo termine e a riflettere sui propri obiettivi finanziari.

Di conseguenza potrebbero iniziare a considerare gli investimenti come un mezzo per raggiungere questi obiettivi, diversificando il proprio portafoglio e riducendo il rischio di perdite finanziarie. Grazie a queste nuove competenze, i giovani italiani potrebbero essere più propensi a prendere decisioni di investimento informate, a lungo termine e basate su scopi ben definiti, contribuendo così a costruire un futuro finanziario più solido e sicuro per loro stessi e per il Paese. ©

Credits photo: shironosov, Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 maggio 2023. Abbonati!