Le ripetizioni, come ogni genere di reddito, andrebbero dichiarate. Ma come farlo?
Il modo più semplice, se non si generano guadagni superiori ai 5 mila euro annui, è registrarle come lavoro autonomo occasionale. In tal caso, chi presta il servizio è tenuto a rilasciare ricevute ai suoi clienti, con tanto di marca da bollo se i singoli compensi superano i 77,47 euro. Alla fine dell’anno, poi, i redditi andranno a finire nel quadro D “altri redditi” del modello 730.
Se però i compensi superano i 5 mila euro e l’attività è regolare, l’opzione più pratica è l’apertura della partita IVA, con la possibilità di aderire (sotto gli 85 mila euro di reddito annuo) al regime forfettario, cioè senza IVA in fattura, tassato al 5% per i primi 5 anni, poi al 15%. La partita IVA comporta anche l’obbligo di versare i propri contributi, iscrivendosi presso la gestione separata INPS o altre casse previdenziali.
L’ultima opzione, estremamente pratica, ma aperta solo agli insegnanti di ruolo, è quella della cedolare secca. Dal 2019, infatti, chi detiene una cattedra a qualsiasi livello di istruzione può dichiarare, senza aprire partita IVA, i redditi ottenuti da lezioni private. In tal caso, l’imposta applicata è una flat tax al 15%.