Pensioni nel mirino della Manovra 2024. Il disegno di legge di Bilancio, che dovrà essere approvato nelle prossime settimane, contiene tagli diffusi sui trattamenti previdenziali. Si allungano i tempi dell’uscita dal lavoro, mentre si rischia di ampliare il divario di genere. Le donne infatti, come evidenziano i dati Istat, riescono ad andare in pensione 5 mesi più tardi rispetto agli uomini e con assegni previdenziali inferiori del 36%. Anche per i lavoratori atipici gli interventi previsti nella Manovra da varare non lasciano spazio a facili illusioni. Ecco le 5 misure che se andassero in porto potrebbero penalizzare donne e precari.
1 – Quota 104
A partire dal 1° gennaio 2024 i requisiti per il pensionamento anticipato di Quota 103 (62 anni d’età e 41 di contributi) dovrebbero trasformarsi in Quota 104 (63 anni d’età e 41 di contributi). Il trattamento pensionistico verrà calcolato anche per i contributi versati priva del 1996 basandosi non sull’importo della retribuzione, ma esclusivamente sull’effettiva contribuzione. Con il prepensionamento la penalizzazione sul sussidio sarà del 4%. Tale misura penalizza i precari che hanno avuto una carriera discontinua.
2 – Opzione Donna
Dal 2024 sale di un anno l’età per poter usufruire di Opzione Donna, la misura che consente alle lavoratrici di accedere ai prepensionamenti. Dipendenti licenziate o che operano in aziende in crisi, invalide o impegnate nell’assistenza di parenti invalidi potranno uscire dal mercato del lavoro solo al raggiungimento del 61° anno d’età e solo per le donne che hanno maturato 35 anni di contributi. L’importo della pensione sarà per tutte calcolato con il metodo contributivo.
3 – Ape Sociale
L’uscita anticipata dal lavoro per categorie come ad esempio invalidi, disoccupati, caregivers e addetti a mansioni usuranti, prevista dall’Ape sociale viene confermata. Cresce però l’età per beneficiare dell’indennità di accompagnamento alla pensione: da 63 anni d’età a 63 anni e 5 mesi compiuti.
4 – Giovani
Come è ormai noto, chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il 1995 e quindi ricade nel calcolo pensionistico con il metodo contributivo e non più retributivo può andare in pensione a 67 anni con 20 anni di contributi. Il pensionamento sarà possibile solo se si è maturato un importo contributivo pari all’assegno sociale (503 euro), in caso contrario serve aver compiuto almeno 71 anni. Per i prepensionamenti la Manovra prevede un’età minima di 64 anni e un importo di 3,3 volte l’assegno sociale: 1.659 euro. La misura penalizza i lavoratori con bassi redditi. Allo stesso tempo però abbassa la soglia per le madri: 2,8 volte l’assegno sociale se hanno un figlio (1.408 euro); 2,6 se hanno due o più figli (1.307 euro).
5 – Riscatto dei buchi contributivi
Appare oneroso il previsto riscatto dei buchi contributivi. Potrà usufruirne chi avrà raggiunto l’età pensionabile, ma non gli anni di contributi versati. Potranno pagare all’Inps in 120 rate mensili fino a 5 anni dei propri contributi che saranno così equiparati ad anni di lavoro ai fini del raggiungimento del tetto necessario per l’uscita dal mercato del lavoro. ©
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