domenica, 28 Aprile 2024

Una fabbrica su due non riesce a reperire personale

Sommario

Posti di lavoro vacanti e robot tra le fabbriche italiane. L’industria tricolore punta all’innovazione e recluta nuove leve. Il comparto conta 451.500 aziende, un fatturato da 1.170 miliardi di euro e conta 400mila assunzioni tra novembre 2023 e gennaio 2024. Ma c’è di più. Nell’andamento del settore manifatturiero, il 70% delle realtà sta valutando un percorso di crescita, attraverso l’ampliamento dei settori o con l’internazionalizzazione e altre politiche di sviluppo. Le statistiche mostrano ottimismo. In Puglia, l’87% degli imprenditori dichiara di essere pronto a rinnovarsi nei prossimi due anni.

Fabbriche e finanziamenti pubblici

Oltre la metà del tessuto produttivo industriale italiano, intanto, ha usufruito di finanziamenti pubblici. Al 45% delle società è stata data l’opportunità di realizzare investimenti indispensabili per evolversi, mentre il 9% deve ai fondi finanziari la possibilità di sopravvivere con le proprie risorse sul Mercato. Il 19% delle imprese italiane, dopo aver ottenuto sussidi, afferma che non richiederà più fondi pubblici o agevolazioni, mentre il resto del comparto godrà ancora di qualche aiutino. Per quanto riguarda gli sgravi fiscali, il 40% delle aziende che operano nel manifatturiero accederà al credito d’imposta per investimenti in beni finalizzati alla trasformazione digitale,  mentre il 35% beneficerà di quello per la formazione 4.0, del 18% garantito dalla misura “Nuova Sabatini Green” per acquisire strumenti a favore della sostenibilità ambientale. Il 16%, infine, si avvarrà degli incentivi per l’innovazione dell’area ricerca e sviluppo (il cosiddetto “secondo sportello”).

Il settore manifatturiero in continua evoluzione

Gli addetti ai lavori osservano un universo che muta con rapidità, trasformandosi velocemente. «In fabbrica oggi abbiamo attività gestibili con uno smartphone. Alcune officine sembrano sale operatorie», dice Maruska Sabato, Project Manager di Mecspe, principale fiera italiana dell’industria manifatturiera. Organizzata da Senaf, la kermesse business to business si è chiusa il 25 novembre a Bari con l’edizione “Transizione e Industria 4.0” e riaprirà a Bologna dal 6 all’8 marzo 2024 con la sua Fabbrica Digitale.

Come sta vivendo questo periodo il settore manifatturiero in Italia?

«L’andamento della manifattura si conferma sempre positivo e trainante per l’economia del Paese. Ben 7 imprenditori su 10 ritengono il proprio portafoglio di ordini adeguato e hanno raggiunto o raggiungeranno il fatturato previsto per la fine dell’anno. Non ci sono particolari differenze tra Nord e Sud Italia: dalla proiezione nazionale che abbiamo come Osservatorio Mecspe, i risultati sono pressoché analoghi lungo l’intero Stivale. Anche in Europa, il manifatturiero è la realtà che sostiene l’intera economia. Certo, in questo momento c’è un po’ di staticità, ma i problemi generati dai colli di bottiglia delle forniture si stanno risolvendo con il reshoring. Siamo in una fase di ristrutturazione».

Una rilocalizzazione piuttosto diffusa…

«Durante la pandemia da Covid-19 l’approvvigionamento dall’Oriente è stato faticoso. Le aziende che erano delocalizzate all’estero faticavano a far arrivare in Italia i propri materiali. In tanti sono quindi tornati a produrre in Europa, soprattutto nel settore dell’automotive. Sono rientrate tutte quelle imprese che erano perlopiù ad Est, in Asia. La Germania, ad esempio, ha ripreso in mano la catena di fornitura. Ha riorganizzato l’industria redistribuendo il lavoro tra i Paesi vicini (compresa l’Italia) accorciando la distanza. Se nel 2022 la difficoltà nel reperire materiali era del 20%, nel 2023 si è abbassata al 18%. Un piccolo miglioramento, un segnale di inversione di tendenza». 

La metà delle aziende lamenta difficoltà nel reclutare risorse umane. Come mai?

«Quello della reperibilità dei talenti è oggi l’argomento più spinoso, a parte il caro energia e l’inflazione. Un tema non solo italiano, ma di respiro internazionale. Se ne parla sia in Europa sia nelle Americhe. I problemi si verificano perché la fabbrica non appare attraente per le nuove generazioni. Per questo motivo, da anni cerchiamo di fungere da ponte tra l’industria e i giovani. Con il Mecspe Young Carrier, all’interno della manifestazione, ospitiamo imprese che cercano personale e vengono a parlare delle figure richieste. In più coinvolgiamo gli istituti che presentano i percorsi formativi con i relativi sbocchi professionali. Insomma portiamo domanda e offerta di lavoro in un luogo fisico, che è la fiera. Collaboriamo con scuole e atenei, facendo partecipare gli studenti ad attività dimostrative insieme alle aziende. Esperti di tecnologia e di Mercato illustrano misure e soluzioni adottabili con case history di successo per mostrare come funziona realmente l’industria manifatturiera. Una realtà che è cambiata dagli anni Settanta, quando ci si sporcava le mani con il grasso: l’ambiente oggi è diverso. Grazie alla digitalizzazione, ormai esiste una struttura informatica che ha rivoluzionato i processi produttivi. Il problema è culturale, di conoscenza. Bisogna svecchiare il concetto di fabbrica».

L’alto tasso di disoccupazione al Sud contraddice il timore delle aziende di non trovare lavoratori da assumere…

«Sì, ma bisogna partire dalla formazione. Poi il disoccupato, in base alle proprie competenze, può trovare diversi tipi di offerte di lavoro. Durante il Mecspe ci sono aziende che mettono il cartello “cercasi personale” e fanno i colloqui. Sta molto all’iniziativa dell’individuo. Chi è interessato a lavorare nel settore manifatturiero sicuramente trova annunci di aziende che reclutano nuovi dipendenti: dall’officina alla vendita. Ci sono diverse opportunità. I media sono focalizzati nel valorizzare i talenti di cantanti, cuochi, ballerini, ma va ricordato che la creatività può passare anche attraverso l’industria. Siamo il Paese di Leonardo da Vinci, vantiamo inventori di calibro internazionale, abbiamo tutto il potenziale per emergere con successo. A livello di ingegno e progettazione in Italia c’è molto fermento. Basti pensare che con gli atenei ogni anno si costruiscono da zero veicoli da competizione e si partecipa a gare sportive. Ripeto, ad oggi, la reperibilità dei talenti è la difficoltà maggiore. Il resto si supera».

Come affrontate il tema della transizione ecologica?

«Ormai la sostenibilità è un approccio imprescindibile. Siamo consapevoli che le risorse del pianeta non siano infinite ed è quindi necessario che le aziende si adoperino per l’ambiente e indirizzino le strategie in direzione di percorsi virtuosi di produzione, anche dal punto di vista sociale. Attraverso il Cuore Mostra di Mecspe da un paio di anni trattiamo questi aspetti, parlando di innovazione in aree dimostrative che possano aiutare le aziende ad affrontare questo passaggio. Senza traumi, ma in ottica resiliente, essendo le industrie manifatturiere realtà particolarmente energivore. Un ruolo nevralgico, dalla progettazione alla produzione, è rivestito dalla digitalizzazione».

Parlando di sostenibilità, qual è lo stato dell’arte nell’industria manifatturiera italiana?

«Non siamo all’anno zero. Negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi in avanti. Ci sono ovviamente dei margini di miglioramento, ma sul fronte sostenibilità anche nelle micro, piccole e medie imprese cresce il livello di conoscenza delle sfide che ci attendono. Prende piede l’ambizione di rientrare nei parametri degli standard ESG (Environmental, Social and Governance), misurando l’impatto delle scelte dell’azienda sul piano ambientale, sociale e di promozione di best practice. Tre declinazioni per rispondere alle richieste del Mercato e degli stakeholder, che devono avanzare di pari passo. Da un nostro sondaggio è emerso che, dal 2022 al 2023, il numero di imprenditori attenti che hanno investito nell’implementare tecnologie volte a rendere le produzioni più sostenibili, è aumentato di 10 punti percentuali: dal 36% al 46%. Inoltre si rileva che nel vagliare le possibili strategie aziendali da attuare nel futuro prossimo, 8 PMI su 10 (l’80%) considerano prioritaria l’adozione di pratiche virtuose».

Robotica ed AI fanno già parte dei vostri orizzonti?

«Certo, da tempo. A partire dal Piano Calenda degli scorsi anni, che prevedeva investimenti in tecnologie abilitanti come i cobot, (robot concepito per interagire fisicamente con l’uomo in uno spazio di lavoro ndr) la maggior parte delle aziende ha attivato un processo di trasformazione digitale a più livelli. Ormai tutte le macchine di produzione sono dotate di software per il monitoraggio dei consumi, per le attività di manutenzione predittiva e per ottenere dei dati utili alle attività di marketing. Accanto all’anima sostenibile delle imprese, migliora anche il livello di digitalizzazione. Sono infatti 7 imprenditori su 10, il 70%, a dichiarare di aver avuto una crescita digitale da media ad alta in azienda. L’Intelligenza Artificiale, dai dati più recenti (novembre 2023), ha conquistato gli imprenditori pugliesi: per il 75% di loro l’impatto sul mondo industriale sarà positivo. Tra le tecnologie e i processi innovativi che le imprese hanno intenzione di introdurre in futuro, sul podio vi sono la sicurezza informatica e la robotica collaborativa. Quest’ultima si sta diffondendo a macchia d’olio. La usiamo quasi tutti in casa con dispositivi come Alexa oppure in auto, quando telefoniamo collegando il cellulare con il Bluetooth. Anche l’AI sta pervadendo la nostra vita quotidiana: quando banalmente facciamo una ricerca sul web, spesso appare scritto che la risposta è elaborata tramite intelligenza artificiale. L’industria, per sua natura, non è immune a questo processo di trasformazione. Anzi».

Esistono mansioni specifiche per cui la robotica è più indicata?

«La robotica deve essere vista come sinonimo di tutela e sicurezza per i lavoratori. I cobot vengono utilizzati per aiutare l’uomo a ottimizzare alcune mansioni. Sono in grado di automatizzare un gran numero di operazioni, che vanno dal magazzino alla produzione. L’obiettivo è di sollevare gli operatori da attività ripetitive, generando nel contempo efficienza e maggiore produttività. Gli ambiti dove vengono maggiormente utilizzati sono il Pick and Place, l’asservimento di macchine utensili, la manipolazione di materiale, il controllo di qualità, nonché operazioni rischiose per l’uomo come saldature e finiture superficiali. Non toglie lavoro al dipendente, ma collabora ad eseguire mansioni difficili e talvolta anche pericolose. Pensiamo alla fonderia: ci sono dei robot antropomorfi che eseguono delle lavorazioni ad altissime temperature alle quali un essere umano non si potrebbe avvicinare, altrimenti verrebbe cremato. Intervengono in attività estremamente delicate, come maneggiare veleni, sono degli ausili. Non è che non c’è più lavoro con il robot, ma si viene sollevati da compiti pesanti».

Quali sono i prossimi passi per rendere il settore competitivo a livello internazionale?

«L’innovazione ci porta dappertutto. Se noi utilizziamo il nostro intelletto, la nostra creatività, il nostro spirito di ricerca, la nostra curiosità e la nostra capacità comunicativa siamo sicuramente più competitivi. Attraverso tecnologia, digitalizzazione, sostenibilità e talenti giovani, che hanno una visione molto più globale rispetto alle vecchie generazioni, possiamo raggiungere enormi risultati. Questi sono gli elementi più importanti per l’internazionalizzazione. Con un settore manifatturiero altamente sviluppato possiamo attrarre l’interesse di visitatori stranieri. Dall’esterno guardano con ottimismo alle produzioni Made in Italy perché il nostro è un Paese simbolo d’eccellenza. La prospettiva è quindi quella di essere maggiormente digitalizzati, sostenibili per affrontare i mercati europei ed extraeuropei. La sfida è investire nello sviluppo».

Quali novità ha introdotto la Fabbrica Digitale di Mecspe?

«A marzo la Fabbrica Digitale, nata nel periodo dell’industria 4.0 e delle tecnologie abilitanti, compirà 10 anni. Il padiglione di Bologna è stato riprodotto anche a Bari 2023, durante lo spin-off della manifestazione creato in un’edizione ridotta per soddisfare le esigenze del Centro-Sud Italia. È un modello di impresa ideale, un esempio virtuoso per le aziende. Mostra come si digitalizza un impianto di produzione. Siamo stati i pionieri di quest’idea di portare la fabbrica del futuro in fiera, con un’area dove si può vivere l’esperienza di lavorare con macchinari di ultima generazione. Abbiamo così creato l’opportunità per chi si occupa di informatica, software, progettazione e digitalizzazione dei processi produttivi di incontrare le aziende che producono macchinari per la lavorazione di metalli o plastiche e quelle che li utilizzano, cioè piccole e medie imprese che eseguono la lavorazione in conto terzi e fanno parte della supply chain, quindi sono subfornitori. Una rete di relazioni che parte dal macchinario da equipaggiare con nuove tecnologie, per essere digitalizzato, poter ottenere dati sui quali studiare e calibrare gli indirizzi commerciali. È diventato un punto di riferimento, soprattutto oggi che proponiamo metodi per sfruttare al meglio realtà aumentata e intelligenza artificiale. C’è un’industria di precisione in Italia che passa anche dalla progettazione di moto, auto, di articoli di ogni genere, di beni di consumo come i telefonini. Bisogna stimolare l’interesse nei giovani per imporsi sul Mercato». ©

📸 Credits: Canva

Articolo tratto dal numero del 1° gennaio 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Giornalista professionista appassionata di geopolitica. Per Il Bollettino mi occupo di economia e sviluppo sostenibile. Dal 2005 ho lavorato per radio, web tv, quotidiani, settimanali e testate on line. Dopo la laurea magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale, ho studiato arabo giornalistico in Marocco. Ho collaborato a realizzare in Saharawi il documentario La sabbia negli occhi e alla stesura della seconda edizione del Libro – inchiesta sulla Statale 106. Chi è Stato?