lunedì, 29 Aprile 2024

Pensione: 2 italiani su 3 non pensano al futuro

Sommario

I due terzi degli italiani non si preparano al momento del ritiro dal mondo del lavoro. In pratica non investono i propri risparmi e non pensano a soluzioni alternative alla pensione, nonostante sia diffusa la consapevolezza che da sola potrebbe non bastare (Altroconsumo). Le ragioni dietro a questa mancanza di attenzione sono complesse e variegate, ma ne traspare evidente una scarsa conoscenza dell’ambito finanziario. Un atteggiamento che apre a diversi problemi, tra cui la povertà in vecchiaia e una dipendenza eccessiva dal sistema di previdenza sociale. 

«Mi auguro che un giorno l’educazione finanziaria sia considerata una disciplina a sé, con dignità e importanza proprie, che possa essere integrata stabilmente nel curriculum scolastico», dice Alma Foti, componente del Comitato Esecutivo di Anasf (Associazione Nazionale Consulenti Finanziari) per le aree Educazione finanziaria e Pari Opportunità.

Quali sono i motivi dietro questa situazione e come si potrebbe intervenire? 

«Il motivo è il basso tasso di alfabetizzazione finanziaria e previdenziale degli italiani. In particolar modo le fasce più vulnerabili della popolazione, come giovani, donne e persone con un basso livello di istruzione. Solo il 20% degli individui ha sottoscritto un fondo pensione integrativo, contro il 22% della media europea. Siamo molto distanti dal 37% del Belgio, il 40% dell’Irlanda e il 52% della Danimarca (Monitoring the level of financial literacy in the EU – Flash Eurobarometer 525). L’educazione finanziaria è fondamentale perché insegna a pianificare, stabilire obiettivi economici e comprendere l’importanza del risparmio. Troppo spesso le persone non pensano al loro futuro finanziario».

Come possiamo affrontare questo problema?

«Un passo in avanti è stato l’inserimento dell’educazione finanziaria nelle scuole, ma ricompresa nell’insegnamento dell’educazione civica. Questo è motivo per noi di sola parziale soddisfazione, perché riteniamo che nel percorso formativo dei ragazzi sia necessario che diventi presto materia a sé stante del piano di studi. Ci restano anche interrogativi in merito allo spazio che verrà effettivamente dedicato alla materia e alla scelta della docenza ritenuta idonea. Altri suggerimenti per migliorare le conoscenze in questo campo includono l’introduzione di una sezione dedicata al funzionamento dei sistemi previdenziali pubblici e complementari nelle scuole e, se possibile, nei luoghi di lavoro. Si dovrebbe poi promuovere la consulenza. I consulenti finanziari, esperti in materia previdenziale, possono aiutare i loro clienti a comprendere la situazione pensionistica e a scegliere i prodotti più adatti alle loro esigenze future».

Quali saranno gli effetti?

«Vedo questa evoluzione in una luce positiva, con diversi possibili effetti: crescita dell’impiego di risparmi tra i più giovani, maggior affidamento sulla consulenza finanziaria per la gestione dei risparmi, maggiori competenze di carattere assicurativo e previdenziale. La principale sfida che dobbiamo affrontare è la mancanza di conoscenza. Spero che venga progressivamente riconosciuto il fondamentale ruolo, anche etico, del consulente finanziario: insegnare come pianificare e rispondere ad esigenze specifiche, accompagnando le persone lungo il loro percorso di vita. Un ruolo centrale».

In che modo l’allungamento dell’aspettativa di vita influenza le scelte di risparmio dei giovani?

«Secondo i dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la speranza di vita alla nascita in Italia nel 2019 (prima della pandemia) era di 83 anni, mentre nel 2000 era di 79,4 anni. Il dato dell’Istat è solo leggermente diverso: 82,6 anni nel 2022. L’allungarsi della aspettativa di vita si scontra con i pericoli posti dal surriscaldamento globale e dai conseguenti fenomeni di cambiamento climatico. In virtù della mutata sensibilità verso questi temi, che coinvolgono i più giovani in prima persona, si può riscontrare il forte interesse delle nuove generazioni, e non solo, verso i prodotti sostenibili.

La percentuale degli investitori che ritengono rilevanti i temi ESG negli investimenti è passata dall’82% nel 2021 all’87% nel 2022; inoltre, è aumentata la percentuale di risparmiatori che hanno sottoscritto prodotti SRI (dal 17% nel 2017 al 22% nel 2022, addirittura un terzo – il 31% – tra chi ha investito più di €20.000), secondo una ricerca condotta dal Forum per la Finanza Sostenibile e Bva Doxa con il sostegno di ANASF.

Come conseguenza dell’allungamento della vita, la popolazione italiana sta però invecchiando: secondo alcune previsioni dell’Istat, l’età media della popolazione, pari a 46,2 anni nel 2022, sarà 50,8 nel 2080. Si prevede una crescita di quei settori dell’economia che prestano servizi dedicati alla popolazione più anziana, la cosiddetta silver economy».

Un esempio: gli under 35 andranno mediamente in pensione a 74 anni con meno di 1.600 euro lordi. Cosa possono fare i più giovani per tutelarsi?

«È fondamentale comprendere l’importanza di un approccio olistico alla pianificazione finanziaria, soprattutto in un Paese che è passato da un sistema retributivo a uno contributivo. Si verificherà un gap tra i nostri guadagni attuali e le aspettative future di pensione. In questa situazione, il ruolo del consulente finanziario diventa cruciale nel capire le necessità e gli obiettivi dei clienti e aiutare a sensibilizzare, soprattutto i giovani, sull’importanza di risparmiare anche piccole somme. È importante che i ragazzi si confrontino con il proprio consulente finanziario di fiducia e valutino anche la possibilità di investire parte dei propri risparmi fin da subito, ad esempio con un PAC (Piano Accumulo Capitale), che va incontro alle limitate disponibilità finanziarie dei più giovani dilazionando in più versamenti il contributo; o un PIR (Piano Individuale di Risparmio), che garantirebbe interessanti benefici fiscali a loro e permetterebbe di canalizzare risorse finanziarie verso il tessuto imprenditoriale italiano.

Quando parliamo di risparmio, dobbiamo cambiare la nostra prospettiva. Non dovremmo considerarlo come ciò che rimane dopo aver sottratto le spese dal reddito. Al contrario, il consumo dovrebbe essere visto come ciò che rimane dopo aver messo da parte i risparmi dal reddito. In altre parole, bisognerebbe stabilire prima quanto intendi risparmiare e decidere poi quanto spendere. Questo permette di mettere da parte una certa somma, che, se correttamente investita, può fare una grande differenza al momento del ritiro dal mondo del lavoro».

Ci sono differenze di competenze in ambito finanziario tra le diverse fasce di età, reddito e livello di istruzione?

«In Italia il livello di alfabetizzazione finanziaria, che comprende sia le conoscenze teoriche sia le competenze pratiche, varia a seconda di alcune variabili sociali e biologiche. Aumenta tra chi ha maggiori titoli di studio: una persona più istruita tendenzialmente guadagna di più e avrà risorse ed esigenze finanziarie diverse rispetto a una persona che fatica a risparmiare qualcosa ogni mese.

Inoltre, secondo una ricerca di Banca d’Italia di luglio di quest’anno, “Indagini sull’alfabetizzazione finanziaria e le competenze di finanza digitale in Italia: adulti”, il dato è minore tra i giovani tra 18 e 34 anni e nella popolazione con oltre 64 anni, le fasce d’età con un reddito basso, e che dunque hanno meno risorse ed esigenze connesse. Inoltre, vi è un divario di genere che penalizza le donne rispetto agli uomini. Questo credo sia imputabile al fatto che le prime sono meno coinvolte nella gestione finanziaria e hanno di conseguenza meno occasioni di sviluppare tali competenze».

La tecnologia potrebbe agevolare l’educazione in materia?

«L’intelligenza artificiale è sicuramente una tecnologia che sarà determinante nel prossimo futuro e fornirà un efficace complemento a supporto delle scelte di pianificazione finanziaria e composizione del portafoglio del cliente. A tal proposito, si stanno sviluppando modelli ibridi di consulenza “consulente-macchina”, in cui il cliente viene seguito sia di persona sia attraverso una piattaforma digitale automatizzata che, se sfruttata a dovere, consente al professionista di elevare il livello qualitativo della consulenza prestata. Ciononostante, i risultati di una ricerca condotta da WeWealth mostrano come chatbot basati su tecnologie di AI generativa, come lo stesso ChatGpt o Bard (chatbot sviluppato da Google), a cui vengono poste cinque domande specifiche relative alla pianificazione finanziaria, commettono errori abbastanza evidenti nelle loro risposte e suggeriscono di consultare un consulente finanziario vero e proprio per soddisfare bisogni specifici». ©

📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 gennaio 2024. Abbonati!

Laureato in Economia, Diritto e Finanza d’impresa presso l’Insubria di Varese, dopo un'esperienza come consulente creditizio ed un anno trascorso a Londra, decido di dedicarmi totalmente alla mia passione: rendere la finanza semplice ed accessibile a tutti. Per Il Bollettino, oltre a gestire la rubrica “il punto sui Mercati”, scrivo di finanza, crypto, energia e sostenibilità. [email protected]